Molti sono i punti di osservazione per misurare lo stato di salute dell’economia (e quindi delle imprese).
I dividendi (e la loro distribuzione) sono indubbiamente tra i più noti, anche perché di facile lettura. Uno dei maggiori timori era che quest’anno si potesse assistere ad una loro vertiginosa caduta, conferma di una situazione in deterioramento.
Invece pare che le cose stiano un po’ diversamente.
Nel suo solito report annuale, Janus Henderson ci dice che, dopo l’anno record del 2022, anche per quest’anno si prevede una ulteriore crescita, che dovrebbe attestarsi intorno al 5,2%. Tradotto in numeri, significa che quest’anno si dovrebbero toccare, a livello globale, i $ 1.640 MD. Nel 1° trimestre, a dire il vero, l’incremento, rispetto allo scorso anno, è stato di oltre il 12%, arrivando a $ 326,7 MD: una crescita dovuta, però, in buona parte ad eventi straordinari, quali, per esempio, il pagamento, nella sua quasi totalità, del ricavato, da parte di Volkswagen, dell’IPO di Porsche (qualcosa come € 6.3 MD).
Al netto delle operazioni straordinarie, peraltro, l’andamento dell’anno in corso giustifica un moderato ottimismo, con un quadro “tecnico”, almeno stando alla società americana, migliore di quanto stimato nei mesi scorsi. Altro elemento importante è la omogeneità dei risultati, almeno per quanto riguarda le aree geografiche, con una crescita ben distribuita. Cosa che invece non si può dire a livello settoriale: l’ambito minerario, per esempio, denota una forte caduta (circa – 20%), visto l’andamento dei prezzi delle materie prime, diminuzione bilanciata dalla crescita del settore finanziario (in principal modo dalle banche), oltre che, ancora una volta, dal settore petrolifero.
Rimangono le preoccupazioni legate al rialzo dei tassi e alla persistente inflazione, fattori che se dovessero perdurare toglierebbero “linfa” alla marginalità (e quindi agli utili aziendali), mentre, di contro, il riacquisto di azioni proprie (buyback) è destinato a sostenere non poco le quotazioni e, con esse, la distribuzione degli utili (leva ulteriore per convincere le aziende a “ricomprarsi” le loro azioni).
Che la situazione sia “meno peggio” delle previsioni di fine anno 22-inizio 23 ce lo dice anche la pubblicazione dei dati sulla crescita del PIL dei paesi Ocse.
Nel 1° trimestre la crescita media è stata dello 0,4%, il doppio rispetto al + 0,2% fatto registrare nell’ultimo trimestre del 2022. Nei paesi G7 la crescita è stata dello 0,3%, con l’Italia che, come emerso anche dal report di DBRS che ha portato la società di rating canadese a confermare “l’outlook” positivo per il nostro Paese, ha fatto meglio di altri, toccando lo 0,5%, superata solo dal Canada (+ 0,6%), mentre gli Usa si sono fermati allo 0,3%.
Numeri che comunque non cancellano completamente le preoccupazioni, che si concentrano soprattutto sul brevissimo, visto l’approssimarsi della scadenza di fine mese, una data che sarà determinante per le sorti del debito Usa, ma le cui conseguenze si faranno sentire “all over the word” (anche se, da parte Repubblicana, qualcuno comincia ad affermare che l’effettiva scadenza sarebbe un paio di settimane più avanti, quasi a voler “guadagnare” tempo, lasciando aperti gli spiragli per un accordo evidentemente difficile da raggiungere in una settimana, quella, appunto, che ci separa dal 31 maggio.
Le chiusure negative di ieri sera a Wall Street (Nasdaq – 1,28%, Dow Jones – 0,69%, S&P500 – 1,12%) condizionano la giornata asiatica, con le borse del Pacifico tutte deboli. Si va dal – 0,68% del Nikkei a Tokyo, al – 0,80% di Shanghai al – 1,28%, Hong Kong, dell’Hang Seng.
In Nuova Zelanda, la Banca Centrale ha alzato, per la 12° volta consecutiva, i tassi, lasciando però intendere che la stretta monetaria potrebbe essere giunta al termine.
Futures appena positivi a New York, mentre, al momento, sono leggermente negativi in Europa.
Ancora in rialzo il petrolio, con il WTI che si porta a $ 73,82 (+ 1,14%).
Gas naturale Usa a $ 2,343 (+ 0,73%).
Si ferma la discesa dell’oro, che recupera a $ 1.980,50 (in frazionale rialzo anche questa mattina).
Spread a 184 bp, con il BTP che rende il 4,32%.
Treasury al 3,68%, leggermente in discesa rispetto a ieri.
€/$ a 1,078, con il $ sempre sostenuto.
Torna sotto i $ 27.000 il bitcoin, che fa segnare i $ 26.740.
Ps: e quindi dovrebbe essere giunta al termine la “telenovela” Ita-Lufthansa. Tra domani e venerdì, infatti, dovrebbe essere firmata la cessione del primo 40% della nostra Compagnia di bandiera (di quello che rimane…) per un valore di circa € 300 ML, tramite un aumento di capitale riservato (il che significa che il valore assegnato è pari a circa € 800 ML). Se le cose “andassero bene” (vale a dire Ita dovesse tornare a produrre utili) la Compagnia di bandiera tedesca ha già sottosctitto un accordo che le consentirà di salire al 51%.