Il primo mese dell’anno che si chiude oggi indubbiamente ci ha regalato risultati, borsisticamente parlando, piuttosto positivi, con rialzi diffusi: nonostante la flessione di ieri (– 2%) il Nasdaq si avvia a chiudere il mese di gennaio vicino al + 10% (9,69% a ieri sera), S&P 500 + 5,06% (- 1,30% ieri), l’Hang Seng, pur incorporando il calo odierno (al momento – 1,65%), si trova a + 7,7%, Shanghai si trova a + 4,48% (al netto del – 0,41% di questa mattina), Nikkei a + 6,26% (-0,39% oggi). In Europa, Eurostoxx + 7,85% (ieri – 0,46%), Mib intorno al + 9%, Dax + 7,51%.
Numeri che potrebbero far pensare ad un’economia in salute. Sappiamo che così non è, per quanto le cose stiano andando certamente meglio rispetto alle più pessimistiche previsioni dei mesi scorsi. Quasi certamente, peraltro, il peggio sembra essere alle spalle (salvo sorprese negative, a cominciare dagli sviluppi della guerra in corso in Ucraina). Soprattutto la prima (di solito i mercati guardano al futuro più che al passato) è la ragione che spinge i mercati in questa fase: la “propulsione” deriva, oltre che dalla liquidità presente sui mercati (per quanto sia cominciato il “drenaggio” da parte delle Banche Centrali, a partire dal costo del denaro), dalla percezione di una situazione economica in grado di “tenere a bada” la recessione (seppur qua e là si intravedano segnali di rallentamento: in Germania, per esempio, si inizia a pensare che il 1° trimestre potrebbe chiudersi con un segno meno). Un rallentamento, quindi, potrebbe essere nell’ordine delle cose: anzi, sotto certi aspetti, potrebbe significare che le politiche monetarie stanno “cogliendo nel segno”, confermando che si è sulla strada giusta. Questo il motivo per cui prende ulteriore forza l’idea che la BCE confermerà, nella prossima riunione, il rialzo di 50 bp, portando al 3% il livello in Europa, mentre la FED potrebbe fermarsi allo 0,25%, portando il costo del denaro al 4,50-4,75%.
Contestualmente ben sappiamo come l’inflazione sembri ormai allontanarsi dal picco dei mesi scorsi. Più difficile, qua (parlando di Europa), capire quanto l’inversione sia dovuta all’efficacia delle misure monetarie o, piuttosto, al drastico calo dell’energia (che da noi dovrebbero tradursi in un calo delle bollette, a febbraio, di circa il 40%). Il Fondo Monetario Internazionale calcola che l’Italia farà registrare una crescita economica, nell’anno in corso dello 0,6% (un rialzo di 8 decimali rispetto alle previsioni negative di qualche mese fa) e, nel 2024, dello 0,9% (con una riduzione dello 0,4% rispetto alle stime precedenti). A livello globale la crescita dovrebbe essere, per il 2023, del 2,9% (3,4% nel 2022).
Forse per queste ragioni il nostro Paese è tra quelli che stanno “premendo” sulla Commissione Europea perché si creino nuovi Fondi UE a sostegno dell’economia (per esempio un potenziamento del Fondo Sure, già varato). Richiesta che difficilmente però verrà valutata positivamente da Bruxelles: nonostante il Commissario per l’Economia Gentiloni stia “caldeggiando” la proposta italiana, il ministro delle Finanze tedesco (è ben noto il “peso” della Germania all’interno della UE), Christian Lindner, ha, di fatto, rispedito la palla nell’altra metà campo, sostenendo che “non c’è bisogno di nuovi strumenti di finanziamento europei e di nuovi debiti comuni”. Come dire, ogni Governo faccia la sua parte, a cominciare dallo spendere bene i soldi (tanti) previsti dal piano PNRR, per il quale molti Paesi (noi, ovviamente, tra quelli) si trovano oggi a correre per arrivare in tempo all’utilizzo dei fondi stanziati (che, ricordiamolo ancora una volta, hanno tempi di attuazione e, quindi, di spesa ben precisi e dal cui rispetto dipende la loro concessione). E il vertice del Consiglio Europeo del 9-10 febbraio prossimi quasi certamente confermerà questa presa di posizione.
Le pesanti chiusure di ieri sera a Wall Street (Nasdaq – 2,09%, S&P 500 – 1,30§%, Dow Jones – 0,77%) non sembrano pesare in maniera eccessiva sui mercati asiatici, fatta forse eccezione per l’Hang Seng di Hong Kong, come noto particolarmente esposto agli “umori” del settore tech: a Tokyo il Nikkei arretra di un modesto 0,39%, Shanghai – 0,41%, Hang Seng – 1.65%.
Futures vicini alla parità, in recupero rispetto agli scambi delle primissime ore del giorno.
In calo, questa mattina, un po’ tutte le materie prime.
Il petrolio arretra di un altro 0,5%, dopo il -2% di ieri, con il WTI a $ 77,59%.
Gas naturale Usa a $ 2,646 (- 1,31%).
Ad Amsterdam quello europeo ieri era scambiato a € 57,15, in rialzo del 6,33%.
Spread che continua a muoversi vicino ai 200 bp (196,4).
Non ne traggono beneficio i ns BTP, con il decennale sempre al 4,20%.
Bund 2,23%, mentre il Treasury Usa si mantiene sui livelli di ieri (3,54%).
€/$ a 1,0844, con l’€ ancora un passettino indietro verso il biglietto verde.
Bitcoin in ripresa dopo la caduta di ieri che ha riportato il prezzo sotto i $ 23.000 (22.902).
Grazie come sempre per l’attenzione.
Ps: un magnate americano, un certo Bryan Johnson, un 45enne che ha risolto i suoi problemi economici vendendo, nel 2013, la sua società per $ 800 ML, sta sperimentando su di sé una cura da $ 2ML all’anno (a base di diete, allenamenti personalizzati, staff di medici che lo seguono in ogni istante della giornata) per allungare la sua vita e tenere giovane il proprio corpo. Recentemente ha dichiarato di avere il cuore di un 37enne, la pelle di un 28enne e la capacità polmonare di un 18enne. Forse, però, gli basterebbe andare a vivere a Perdasdefogu, un paesino di 1.782 residenti in Ogliastra, nella Sardegna più profonda. Qui vi è la è più alta concentrazione di centenari al mondo: 1 ogni 9 abitanti. E una famiglia di 9 fratelli detiene un record difficilmente battibile: in 9 hanno cumulato 837 anni (93 anni a testa) e alcuni di loro sono ancora in vita…