“Cala il sipario” sul primo semestre.
Verrebbe da dire “tanto tuonò che non piovve”. Soltanto a metà gennaio il mercato era ancora convinto che, nell’anno, avremmo avuto non meno di 5 tagli dei tassi (con qualcuno che azzardava addirittura 7).
Sul fronte geopolitico il timore era che, al di là della guerra in Ucraina, ormai quasi di “trincea”, nonostante non più tardi di qualche settimana fa gli “invasori” sembrassero aver in pugno la situazione, con le forze ucraine costrette a cedere alcuni territori nell’area del Donbas, il medio-oriente diventasse nuovamente una “polveriera”. E che anche il Pacifico cominciasse ad essere fonte di rinnovate preoccupazioni, con le mire cinesi su Taiwan.
Sul fronte economico il dubbio era che la recessione tornasse a farla da “padrona”, annullando i segnali di ripresa che il 2023 aveva fatto intravedere. Infine, le aspettative sull’inflazione facevano prevedere un percorso senza dubbio meno tortuoso e più lineare.
Ogni previsione, invece, è stata, in buona parte, disattesa.
Di tagli dei tassi, se si esclude il “contentino” della BCE (- 0,25%) di inizio giugno, non si è vista l’ombra. Se va bene se ne riparlerà a settembre, con i mercati che, più saggiamente, si spingono sino ad un massimo di 2 tagli entro dicembre.
Le guerre (pesantissime da un punto di vista umanitario, tra migliaia di morti, soprattutto sulla striscia di Gaza, tra la popolazione civile e condizioni di vita inaccettabili) non hanno sin qui avuto la tanto temuta escalation.
La recessione è quasi scomparsa dai “radar” e le nuvole che di tanto in tanto si intravedono sono quasi accolte con “benevolenza”, raffreddando un pochino il clima, altrimenti a rischio “surriscaldamento” (un po’ come la nostra estate, fino ad ora lontana parente di quelle degli ultimi anni).
Peraltro non mancano di certo gli elementi di preoccupazione.
Quello a noi più vicino, temporalmente e geograficamente, è rappresentato dalle elezioni francesi, con il primo turno che si svolgerà dopodomani. Quello che maggiormente, sulla carta, inquieta i mercati è il rischio di una “italianizzazione” dei conti pubblici, con un deficit che continua ad essere difficile da controllare e un debito pubblico in continua crescita. Un rischio teoricamente elevato, ma difficile da realizzare, visti i “firewall” imposti dal sistema francese e dalla Commissione europea. Certo sarà importante, per l’aspetto puramente politico, quale sarà “il quadro” che uscirà dalle urne, importante per capire il livello di “governabilità” della seconda economia europea.
Ben più importanti saranno, come ovvio, le Presidenziali americane (tra l’altro questa notte, come noto, si è svolto il primo “faccia a faccia” tra i 2 contendenti: pare, a leggere i primi commenti, che, per quanto non vi sia stato un netto vincitore, Trump abbia avuto leggermente la meglio, avendo saputo “occupare” meglio il video e approfittando (tanto per cambiare) di uno stato di forma un po’ precario di Biden, a quanto pare afflitto da un raffreddore (anche a quella età un semplice raffreddore può essere determinante: chi non ricorda le “influenze” che, negli anni 70-80, colpivano, saltuariamente, i gerarchi russi, che, improvvisamente, scomparivano dalla scena…).
C’è, peraltro, da stare certi che da qui sino ad allora le misure di stimolo dell’economia non mancheranno, con il debito destinato, ancora una volta, a crescere.
Un eventuale rischio, ad oggi non “schedulato”, potrebbe arrivare dal mercato valutario. In questi giorni lo yen giapponese è arrivato ai livelli minimi da oltre 40 anni verso il $. Evento che potrebbe portare la Banca Centrale e le autorità monetarie di quel Paese a vendere il debito Usa che hanno accumulato negli anni per difendere il cambio (un modo per vendere $ e comprare valuta locale), annullando, in parte, l’eventuale effetto benefico da parte della FED Usa in merito ai tassi americani.
Rimangono sempre validi i temi geopolitici, legati ad una situazione della guerra in Ucraina in cui nessuno vuole arretrare ma nessuno sembra avere la forza di dare il “colpo di grazia” (se fosse la Russia a darlo, evidentemente, le conseguenze sarebbe probabilmente devastanti a livello di reazioni occidentali) e al conflitto palestinese in cui Netanyahu, per quanto indebolito, continua a rimanere al suo posto.
L’inflazione, da par suo, sta giorno dopo giorno allentando la resistenza (oggi ne sapremo di più, essendo previsto, per le 14,30 italiane, il dato americano del price consumption expenditures index, il preferito dalla FED in quanto si tratta di un paniere molto flessibile, in grado di recepire al volo eventuali cambiamenti nelle abitudini di consumo dei cittadini americani).
Nulla, quindi, che, al momento, possa indurre a pensare che, nel secondo semestre, i mercati arrivino a dare segni di particolare nervosismo. Potranno esserci, come siamo abituati a vedere, che, in concomitanza della pubblicazione di particolari dati piuttosto che a seguito di eventi eccezionali – vedi le elezioni francesi -, momenti di volatilità sopra la media, che potrebbero portare a storni dei valori di borsa, peraltro spesso considerati opportunità di investimento. Ma, nel complesso, la “navigazione” dovrebbe continuare senza tempeste così forti da “imbarcare acqua” o “calma piatta” da non gonfiare le vele e fermare la nave.
L’ultimo giorno (per i mercati) del semestre si apre con le piazze del Pacifico tutte contraddistinte dal segno verde.
Il Nikkei di Tokyo si appresta a chiudere le contrattazioni con un + 0,43%.
Bene l’Hang Seng di Hong Kong (+ 0,32%), mentre Shanghai svetta con + 0,78%.
Positive anche le altre piazze asiatiche: Kospi di Seul + 0,4%, Taiex di Taiwan + 0,7%, Sensex Mumbai + 0,3%.
Futures in decisa e diffusa ripresa questa mattina, con rialzi nell’ordine dello 0,3/0,5%.
Salgono anche la materie prime, ad iniziare dal petrolio.
Il WTI texano questa mattina scambia a $ 82,31 (+ 0,59%).
Il gas naturale Usa vale $ 2,71 (+ 0,82%).
Oro a $ 2.338, sui valori di ieri.
Spread che non accenna a diminuire, collocandosi questa mattina a 155,6 bp (non aiutano le elezioni francesi e “l’isolamento” italiano in merito alle candidature per le “poltrone” in Europa).
BTP a 4,02%.
Bund 2.45%.
Treasury 4,30%.
E’ tornato a salire anche lo spread francese, ieri a 0,82 bp, con gli OAT a 10 anni al 3,26%, livello più alto da novembre.
€/$ a 1.0693.
Bitcoin sempre a $ 61.513 (- 0,15%).
Ps: inizia domani la 110° edizione del Tour de France, la gara ciclistica più importante (e più ricca) al mondo. Per la 1° volta partirà dall’Italia (Firenze), dove si svolgeranno 3 tappe, e arriverà, dopo 3.492 km, a Nizza (ma negli anni 20-30 del secolo scorso ci furono edizioni in cui facilmente si superavano i 5.000 km: la più lunga è stata l’edizione del 1926, con chilometraggio di ben 5.745 km. Erano edizioni, quelle, in cui le tappe arrivavano a misurare anche 400/500 km….). Nonostante l’avvio “domestico” gli italiani in gara saranno solo 8 (su 176 partecipanti), record negativo. Ci sarà, però, un fiorentino (Alberto Bettiol, fresco campione italiano). Ma nessuno, c’è da essere certi, oggi gli dirà “prego si accomodi”.