A quanto pare il polonio è passato di moda. Sono passati ormai quasi 17 anni da quando, nel 2006, a Londra Alexander Litvinenko, ex agente segreto dei servizi segreti russi, diventato poi oppositore del regime putiniano, morì per avvelenamento. Meglio, in questo senso, è andata a Navalny, sopravvissuto, nel 2020, ad una analoga situazione, però ripetutamente condannato e costretto a lunghi anni di carcere in condizioni disumane. Evidentemente oggi, dalle parti di Mosca, non ci si pone problemi relativamente al clamore che certe azioni possono avere a livello globale: anzi, sembra quasiche maggiore è il clamore e maggiore sia la forza del messaggio che si vuole mandare agli oppositori. Ancora una volta la vendetta è un piatto che va servito freddo (anche se, in questo caso, il tempo trascorso dalla plateale azione dimostrativa di Prigozhin, capo dell’armata Wagner, non è così lontano). Facile immaginare che l’attentato all’ex cuoco di Putin (così è nato il loro sodalizio) porterà lo “zar” russo ad un isolamento ancora più forte, oltre a porre domande sul futuro del gruppo dei mercenari, fondamentali, sino a pochi mesi fa, per “tenere” le posizioni sui territori ucraini conquistati.
Di certo la “business community” sta dando all’accaduto un valore piuttosto modesto. I mercati, infatti, in queste ore, oltre che nei momenti immediatamente successivi alla notizia, non stanno dando alcun segnale di preoccupazione.
A “tener banco”, infatti, sono i dati sulla situazione economica e sulle trimestrali di alcune società del settore dell’Intelligenza Artificiale, in primo luogo Nvidia.
Il colosso dei microchips Usa, infatti, ha comunicato numeri assolutamente positivi, con utili superiori alle già buone previsioni, prefigurando un futuro in ulteriore crescita.
Meno positive le notizie per quanto riguarda la situazione economica complessiva. Da più parti giungono segnali di un generale rallentamento, Germania in testa. Proprio “dalle parti” di Berlino i prezzi alla produzione sono calati, a luglio, di oltre il 6%, per la prima volta dal 2020. Ormai quasi la metà del settore manufatturiero tedesco evidenzia prezzi inferiori a quelli dell’anno 2020: ovvio che la diminuzione dei costi di produzione porterà (è solo una questione di tempi) ad una riduzione dei prezzi al consumo, favorendo, in questo modo, la discesa dell’inflazione.
Naturale, quindi, che rischio recessione da una parte e diminuzione dei prezzi dall’altra, portino ad un atteggiamento più cauto da parte degli organismi monetari. Non a caso gli economisti di JP Morgan si dicono convinti cheil prossimo, nonché ultimo, aumento dei tassi sarà ad ottobre, e si limiterà a 25 bp, saltando, così, la scadenza di settembre. Il “summit” di Jackson Hole, che inizia oggi per concludersi nel we, aiuterà a capire meglio la situazione e darà modo di valutare le prossime mosse dei banchieri centrali, anche se anche da parte della Deutsche Bank almeno la BCE starà molto attenta a pigiare ancora l’acceleratore.
A livello domestico ci si prepara al rientro dalle vacanze, con i toni politici e ancor più le preoccupazioniper un autunno che si preannuncia “molto caldo”, e non da un punto di vista climatico, con alcuni esponenti della stessa maggioranza (in primis il Ministro dell’Economia, Giorgetti, peraltro in buona compagnia) che mettono le mani avanti per una finanziaria che si preannuncia di non semplice costruzione (in considerazione anche del fatto che dal 2024 tornerà in gioco il “patto di stabilità”).
Intanto i mercati asiatici si apprestano a chiudere la giornata tutti in rialzo.
A mettersi in luce è Hong Kong, dove l’Hang Seng, il listino forse più simile al Nasdaq, primeggia con un rialzo di oltre il 2,22%, trascinato dai titoli tech, a loro volta “trainati” dalla trimestrale di Nvidia.
Bene comunque anche il Nikkei di Tokyo e Shanghai, anche se con crescite sotto l’1%.
Futures ovunque molto positivi, con aumenti che in alcuni casi (vd Nasdaq) arrivano all’1,20%.
Ancora in calo il petrolio, con il WTI sceso sotto i $ 79 (78,59, – 0,49%).
Gas naturale Usa a $ 2,456 (- 1,76%).
Forte calo anche per quello europeo, con il megawattore tornato intorno ai 37€ (non più tardi di venerdì era a oltre € 44).
Oro a $ 1.932, stabile.
Spread in leggera discesa (162,4 bp).
A scendere, e non di poco, sono i rendimenti dei governativi, dopo i picchi dei giorni scorsi, sulla convinzione del rallentamento da parte delle banche centrali.
Treasury Usa a 4,21%.
Bund a 2,52%; BTP a 4,16%.
Ancora forte il $, con €/$ a 1,0862.
Torna a respirare il bitcoin, a $ 26.427.
Ps: per chi avesse avuto ancora qualche dubbio, la notizia che anche l’India è arrivata sulla luna è l’ennesima conferma della forza, anche tecnologica, di quel Paese, sempre più vicino, almeno da un punto di vista economico, alla Cina (non così, forse, da un punto di vista geo-politico). D’altronde, non può che essere così per un Paese che ogni anno “sforna” circa 1 ML di ingegneri (molti dei quali già oggi guidano tra le maggiori aziende tecnologiche al mondo).