Quarto potere, diretto e interpretato, oltre che co-sceneggiato e co-prodotto, da Orson Welles, è considerato uno dei migliori film di sempre. E’ uscito nel 1941, 1° film del cineasta (che all’epoca aveva solo 25 anni), ed è liberamente ispirato alla vita di William Hearst, magnate dell’industria del legno e dell’editoria. Il titolo del film fa riferimento al potere della comunicazione (all’epoca rappresentato sostanzialmente dalla carta stampata) e alla sua capacità di influenza sull’opinione pubblica. Un “quarto potere”, appunto, che si affiancava a quelli “istituzionali”, che “governavano” (e continuano a “governare”) la nostra vita: legislativo, esecutivo, giudiziario.
Un potere che, con il crescere dei mezzi di comunicazione e la loro diffusione, è andato via via crescendo, assumendo dimensioni inimmaginabili con il nascere dei “social”. Senza che, dall’altra parte, ci siano forme di controllo in grado di verificare la veridicità e l’autenticità di quanto viene “comunicato” (individuare “forme di controllo” a fenomeni che sono nelle disponibilità di chiunque è pressochè impossibile).
Tralasciando gli aspetti più controversi, che abbracciano il tema della “socialità” e della voglia di “protagonismo” degli individui, ma rimanendo agli aspetti puramente “informativi”, compito principale della “comunicazione”, intesa come “trasferimento di informazione” attraverso, appunto, i “mezzi di informazione” (al di là delle modalità con cui avviene), non passa giorno in cui non si abbia riprova di come possa realmente incidere sulla nostra quotidianità. Peraltro, ogni fatto, ogni evento, ogni accadimento, può dar adito ad interpretazioni diverse, a seconda dell’estrazione sociale, delle convinzioni politiche, dell’educazione ricevuta etc. Da qui il vero “potere” dell’informazione e la sua capacità di influenza delle opinioni.
Ci sono, però, notizie che vengono “trasferite” puntualmente, limitandosi, quindi, ad una comunicazione “essenziale”, senza lasciar spazio, da parte di chi la diffonde, a commenti o interpretazioni varie. Non per questo, quell’informazione non genera conseguenze.
Ieri, per esempio, a mercati aperti, la Presidente BCE Christine Lagarde, ha rilasciato una dichiarazione in cui ha affermato che “i tassi in Europa rimarranno alti per un periodo sufficientemente lungo affinchè diano un contributo sostanziale al tempestivo ritorno all’inflazione all’obiettivo del 2%”. Nulla di nuovo, quindi, rispetto a quanto già non si sappia e non sia stato ripetuto più volte in sedi e momenti diversi (unica considerazione potrebbe essere il significato che si vuole dare al termine “tempestivo”: cosa si vuole intendere? Settimane, mesi, anni…? Se si arriverà al “target” del 2% tra 18 mesi, o giù di lì, si potrà dire che l’intervento è stato “tempestivo”…?). Eppure, appena terminato l’intervento al Parlamento Europeo da parte del n. 1 della BCE, i mercati hanno invertito la rotta e hanno iniziato la loro discesa. Non sono emersi, quindi, almeno per quanto riguarda l’Europa, elementi nuovi tali da far cambiare l’umore degli investitori: anzi, è stato fatto riferimento a quanto detto recentemente da Mario Draghi in merito alla necessità, da parte della Commissione UE, di rivedere le stringenti norme che ne regolano la politica fiscale (come, per es, il patto di stabilità).
Certamente, non si può ridurre solo alle parole, per quanto decisive, della Lagarde la causa del nervosismo dei mercati. Diversi, infatti, sono i fattori da prendere in considerazione, che si spingono oltre i confini europei. Uno, per esempio, è il rischio di un nuovo shot down del debito Usa: se entro i 1° ottobre il Parlamento Usa non trovasse un nuovo accordo, si andrebbe verso la paralisi della pubblica amministrazione, con il conseguente blocco di molte attività (e del pagamento degli stipendi a molti dipendenti pubblici).
Altro motivo di preoccupazione i rinnovati timori per la crisi del settore immobiliare in Cina, dopo che ieri Evergrande ha sospeso i pagamenti relativi ad un’emissione obbligazionaria del valore di $ 550ML.
Senza contare la situazione in cui si trova il petrolio, con i prezzi che continuano a mantenersi elevate, contribuendo a mantenere l’inflazione su livelli indesiderati. E quindi giustificando le parole della Lagarde, che, a sua volta, non ha fatto altro che riprendere quanto detto la settimana scorsa da Jerome Powell con riferimento ai tassi USA.
Nonostante la chiusura positiva del mercato Usa, con i vari indici che sul finire della seduta hanno recuperato in maniera generalizzata, questa mattina sui mercati del Far East prevalgono le vendite.
Indici, quindi, in rosso: a guidare i ribassi il Nikkei a Tokyo, in arretramento di circa l’1%.
Un po’ meglio va per Hong Kong, dove l’Hang Seng ritraccia 0,86%; calo dello 0,32%, invece, per Shanghai.
In discesa anche Taiwan e Seul.
Probabile avvio negativo per gli indici europei e statunitensi, con i Futures che “prezzano” cali tra lo 0,50 e lo 0,70%.
In discesa anche il petrolio, con il WTI che si porta sotto i $ 90 (88,90, – 1%).
Gas naturale Usa a $ 2,87, mentre allo snodo di Amsterdam il megawattora si è portato sopra € 40.
Ancora un calo per l’oro, a $ 1.913 (- 0,33%).
Note dolenti per lo spread, che questa mattina troviamo a 186 bp.
BTP al 4,65%, massimo da qualche mese a questa parte.
Non va meglio per il Bund tedesco, a 2,79%, massimo dal 2011.
Treasury Usa al 4,55%.
Non si ferma la corsa del $ verso tutte le altre valute: questa mattina troviamo l’€/$ a 1,0579.
Bitcoin che si mantiene sopra la soglia dei $ 26.000 (26.379).
Ps: Reinhold Messner è, probabilmente, il più grande alpinista di tutti i tempi. Il primo ad aver scalato, senza l’aiuto dell’ossigeno, gli “8.000”, le 14 montagne al mondo che superano, appunto, gli 8.000 mt di altezza. Almeno sino a ieri. Secondo un gruppo di studiosi tedeschi, infatti, il nostro scalatore si sarebbe fermato, nel 1985, a 5 mt (cinque metri) dalla vetta dell’Annapurna, una delle tante vette del Nepal. Sarebbe curioso verificare il metodo