Ormai da qualche anno, contravvenendo a quella che sembrava una regola “sacra”, un nuovo paradigma si è “impadronito” dei mercati: ciò che non è “buono” per l’economia può essere motivo di “forza” per indici borsistici e quotazioni obbligazionarie. Una “moda” che è diventata consuetudine negli anni dei tassi a zero (o sottozero): nel momento in cui i dati macro che di volta in volta venivano pubblicati confermavano uno stato dell’economia poco brillante, se non addirittura negativo, si assisteva a rimbalzi inversamente proporzionali alle cattive notizie. Sapevano, investitori ed operatori, che mai, in quelle condizioni, i “policy makers”, ricomprendendo in questa definizione le autorità monetarie e governative, avrebbero modificato il loro approccio fiscale e monetario.
Qualcosa di simile si è verificato venerdì scorso, giorno in cui una serie di dati americani sono stati resi noti. Gli investitori, infatti, hanno accolto quasi con favore l’evidenza di numeri che sembrerebbero confermare un rallentamento dell’economia “a stelle e strisce”. Nel mese di aprile sono stati creati “solo” 175.000 nuovi posti di lavoro, ben al di sotto dei 243.000 stimati. Allo stesso tempo, la disoccupazione è passata dal 3,8 al 3,9%, allontanandosi ulteriormente dai minimi storici. Dello stesso tenore i dati relativi al PMI (che rappresenta “l’umore” dei Direttori degli acquisti delle maggiori aziende), scesi a 51,3 punti (attesi 52), mentre l’ISM non manufatturiero è sceso al livello più basso dal dicembre 22 (49,4 punti vso 52).
Di contro (ma questo, ovviamente, è un dato positivo), sembra allentarsi la “pressione” sull’inflazione: i salari medi orari sono aumentati dello 0,2% verso attese dello 0,3%, un segnale che potrebbe stare ad indicare che anche dall’altra parte dell’Oceano i prezzi potrebbero tornare a scendere più velocemente di quanto abbiano fatto in questi primi mesi dell’anno.
Tutte buone ragioni che hanno aperto una “breccia” nel fronte di chi ormai (la maggior parte) era convinto che quest’anno la FED non sarebbe andata oltre 1 taglio dei tassi, per di più spostato verso al fine dell’anno: è tornata a farsi largo l’ipotesi che potrebbe, questa volta a settembre, esserci un primo ritocco già a settembre (fatto che potrebbe rivelarsi importante anche da un punto di vista politico, arrivando a 2 mesi appena dalle elezioni Presidenziali di novembre).
Condizioni che sembrano andare nella direzione di un soft landing, vale a dire quell’atterraggio morbido che probabilmente è lo scenario preferito dai mercati. Un ragionamento piuttosto semplice e lineare: con un’economia che manifesta evidenti segnali di rallentamento, a cui si accompagna un’inflazione che “abbassa le ali”, le Banche Centrali non potranno limitarsi “a guardare”, abbandonando l’atteggiamento di cautela che le ha contraddistinte in questi mesi. Come al solito, quindi, è arrivata, già nella giornata di venerdì, l’immediata risposta dei mercati, con gli indici statunitensi che hanno subito “battuto un colpo” (Nasdaq + 1,99%, Dow Jones + 1,18%, S%P 500 + 1,26%), e con i rendimenti dei Treasury che hanno “ingranato la retromarcia” (a 2 anni dal 5 al 4,8%, a 10 anni dal 4,65 al 4,5%: l’inversione della curva – tassi a breve più alti di quelli a lungo termine – sta a significare che a preoccupare non sono le prospettive di lungo periodo, quanto quelle più ravvicinate, con i tassi che rischiano di rimanere “higher for longer”, più alti per un periodo più lungo).
Questa mattina i segnali che arrivano dai mercati “great China” sembrano piuttosto incoraggianti: Shanghai, che riapre dopo le festività per il 1° maggio, cresce dell’1,11%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng limita la salita allo 0,22% (va detto che ormai sono una decina le giornate positive consecutive). In rialzo anche Taiwan (+ 1%), mentre sono chiuse Seul e Tokyo.
Futures positivi di qua e di là dell’Oceano, con rialzi più accentuati in Europa (viste le chiusure negative di venerdì, probabile che, almeno nella prima della giornata, i listini europei manifestino una certa vivacità).
Si stabilizza il petrolio, dopo una settimana piuttosto difficile: questa mattina il WTI è in crescita dello 0,70%, a $ 78,75.
Gas naturale Usa a $ 2,154 (+ 0,37%).
Torna a “inerpicarsi” l’oro, con le quotazioni a $ 2.232 (+ 0,54%).
Spread a 125,8, con il BTP questa mattina intorno al 3,75%. Inizia oggi, a proposito di BTP, il 4° collocamento del BTP Valore, con rendimenti in linea con le 3° emissione (febbraio-marzo): 1° triennio cedola al 3,35% annuo, 2° triennio al 3,90%, premio di fedeltà (riconosciuto a chi lo detiene fino a scadenza ) 0,8% (vso il precedente 0,7%), flusso cedolare sempre trimestrale, zero commissioni sottoscrizione. Ritenuta, come sempre, 12,50%.
Bund al 2,50%.
Treasury 4,50%.
€/$ a 1,0765, con il $ in leggero indebolimento verso €.
Torna a salire il Bitcoin, con le quotazioni di nuovo vicine a $ 65.000 (64,.271, + 040% questa mattina).
Ps: Madonna ha concluso il suo Tour mondiale a Rio de Janeiro. Per l’occasione ha tenuto un concerto gratuito sulla spiaggia di Copacabana. Ad assistere “solo” 1,6ML di spettatori. Più o meno quelli che qualche anno fa avevano assistito al concerto dei Rolling Stones. Numeri incredibili. Comunque lontani dai 3,5 ML che pare abbiano assistito ad un concerto, sempre nello stesso posto, di Rod Stewart; ma in quella occasione c’era la concomitanza del Capodanno. Ma la domanda è: chi è che avrà “contato” i partecipanti….?