Il filosofo inglese Thomas Carlyle, vissuto nell’800, è noto per la sua pessimistica visione dell’economia, da lui definita “dismal science”, la “scienza triste”. A suo parere, l’economia era “triste” in quanto riconduce (va) ogni cosa alla legge della domanda e dell’offerta. Una visione indubbiamente derivata dall’epoca storica e dal contesto sociale: la definizione, infatti, venne coniata in un suo testo pubblicato nel 1849, quando la Gran Bretagna era “padrona del mondo”. Non a caso il saggio del filosofo inglese trattava su come il suo Paese avrebbe dovuto fare per recuperare la produttività nelle Indie Occidentali (una delle cose, secondo lui, era, per es, reintrodurre la schiavitù).
Fatto sta che, pur essendo passato molto tempo, rimane l’idea che l’economia (e con lei la finanza) non sia una delle “scienze” più allegre.
Forse perché, alla fine, si base sui numeri e sulla realtà che i numeri trasmettono.
Indubbiamente, ripercorrendo la storia, nella “mente” rimangono ben impressi gli eventi più negativi che hanno caratterizzato e condizionato gli equilibri economico-finanziari a livello globale. Basta osservare le vicende dell’ultimo secolo: dall’inflazione tedesca degli anni 20, forse la causa determinante che ha condotto alla 2° Guerra mondiale, con l’arrivo al potere, nel 1932, del partito nazista, alla crisi di Wall Street del 29, forse la più grave che si ricordi, agli anni 70, dominati dall’inflazione e dalla recessione, a lunedì nero del 1987, quando in un solo giorno la borsa americana perse più del 20%, dalla bolla “dotcom” del 2000 alla crisi Lehman Brothers del 2008 sino ad arrivare ai giorni nostri.
Che la “fantasia” non sia uno dei “fili conduttori” dell’economia è cosa vera. Come pure il fatto che un certo “pessimismo” di fondo consenta di avere buone probabilità di “azzeccarci” (prima o poi una crisi arriva, come Nouriel Roubini, forse il più pessimista tra gli economisti, ci insegna – aveva previsto la grande crisi finanziaria del 2008).
Ma ridurre tutto ad una semplice definizione non sempre corrisponde a verità.
Certamente il mondo non sta attraversando uno dei suoi momenti migliori. Ma, probabilmente, rimane pur sempre, come disse il filosofo Leibniz (guarda caso un matematico…), “il migliore dei mondi possibili”.
Un’affermazione che, in presenza di una guerra che ormai va avanti da quasi 1 anno e mezzo, di un mondo che non ha ancora completamente superato lo shock della pandemia, di un’inflazione che sta ulteriormente ridimensionando la qualità della nostra vita, può sembrare piuttosto semplicistica. Ma che forse può fornirci la giusta interpretazione dello stato delle cose: solo perseguendo “il migliore dei mondi possibili” possiamo porre rimedio ai tanti problemi che ci troviamo ad affrontare. Le “fragilità” spesso diventano la base su cui costruire:questo vale per la geo-politica (nessuno ha interesse che il conflitto sfugga al “controllo”, mentre qualcuno può avere interesse a ridefinire i ruoli di forza dei vari attori direttamente e indirettamente coinvolti) e per la finanza (fare in modo che non si ripeta, a distanza di soli 15 anni, una nuova crisi che potrebbe avere conseguenze economiche e sociali gravissime).
Questo, in fondo, è quello che i mercati stanno trasmettendo: pur in presenza di una situazione dai contorni non semplici e, soprattutto, ancora non ben definiti, il primo semestre 2023, come noto, è stato tra i migliori di sempre. La conferma che il “coraggio” spesso premia: non a caso i mercati sono sempre “anticipatori” delle fasi economiche. Il rialzo di questi mesi, oltre a volersi lasciare alle spalle un 2022 da dimenticare, nasce anche dalla consapevolezza che forse il momento peggiore è passato e che il futuro qualche soddisfazione, seppur con moderazione, può darla.
Oggi, dopo la festività del 4 luglio, riapre l’America (mentre la Segretaria al Tesoro Janet Yellen è in viaggio per Pechino per “ristabilire” buone relazioni tra i 2 Paesi).
I mercati del Pacifico intanto si apprestano a chiudere una giornata piuttosto grigia: a Tokyo il Nikkei arretra dello 0,25%, mentre Shanghai fa segnare – 0,56%.
Peggio fa a Hong Kong l’Hang Seng, che cede l’1,60%.
Futures al momento in discesa (circa – 0,20%) ovunque.
Sale il petrolio, con il WTI che si porta a $ 70,90 (+ 1,49%).
Gas naturale Usa a $ 2,771 (+ 2,10%).
Stabile ($ 1.930) l’oro.
Spread che torna sopra i 170 bp (171), con il BTP che si “arrampica” al 4,19%.
Bund al 2,45%.
Stabile il Treasury, a 3,84%.
€/$ a 1,0874.
Ondivago il bitcoin, sceso appena sotto i $ 31.000 (30.775).
Grazie come sempre per l’attenzione.
Ps: Dimitri Kunz D’Asburgo Lorena Piast Bielitz Bielice Belluno Spalia Rasponi Spinelli Romano Principe Dimitri Miesko Leopoldo. Non è la formazione di una squadra di calcio (più 5 “panchinari”. Ma quanto indicato sul biglietto da visita del fidanzato del nostro Ministro (Ministra) del Turismo. L’inflazione, evidentemente, almeno per quel che riguarda i nomi di alcune persone, è assolutamente fuori controllo.