Nell’incipit di “Anna Karenina”, uno dei suoi romanzi più celebri, Lev Tolstoj scrive “Tutte le famiglie felici si assomigliano, ma ogni famiglia è infelice a modo suo”.
L’assioma può sembrare esagerato, ma si potrebbe dire una cosa analoga per le guerre: tutte si assomigliano, ma ognuna ha qualcosa che fa si che la si ricordi in maniera diversa dalle altre. Non tanto per le crudeltà e le distruzioni (quelle, ahimè, sono parte integranti dei conflitti e si assomigliano tutte), quanto per le conseguenze che possono avere per i Paesi e le popolazioni che, almeno direttamente, non sono coinvolti.
Si prenda, per esempio, quella che da oltre 1 anno e mezzo sta sconvolgendo l’Ucraina. A tutti era nota la dipendenza dalle forniture energeticherusse, con Paesi (noi tra questi) con quote che si avvicinavano al 50%, se non addirittura oltre.
Non è un caso, quindi, che proprio un anno fa il prezzo del gas sia arrivato a toccare un prezzo mai visto, impossibile da sostenere per chiunque, toccando al Ttf di Amsterdam l’astronomica cifra di € 340 per megawattora. Uno “shock” energetico ben superiore a quello fatto registrare dalle guerre medio-orientali degli anni 70 (nel 1991, all’epoca dell’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq, il prezzo del petrolio addirittura crollò, anche per motivazioni “politiche”, legate alle contrapposizioni all’interno dell’Opec+).
Lo straordinario aumento dei prezzi del gas, come ben sappiamo, ha contribuito non poco a provocare livelli di inflazione che l’Europa (e non solo) non conosceva da circa 40 anni. Cause, peraltro, che vanno ricercate soprattutto nelle molto “concilianti” politiche monetarie a lungo promosse dalle Banche Centrali di tutto il mondo. Ma quasi sicuramente, per noi Europei, la guerra tra Russia e Ucraina verrà ricordata come la principale causa del ritorno dell’inflazione a due cifre, delle bollette energetiche in alcuni periodi quasi raddoppiate, dei prezzi dei carburanti oltre i 2€ al lt, etc etc.
Eppure oggi le cose sono, almeno per quanto riguarda il gas, profondamente mutate.
Innanzitutto, il fatto più evidente è il venir meno dalla dipendenza da Mosca, con la quota dell’import italiano che non supera l’11%. Il “posto” della Russia sembra stato preso dall’Algeria, da cui importiamo circa il 40% del fabbisogno, mentre quello proveniente dal Nord Europa supera il 13%. Per noi parlare poi del Gas liquido (GNL), ormai largamente usato anche in Italia grazie alla presenza di 5 navi (tra già attive e in corso di attivazione) “rigassificatrici”. Tutti elementi che hanno fatto sì che il prezzo del megawattora (quello fissato ad Amsterdam, e non quello invece derivante dagli impianti di rigassificazione) sia notevolmente diminuito e, per quanto ancora soggetto a “saliscendi” anche importanti (ieri, per es, ha fatto segnare un + 8%), meno volatile. Oramai da qualche mese si muove nel “range” 25-40€ (ieri era a € 38), favorendo in questo modo la riduzione dell’inflazione. L’avvicinarsi della stagione fredda solitamente, con un aumento della domanda, solitamente provoca una risalita dei prezzi, ma con gli impianti di mezza Europa già pieni per oltre il 90% della loro capienza quest’anno difficilmente assisteremo ad un’impennata. Senza contare che comunque i consumi, a causa anche dell’impennata delle bollette del 2022, sono diminuiti non poco e da quel momento non si sono più ripresi, grazie evidentemente anche alle nuove abitudini di vita.
Ieri giornata positiva per i mercati mondiali.
La chiusura sopra la pari di Wall Street da nuovo vigore, questa mattina, alle borse del far east, spinte anche dagli interventi dell’altro ieri delle autorità cinesi. L’Hang Seng di Hong Kong, con un rialzo del 2%, si conferma l’indice migliore, seguito da Shanghai, in progresso dell’1,08%. Prende fiato, invece, a Tokyo il Nikkei, che si ferma ad un modesto + 0,18%.
In rialzo anche il Kospi di Seul e Mumbai in India.
Stabile il petrolio, con il WTI a ridosso degli 80$ (79,96, – 0,29%).
Gas naturale americano a $ 2,655, – 0,53%.
In leggera risalita l’oro, a $ 1.933 (+ 0,19%).
Continua la fase di “quiete” dello spread, che non si smuove da 165bp (164,2 questa mattina).
Btp sempre al 4,23% di rendimento.
Bund al 2,55%.
In leggero rafforzamento il treasury, che passa al 4,20%.
€/$ stabile, a 1,0819.
Valica “le colonne d’Ercole” dei $ 26.000, seppur di pochissimo (26.007) il bitcoin.
Ps: si rinnova, ancora una volta, la “sfida” di Davide contro Golia. Questa volta il merito va al Sud Sudan, ritenuto lo Stato più povero del mondo (oltre l’80% della popolazione vive con $ 1,90 al giorno, il 50% non ha accesso all’acqua potabile, il 52% non ha accesso a normali servizi igienico-sanitari…). Eppure, ai mondiali di basket, la Nazionale di questo Paese ha battuto la Cina. A rendere ancora più incredibile l’evento il fatto che la Nazionale non ha mai giocato nel proprio Paese per mancanza di impianti e con giocatori nati in campi profughi. Ancora una volta, “nothing impossible”.