Direttore: Alessandro Plateroti

La settimana scorsa si è chiusa con il nuovo tonfo degli indici a causa della caduta del settore bancario.

L’anello debole, questa volta, va individuato in Deutsche Bank. Quanto accaduto venerdì alla principale Banca tedesca è la conferma del particolare momento di tensione a cui è sottoposto, da un paio di settimane a questa parte il comparto delle banche.

Al centro dell’attenzione, ancora una volta, i bond At1, definiti “ibridi” per la possibilità di essere trasformati, in caso di difficoltà dell’emittente, da strumento di debito a capitale grazie alla conversione in azioni.

Che la decisione della Banca Nazionale Svizzera, sulla strada del salvataggio di Credit Suisse grazie al coinvolgimento di UBS, di azzerare quella tipologia di bond emessi da quello che era ancora, non più tardi di una settimana fa, la principale banca elvetica, avrebbe creato qualche “problemino” (in primis la “disaffezione” verso quella particolare tipologia di emissioni e la conseguente caduta delle quotazioni) non era così difficile da immaginare: il rischio di rimanere con il “cerino in mano”, come successo ai portatori dei titoli emessi dal Credit Suisse (per quanto la normativa svizzera sia diversa da quella in uso nella UE) avrebbe potuto essere giudicato elevato rispetto ai seppur interessanti rendimenti offerti, ben maggiori ad altre tipologie di titoli, provocando in primo luogo delle vendite “forzate”.

Ma quanto successo venerdì è esattamente l’opposto, confermando quanto sia elevato il nervosismo sui mercati.

Succede, infatti, che Deutsche Bank decida di ritirare dal mercato, e quindi “estinguendo” anticipatamente il debito, ripagando coloro che le avevano sottoscritte, obbligazioni At1 per un controvalore di € 1.5 MD. In altri momenti la “mossa” sarebbe stata giudicata certamente positiva, sintomo di una buona situazione patrimoniale e di una redditività elevata. Venerdì, invece, in maniera, sotto non pochi aspetti, giudicata irrazionale, gli operatori hanno “letto” nella decisione dell’Istituto tedesco una difficoltà nell’accesso ai mercati: di fatto, un modo per “riequilibrare” la propria situazione patrimoniale.

Da qui un’ondata di panico, che ha portato le azioni di Deutsche Bank a perdere, a Francoforte, oltre il 15%, per poi recuperare e limitare le perdite all’8,5%.

Da più parti, dalla politica (con il Governo Scholz in prima linea) alle autorità monetarie europee (BCE), oltre, ovviamente al principale indiziato, si sono levate voci tese a rassicurare i mercati, ribadendo non solo la profittabilità della Banca tedesca e la sua solidità, ma di come tutto il settore bancario europeo goda di una salute più che buona, con degli indici di patrimonialità più che buoni, molto migliori di quelli delle banche americane. Pe esempio, il liquidity ratio (la capacità di far fronte al pagamento dei propri debiti a breve) è, per le Banche Usa, pari al 120%, mentre quelle europee stanno al 160%.

Le banche europee hanno, cioè, liquidità del 30/40% superiore a quelle americane

Sappiamo, poi, come la Banca Centrale Europea, memore di quanto successo ai tempi della crisi sistemica del 2008, sottoponga continuamente il sistema bancario UE a continui “stress test”; analisi che riguardano praticamente tutte le banche che compongono il sistema, anche quelle con € 10 MD di attivi, che risultano solide come le prime 10 banche USA. E la stessa Deutsche Bank ha un livello di liquidità ben superiore a JP Morgan, ritenuta la più solida banca americana: il “liquidity covered ratio” (indice che rappresenta la cassa disponibile) è del 112% per la Banca americana e del 146% per quella tedesca.

Il “silenzio” della comunità finanziaria durante il we sembra essere il segnale che la paura sia rientrata. Questa mattina i mercati asiatici non indicano nessuna tensione, con andamenti nella norma. Positivo, a Tokyo, il Nikkey, a + 0,40%, mentre sono in leggero ripiegamento Shanghai (– 0,47%) e, a Hong Kong, l’Hang Seng, che arretra dello 0,89%.

Positivi ovunque i futures, con rialzi diffusi di circa mezzo punto percentuale.

Sul fronte delle materie prime, questa mattina il petrolio da segnali di ripresa, con il WTI che si riavvicina ai $ 70 (69,79, + 0,65%).

Gas naturale Usa di nuovo in discesa, a $ 2,139, – 3,70%.

Si allontana dai $ 2.000 l’oro, a $ 1.973, – 0,62%.

Spread a 187 bp, con il BTP ad un rendimento intorno al 4%.

Treasury a 3,37%.

€/$ a 1,0765.

Bitcoin che rimane in area $ 28.000 (27.755), seppur in leggero calo questa mattina.

Ps: è iniziato, nel we, il mondiale Moto GP. Mai, probabilmente, neanche ai tempi della “mitica” MV Agusta di Giacomo Agostini, si era verificato un dominio così assoluto del motociclismo “made in Italy”: al di là della vittoria di Bagnaia, ai primi 5 posti si sono classificate 5 moto italiane (4 Ducati, 1 Aprilia). Chissà che il “rosso” non contagi, a breve, anche la F1 (anche se lì appare ben più dura….).

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ultimo aggiornamento: 27-03-2023


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