Direttore: Alessandro Plateroti

Si riunisce oggi, come da calendario, il Consiglio Direttivo della BCE, che dovrà decidere se aumentare o meno i tassi.

Si da per scontato che verrà confermato il 4% sui depositi: dopo 10 rialzi consecutivi (il primo risale al 27 luglio 2022, una “vita” fa, visto che si partiva dal – 0,50% voluto da Draghi per sostenere l’economia e gli Stati membri), quindi, la Banca Centrale dovrebbe prendersi un “pausa”. Il dibattito non è, pertanto, tanto su quanto oggi verrà deciso, quanto, piuttosto, su quelle che saranno le mosse future dell’Istituto centrale. Tutta l’attenzione si sposterà, di conseguenza, sulle parole che Christine Lagarde dirà nella usuale conferenza stampa che seguirà la riunione. Parole che, probabilmente, oggi “peseranno” ancor di più, in quanto dovranno far capire se la pausa sarà solo momentanea ovvero saremo arrivati al “picco”. C’è da giurare che la Presidente BCE starà molto attenta a non sbilanciarsi troppo: da una parte farà riferimento ad un andamento dell’inflazione che va nella direzione sperata, visti i ribassi che, anche se a fatica, mese dopo mese si susseguono, e, forse ancor di più, ad una situazione economica non particolarmente brillante, soprattutto per quel che riguarda l’Europa e, in particolar modo, alcuni Paesi (in primis la Germania, anche se ieri sono stati pubblicati dati IFO – quelli che indicano il clima di fiducia dell’economia – superiori alle attese). Ben sapendo che ai temi prettamente economici se ne sono aggiunti altri prettamente geo-politici, causati dalle tensioni medio orientali, le cui conseguenze sono al momento premature, almeno da un punto di vista economico: i timori, come accaduto in passato in situazioni analoghe, sono che, al di là di un conflitto grave da un punto di vista umanitario, il prezzo del petrolio possa nuovamente decollare, facendo ritornare livelli di inflazione che si pensavano superati, oltre al fatto che l’economia globale possa rallentare oltre quelle che sono le attuali previsioni (crescita mondiale per il 2024 pari al + 2,9%). Per cui confermerà, come ormai consuetudine, che la BCE osserverà passo passo i dati che provengono dal mercato (lavoro, inflazione, crescita, debito pubblico, etc), pronta ad intervenire, a rischio di rivedere le proprie scelte (anche se, al momento, è difficile pensare che i tassi possano, nel brevissimo termine, iniziare a scendere).

Il nervosismo, intanto, giorno dopo giorno si sta impossessando dei mercati, come la giornata di ieri ha evidenziato.

Nei giorni scorsi era emersa la notizia che un importante Hedge Fund americano aveva chiuso le posizioni ribassiste sui treasury americani, cosa che aveva riportato un po’ di “calma”, allentando le pressioni sugli spread (tant’è vero che i rendimenti dei titoli del tesoro americani erano scesi ben sotto il 5%). Ieri, invece, alcuni deludenti dati sulle trimestrali (in primis Alphabet-Google, che infatti ha perso circa il 9%, per non parlare di Wordline, società francese leader nel settore dei pagamenti digitali – un po’ come la nostra Nexi, che, prevedendo una caduta dei consumi in Europa, è crollata di circa il 50%, trascinando al ribasso tutto il settore, compresa, appunto, Nexi, che ha chiuso in ribasso di circa il 13%), hanno ridato “voce” a coloro che vedono come prossimo l’arrivo della recessione. Da qui le vendite sui titoli obbligazionari con i rendimenti tornati a crescere. Il ragionamento è sempre lo stesso: se arriva la recessione, il settore produttivo e il commercio andranno in crisi, l’economia rallenterà, le aziende produrranno meno utili, meno utili significano minori dividendi. Difficile competere, quindi, con i rendimenti obbligazionari, oggi ai massimi livelli da circa 15 (e più anni): da qui le vendite sul settore azionario, che però si è accompagnato anche da un allargamento degli spread, rafforzando l’idea che i tassi rimarranno alti ancora per un po’.

Che la situazione non sia semplice, relativamente questa volta al nostro Paese, ce lo conferma anche l’Istat. L’Istituto di ricerca e statistica, infatti, ha reso  nota la fotografia sullo stato delle famiglie italiane.

A fine 2022, l’8,3% (era il 7,7% a fine 2021) dei nuclei famigliari vive in stato di povertà assoluta (5,6 milioni di individui, in crescita al 9,7% della popolazione dal 9,1% dell’anno precedente). La “povertà assoluta” si ha quando il reddito, per una persona sola, non supera € 690 mese, per 2 € 1.150 mese, per 4 € 1.874. Situazioni reddituali, peraltro, che possono avere un impatto diverso a seconda se si vive in un’area d’Italia piuttosto che in un’altra.

A livello geografico, il Sud vede una maggior concentrazione di famiglie in quelle condizioni (10,7%), mentre al Centro sono il 6,4% e al Nord il 7,5%. Ma quel che più colpisce è il dato sui  minori: sono ben 1,269 ML, pari al 13,4% del totale: ragazzi per cui il futuro è ancora più difficile di quello, già duro, della maggior parte dei giovani.

Giornata difficile per i mercati statunitensi, in particolar modo per il Nasdaq (- 2,47%), “schiacciato” da Google. Molto meglio è andata al Dow Jones, che ha arginato le perdite al – 0,32%.

Questa mattina a Tokyo il Nikkei “replica” il mercato tecnologico americano, accusando una perdita intorno al 2%.

In recupero a Hong Kong l’Hang Seng, peraltro ancora in “rosso” (– 0,53%).

Sulla parità, invece, Shanghai.

Futures negativi un po’ ovunque, preludio di aperture nervose.

Nuovo calo per il petrolio, con il WTI a $ 84,69 (questa mattina – 0,94%).

Gas naturale Usa a $ 3,387.

Oro oramai “appiccicato” ai $ 2.000 (1.996), per le rinnovate tensioni medio orientali (continuano le trattative per la liberazione degli ostaggi israeliani, ma Netanyahu, in evidente difficoltà, ha ribadito che Israele è prossimo all’attacco di terra, mentre Erdogan, suscitando le reazioni di moltissime diplomazie, si è praticamente schierato a favore di Hamas).

Spread sui livelli di ieri (201,5 bp), con il BTP al 4,92%.

Bund al 2,90%.

Treasury Usa praticamente al 5% (4,97).

In rafforzamento il $, con l’€/$ che scende a 1,054.

Bitcoin sempre in “forze”, a $ 34.507.

Ps: è stata presentata ieri la 111° edizione del Tour de France (la “Gran boucle”, il “grande ricciolo”: storicamente le tappe “avvolgevano” come un ricciolo il Paese, per concludersi storicamente a Parigi). Un’edizione “italianizzata”: ben 3 tappe, infatti, si svolgeranno nel nostro Paese, con la 1° che partirà da Firenze, e una quarta che, partendo da Pinerolo, porterà i corridori in Francia. Un totale di 21 tappe per un dislivello complessivo di 52.320 mt di dislivello. Che vogliono dire circa 2.500 mt a tappa: insomma, una passeggiata di salute…

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ultimo aggiornamento: 26-10-2023


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