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Le vicende cinesi ci ricordano che le emergenze non riguardano solo la guerra, l’inflazione, i tassi….

Il Covid, per quanto abbia cambiato volto e sia oggi considerato, almeno in Occidente, poco più di una forma influenzale, seppur debba essere affrontato con precauzioni e modalità di certo non da virus influenzale, continua a dimostrare una resilienza che va ben oltre l’immaginazione.

Quanto sta succedendo nelle principali metropoli cinese lascia intravedere una situazione lungi dall’essere risolta. Secondo alcuni esperti, se oggi il governo abbassasse la guardia sulla politica zero-Covid, i contagi balzerebbero a 363 milioni, con 5,6 milioni di cinesi ricoverati al Pronto Soccorso e oltre 620.000 morti. Numeri apocalittici, che fa capire quanto la situazione sia ancora grave.

Dall’altra parte, i continui lockdown, a distanza ormai di 3 anni dai primi focolai, stanno mettendo a dura prova la resistenza della popolazione, costretta ancora a forti limitazioni della libertà individuale. Diventa difficile, con questa fotografia, per le autorità locali prendere le decisioni più opportune, in bilico tra un allentamento, per non rendere ancora più difficile una fase economica non semplice, ma che potrebbe provocare un aumento esponenziale delle infezioni, ovvero proseguire sulla strada del rigore, che porterebbe sicuramente ad un forte contenimento della malattia, ma che causerebbe altrettanto sicuramente ulteriori tensioni sociali, oltre che un nuovo allontanamento dai programmi di crescita. Sotto certi aspetti più o meno quanto sta succedendo alle Banche Centrali, combattute tra il perseverare sulla politica del rigore monetario per bloccare e far “tornare indietro” l’inflazione o, invece, “mollare le redini” per non favorire l’arrivo della recessione, che potrebbe riportare indietro i redditi dei cittadini, già falcidiati dall’inflazione, in diversi casi a 2 cifre.

Facile comprendere, quindi, il nervosismo che ieri è tornato tra gli operatori, dopo quasi 2 mesi di crescita dei listini, che ha permesso un recupero delle quotazioni in alcuni casi anche del 20% e più. Le preoccupazioni derivanti dalle manifestazioni che hanno portato sulle strade milioni di cittadini sono state la “scusa”, per molti operatori, per “portare a casa” una parte dei profitti accumulati in queste settimane. Anche le materie prime, con il petrolio in calo di quasi 3 punti percentuali (anche se sul finale di seduta si è assistito ad un parziale recupero), hanno sofferto sull’ipotesi di un nuovo rallentamento economico che, partendo dalla Cina, potrebbe estendersi anche ad altre aree. La Cina, quindi, ancora una volta diventa una “terra di frontiera”: se si proseguisse sulla strada zero-Covid è probabile che potremmo avere un nuovo periodo di “turbolenza” sui mercati. Se, invece, Xi Jinping, preoccupato dalle manifestazioni di piazza, dovesse concedere qualcosa, ammorbidendo la sua politica intransigente verso il virus, ecco che potremmo assistere ad un nuovo recupero delle quotazioni.

Di certo, molte società stanno dimostrando una salute inaspettata, con risultati molto superiori alle previsioni, indice di un’economia forse non così precaria. E ben sappiamo come quanto succede in quella che ormai è la seconda economia al mondo, destinata, nell’arco di poco più di un decennio a diventare la prima, abbia impatti a livello globale, con conseguenze certe anche sui mercati occidentali.

A conferma di quanto sopra, la notizia che i contagi cinesi, per la prima volta da 9 giorni, sono in calo (circa 38.000 dagli oltre 40.000 di domenica) contribuisce al forte rimbalzo dei listini great china: a poche ore dalla chiusura, Shanghai è in crescita del 2,3%, mentre ancora meglio fa Hong Kong, dove l’Hang Seng sale del 4,09%. “Al palo” invece Tokyo, con il Nikkei in discesa (– 0,48%).

Bene i futures, tutti con il segno verde, con rialzi nell’ordine dello 0,50%.

Materie prime tutte al rialzo.

A pochi giorni dall’embargo al petrolio russo (scatterà, in Europa, il 5 dicembre), il WTI si allontana dai minimi di $ 73 toccati ieri, riportandosi verso quota $ 80: questa mattina lo troviamo a $ 78,78, + 1,86%. La situazione rimane comunque delicata, con da una parte la Russia che torna a minacciare di non vendere più alcun prodotto energetico nel caso si imponesse il price cap al petrolio che estrae dai propri giacimenti e dall’altra l’Opec + che si riunirà domenica, con il mercato preoccupato che si vada incontro ad una nuova stretta produttiva.

In ripresa anche il gas naturale Usa, a $ 7,296, + 1,26%.

Si accoda anche l’oro, di nuovo verso i $ 1.770 (1.767, + 0,59%).

Spread in leggero recupero: dopo che ieri era tornato a 193 bp, questa mattina ritorna sotto i 190 bp, a 188. Rendimento del BTP che torna vicino al 3,90%, dopo i minimi dei giorni scorsi.

Lascia sul terreno qualcosa anche il treasury, che si riporta al 3,70% (+ 3 bp).

Sul fronte valutario, ieri l’era arrivato a toccare 1,055 verso $, un livello che non si vedeva dalla scorsa primavera. Sono bastate le parole della Lagarde, che durante un’audizione all’€uroparlamento ha detto che l’inflazione potrebbe non aver toccato il picco, dopo il 10,6% fatto registrare ad ottobre, per cui la BCE continuerà anche nel 2023 il rialzo dei tassi, perseguendo l’obiettivo dell’inflazione target 2%, per riportarlo verso l’1,030. Questa mattina siamo a 1,0368, con il $ in leggero calo.

In recupero le criptovalute, con il bitcoin a $ 16.485, + 1,52%.

Ps: finalmente un po’ di “azzurro” ai mondiali. Certo, non è quello che sportivamente avremmo voluto. Ma, comunque, sotto certi aspetti, è la conferma del nostro “essere” italiani. Durante la partita Portogallo-Uruguay, un nostro concittadino, Mario Ferri, già noto per situazioni analoghe, ha invaso (peraltro prontamente censurato dalla regia) il campo di gioco con una bandiera arcobaleno e una maglietta (con il simbolo di Superman) con la scritta Save Ukraine e, sulla schiena, “Respect for Iranian Woman”. Chissà che non faccia scuola e non diventi il primo di una serie.

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ultimo aggiornamento: 29-11-2022


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