La giornata di ieri sui mercati è stata dominata dalla notizia del taglio del rating Usa da parte di Fitch, che ha declassato dal livello massimo, AAA, a AA+, il giudizio sugli Stati Uniti. Che non hanno certamente vissuto una delle loro giornate migliori, vista la pesante incriminazione ricevuta dall’ex Presidente Trump per i fatti di Capitol Hill del 6 gennaio 2021.
Diventano, quindi, 2, su 3, le Agenzie di rating che hanno tolto la tripla A alla prima economia del mondo: solo Moody’s, infatti, mantiene, almeno per il momento, il livello più alto, dopo che S&P già nel 2011 aveva abbassato il suo giudizio sugli USA.
Da sempre ci si interroga sul “potere” delle Agenzie di rating, sulla loro capacità di “indirizzare” i mercati e, in fondo, di “fare” politica.
Ben sappiamo come ogni cosa abbia un contenuto politico. A maggior ragione in economia, in considerazione del fatto che le politiche che vengono messe in atto sono frutto di “scuole di pensiero” e approcci culturali il più delle volte profondamente diversi a secondo dello schieramento politico.
Con ieri credo se ne sia avuta la definitiva conferma. Durante la sua conferenza stampa, in un passaggio, Richard Francis, Senior Director di Fitch, ha infatti fatto un esplicito riferimento ai fatti americani d 2 anni e mezzo fa, quando, per qualche ora, la democrazia americana arrivò ad essere messa in discussione, spingendosi oltre e parlando della “polarizzazione” dei 2 partiti alla base del sistema politico americano.
Secondo l’Agenzia di rating, il Governo americano non ha una strategia di bilancio di medio termine. Questa, nei fatti, la vera motivazione che ha provocato il declassamento. E che ha fatto “arrabbiare” non poco molti esponenti governativi, con in testa Janet Yellen, segretaria del Tesoro, secondo la quale la decisione è sconcertante, anche alla luce della forza dell’economia Usa. In realtà, qualche dubbio su questo punto Fitch lo ha evidenziato in maniera piuttosto chiara, se è vero che prevede, nel quarto trimestre 2023 e nel primo del 2024, l’arrivo della recessione.
Il vero timore è che, ancora una volta, il debito Usa sfugga al “controllo”. Dopo l’ultimo innalzamento del “debt ceiling” di qualche mese fa, oramai il debito americano è pari a circa $ 32.000 MD (31.400 MD), equivalenti ad un debito pro-capite pari a circa $ 100.000. Lo stesso Ufficio Studi del Congresso “lo vede”, tra una decina di anni, ad oltre $ 50.000 MD, circa il doppio del PIL, dal 118% previsto per il 2025 (mediamente i Paesi con un rating AAA hanno un rapporto debito/PIL intorno al 39%).
Peraltro, gli impatti sui mercati dovrebbero essere limitati. Pur non rientrando più al massimo livello dell’investment grade, i titoli rappresentativi del debito USA continueranno ad essere una componente piuttosto importante nei portafogli: in altre parole, le società di Asset management, normalmente dotare di “policy” molto stringenti, non dovranno ricorrere ai riposizionamenti tipici dei casi in cui il giudizio delle società di rating fosse ben più pesante. La reazione di ieri, quindi, è da imputarsi più all’emotività tipica che si verifica in situazioni del genere, oltre alla “stagionalità”, essendo arrivata ad inizio agosto, un periodo in cui gli scambi iniziano ad essere più rarefatti. Senza contare l’aspetto valutario, con il $ che, oltre ad essere la principale valuta utilizzata negli scambi commerciali, conserva intatta la sua prerogativa di “valuta rifugio” (il debito Usa, ovviamente, è espresso in $).
Dopo lo scivolone di ieri, questa mattina i mercati asiatici mostrano segnali di ripresa.
Shanghai e Hong Kong si muovono “all’unisono”, con un rialzo intorno allo 0,43/45%.
Non si può dire la stessa cosa per Tokyo, dove il Nikkei arretra di circa l’1,7%.
Futures Usa intorno alla parità, appena deboli quelli europei.
In assestamento il petrolio, con il WTI a $ 79,50.
Gas naturale Usa sotto i $ 2,5, a 2,48.
Si indebolisce leggermente anche l’oro, a $ 1.951.
Risale lo spread, a 166,8 bp.
BTP al 4,18%.
Bund 2,51%.
Si indebolisce il Treasury Usa, con il decennale che si porta al 4.09%.
Di contro, prende ulteriore forza il $, a 1,0931 vso €.
Bitcoin sempre in oscillazione intorno ai $ 29.000.
Ps: e quindi è ufficiale. Dopo oltre 25 anni di carriera, Gigi Buffon lascia il calcio. Una carriera, la sua, che lo colloca tra i più grandi portieri di sempre. Anche se, al di là dei trofei vinti e dell’esuberanza, forse non il migliore.
Ps2: Finanza & caffè si prende qualche giorno di pausa (ma non troppi…).