In questi giorni, a Sintra, in Portogallo, è in corso il tradizionale (ennesimo) convegno che riunisce i Banchieri Centrali di mezzo mondo (con la presenza, ovviamente, dei più rappresentativi).
Al centro, ovviamente, ancora una volta, ci sono ancora i temi riguardanti l’inflazione e quale linea adottare, da un punto di vista monetario, per combatterla. Quello che emerge è un quadro piuttosto chiaro: se da una parte i prezzi, in Europa, continuano a “declinare” verso il 2%, il “mantra” da tempo dichiarato (per quanto i servizi continuino a rimanere su valori elevati, complici la stagionalità, che favorisce il turismo, ed eventi sportivi come gli Europei di calcio, che stanno attirando in Germania milioni di appassionati e non), dall’altra nessuno vuole fare passi “azzardati”. Su questo Jerome Powell e Christine Lagarde sin trovano allineati, nonostante il primo passo della BCE ad inizio giugno (taglio dello 0,25%). Per dirla in altre parole, dall’inflazione dovranno arrivare segnali ben più evidenti, che confermino che la strada è “senza ritorno”: a quel punto sì che la discesa dei tassi potrà essere avviata senza titubanze e paure di dover tornare sui propri passi.
Un concetto probabilmente più valido negli USA che non dalle parti di Francoforte, dando, l’economia a stelle e strisce, segnali ben più solidi rispetto a quella UE: nonostante, nell’ultimo trimestre, gli aumenti dei prezzi si siano confermati al di sopra del 3%, i consumi rimangono solidi e i livelli di occupazione molto vicini ai massimi storici. Certo, allargando lo sguardo alla disputa politica in corso in vista delle elezioni Presidenziali del 5 novembre, qualche elemento di incertezza potrebbe nascere, A maggior ragione nel momento in cui, come pare stia iniziando a verificarsi, i dubbi sulla candidatura di Biden dovessero giorno dopo giorno aumentare (le dichiarazioni della speaker della Camera, Nancy Pelosi, tradizionalmente piuttosto vicina al Presidente, sono un primo, pesante, indizio in questa direzione). Al momento non sembrano esserci segnali di passi indietro (pare che la moglie di Biden, Jill, stia strenuamente difendendo il marito, invitandolo a non arretrare), ma la “pressione” dei media e, soprattutto, quella dei cittadini (pare che oltre il 72% degli americani sia favorevole al ritiro della sua candidatura) potrebbero spingerlo alla storica decisione.
Certamente la geopolitica, in questa fase, potrebbe giocare un ruolo fondamentale sulle vicende economiche.
Non tanto per le guerre in corso (per quanto l’impatto che deriva dal loro andamento non sia secondario) quanto, invece, per quello schiettamente politico.
Sulle elezioni francesi oramai sappiamo quasi tutto: il ruolo di favorito del Rassemblement National di Marine Le Pen, la desistenza che i partiti di centro sinistra metteranno in atto per “depotenziare” i candidati della destra, la volontà di Macron di rimanere in carica sino a fine mandato (2027), il rischio di ingovernabilità in cui potrebbe trovarsi, per la prima volta, la Francia, senza la possibilità di andare, a breve, a nuove elezioni (la legge elettorale vieta, nel caso di elezioni anticipate, un nuovo ritorno al voto nei 12 mesi successivi). Il tutto in un momento in cui ci sarebbe bisogno, invece, di un Governo forte, in grado di prendere decisioni rapide (ancora meglio se gradite all’Europa, vista la situazione in cui si trovano i conti pubblici parigini). Il tutto a poco più di 1 mese dalle Olimpiadi, una vetrina mondiale fortemente voluta, a 100 anni esatti dalla precedente edizione parigina, e che rischia di diventare un boomerang di dimensioni mondiali.
Domani, 4 luglio, si svolgeranno anche in Gran Bretagna inusuali elezioni anticipate. Lì le cose dovrebbero essere ben più chiare, non essendoci dubbi sulla vittoria (probabilmente il trionfo) dei laburisti, che dopo 14 anni, funestati, tra l’altro, dalla Brexit e dal disastro della brevissima parentesi del Governo presieduto da Liz Truss, a cui Rishi Sunak non ha certo saputo porre rimedio, torneranno a Governare il Paese con una maggioranza più che bulgara (alcune stime ipotizzano 450 seggi su 650).
Il tutto con sullo sfondo le elezioni americane del 5 novembre, il cui esito, al momento, sembrerebbe propendere verso il ritorno di Trump (con le vicende relative alla ricandidatura di Biden che rischiano di diventare un ulteriore “assist” al tycoon repubblicano). Quattro mesi in cui non dovrebbe venir meno il sostegno di una politica fiscale, da parte dell’amministrazione USA, particolarmente accomodante che, per lo meno, dovrebbe “pareggiare” il rigore della FED a cui si faceva cenno in precedenza.
Ieri sera ennesimi record a Wall Street: S&P 500 + 0,6%, trentaduesimo record da inizio anno, Nasdaq + 0,8%, Dow Jones + 0,4%.
Questa mattina molti listini asiatici sembrano “rincorrere” quelli USA; a Tokyo il Nikkei sale dell’1,26%, seguito da Hong Kong, dove l’Hang Seng cresce dello 0,92%.
“Sbanda”, invece, Shanghai, che arretra dello 0,52%.
Salgono Taiwan e la Corea del Sud, rispettivamente a + 1% e + 0,4%); nuovi massimi, in apertura, anche per il Sensex di Mumbai.
Futures marginalmente deboli a New York, mentre salgono in Europa.
Salgono anche le materie prime: il petrolio continua ad essere “comprato”, con il WTI che raggiunge $ 83,26 (+ 0,4%).
Gas naturale Usa $ 2.442, + 0,12%.
Oro $ 2.345, + 0,41%.
Forte discesa dello spread, a 142.6 bp.
BTP al 4,04%.
Bund 2,59%.
OAT francesi al 3,30%.
Treasury 4,43%, sui livelli di ieri.
€/$ 1,074.
Continua il “sonno” del bitcoin, tornato a $ 61.000 (61.031, – 1,63% questa mattina).
Ps: il “flop” dell’Italia agli Europei di calcio, al di là della “figuraccia”, avrà senza dubbio conseguenze sul “valore di mercato” dei nostri calciatori. Il loro “prezzo”, infatti, è già sceso (è il corso il “calcio mercato”, con alcuni di loro che sono “sul mercato”). E con la diminuzione del loro “tesserino” diminuiranno, pariteticamente viene da pensare, i loro ingaggi (per quanto ancora milionari). Chi, invece, ha visto crescere il proprio “stipendio” è Jayson Tatum, ala della squadra di basket dei “mitici” Boston Celtics, che hanno vinto, dopo 16 anni, l’NBA. Infatti, ha appena rinnovato, per 5 anni, il proprio contratto: incasso totale $ 314 ML. Mai, per quanto ricco, il basket americano era arrivato a tanto.