L’ottimismo, da solo, non è la panacea di tutti i mali. Ma essere di fondo ottimisti aiuta, eccome, sulla strada della soluzione dei problemi: una visione ottimistica dello “stato delle cose”, comunque basata su un sano realismo, consente maggior lucidità di pensiero che permette l’individuazione di soluzioni adeguate e produce risultati senza dubbio migliori rispetto ad atteggiamenti da cui traspare arrendevolezza, arrivando a generare spesso una sorta di “profezie che si autodeterminano”, un meccanismo “inconscio” potentissimo, molto più frequente di quanto si possa pensare.
Qualche ragione per essere ottimisti, come italiani, oggi, peraltro, potrebbe esserci davvero.
Ben sappiamo quali, tutti piuttosto importanti, siano i temi ancora in discussione: revisione del Patto di Stabilità europeo, ratifica del MES, revisione del PNRR (oltre che erogazione della 4° tranche), solo per citare i più urgenti. Tutti fattori oramai non più rinviabili, che possono ridefinire le relazioni tra il nostro Paese, la UE e gli altri Stati membri, assumendo un “peso” politico rilevante, oltre che determinanti da un punto di vista economico/finanziario.
Ma procediamo con ordine.
Sul Patto di Stabilità pare che nelle ultime ore siano stati fatti progressi significativi. Merito, innanzitutto, della Spagna, Presidente di turno della Commissione Europeo (un’accelerazione probabilmente dovuta anche alla conferma di Pedro Sanchez, europeista convinto, a capo del Governo iberico, dopo settimane difficili per la vita politica di quel Paese), ma anche al riavvicinamento tra il nostro Governo e quello tedesco, a margine del nuovo incontro (il terzo in pochi mesi) tra i 2 premier. La bozza spagnola verrà, già distribuita ai 27 Paesi Ecofin, verrà collegialmente discusso nel vertice del 7-8 dicembre. In estrema sintesi, prevede che i Paesi che si trovino in una situazione di “sforamento dei conti” (oltre 60% rapporto debito/PIL e un deficit superiore al 3% annuo) abbiano a disposizione un periodo di almeno 4 anni, allungabili di altri 3, per “definire” una traiettoria di risanamento (per chi si trovasse in una posizione meno critica il periodo è di 4 + 1). Ovviamente, vengono già stabiliti quali sono le condizioni per poter ottenere una “deroga”: impegno ad introdurre specifiche riforme, spazio al digitale, politiche sociali, transizione ecologica, etc.
A riguardo del MES, da sempre “urticante” per buona parte della ns politica, al punto da renderci la “pecora nera” dell’Europa (siamo l’unico Paese che non lo ha ratificato: cosa ancor più grave se si pensa che, così facendo, ne impediamo l’applicazione a livello europeo) alcune indiscrezioni indicano nel 13 dicembre la discussione in Parlamento. E se così fosse, ciò significa che ci sarebbero “i numeri” per sbloccare la situazione (difficile che la maggioranza di Governo si presenti in Parlamento per sancire, in maniera definitiva, un no all’Europa, intraprendendo una strada irta di ostacoli). Una data, peraltro, non casuale, visto che il giorno successivo si terrà il Consiglio Europeo, nell’ultima seduta dell’anno.
Rimane il PNRR, altro argomento spinoso. Sin dal momento della sua apparizione era scattato l’allarme in merito alla nostra “capacità di spesa”: come l’esperienza ci ha insegnato, in più di un’occasione, infatti, non siamo stati in grado di spendere e, di conseguenza, utilizzare i fondi che a più riprese, negli anni, l’Europa ci aveva messo a disposizione (seppur in termini di finanziamenti e non a “fondo perduto”, come, per una buona parte, prevede, invece, il Next Generation EU). Ad oggi, tra mille difficoltà, l’Italia ha “portato a casa” circa € 85 MD tra acconto (circa 25MD) e varie rate (3, per altri € 60 MD). Sembrerebbe che la Commissione europea abbia terminato l’esame della revisione al Piano presentata dal nostro Governo, presentata lo scorso agosto e che prevede la modifica di ben 144 obiettivi (su 349) sino al 2026. Come prima conseguenza, la decisione permette di incassare la 4° rata, del valore di € 16,5 MD (erogazione prevista entro la fine dell’anno): un bel passo avanti, visto che rimangono da “prendere” ancora € 89 MD. L’ok di Bruxelles permette, tra le altre cose, di “defininaziare” € 15,9 MD, “switchandoli” al piano RePowerEU per la transizione energetica. Di fatto, “si prendono” € 15,9 MD (a cui se ne aggiungono altri 3,3, per arrivare a € 19,2 MD) e si destinano al “piano ambientale”, con l’impegno, da parte nostra, comunque di realizzare gli interventi già deliberati nel PNRR utilizzando delle risorse “nazionali”, quindi non con “soldi europei”.
Tutte “buone notizie”, almeno sulla carta, per il nostro Paese. A cui si aggiunge forse quella, nell’immediato, più importante, vale a dire la diminuzione dello spread, che permette, giorno per giorno, di risparmiare un bel po’ di “quattrini” (e che non richiede nessuna delibera da parte delle istituzioni, politiche o finanziarie che siano. In realtà una la richiede, ed è la più importante: quella rilasciata dal “mercato”, che si muove su logiche concrete e, quindi, di “convenienza”). E, quindi, ha ragione d’essere l’ottimismo…
Oggi è il “thanksgiving”, la festa più attesa (altro che Halloween…) dagli americani. Senza il “faro” di Wall Street (peraltro i futures continuano a trattare), i mercati asiatici non offrono particolari spunti, anche se tutti gli indici si avviano a chiusure positivi, grazie al buon recupero nella seconda parte della seduta.
A Tokyo anche il Nikkei oggi è chiuso per festività (così come Taiwan)..
Mercati “great China” positivi: Shanghai è a + 0,60%, con il Governo che continua a lanciare segnali di sostegno al settore immobiliare, mentre a Hong Kong l’Hang Seng supera lo 0,80%.
Leggermente positivi i futures americani, mentre in Europa sono appena sotto la parità.
Ieri brusca discesa del petrolio, che anche questa mattina da segnali di debolezza: WTI a $ 76,64 (- 0,79%).
Gas naturale Usa $ 2,882 (- 0,72%).
Si stabilizza intorno ai $ 2.000 l’oro (1.998, + 0,21% questa mattina).
Spread in leggera risalita (176 bp), con il BTP al 4,30%.
Bund 2,55%.
Debole il $, con l’€ a 1,0912.
Bitcoin a $ 37.380.
Ps: cose mai viste nel mondo dell’Intelligenza Artificiale (AI). Si dirà: ovvio, parlando di mondi nuovi, e quindi “sconosciuti” a noi umani (come già, peraltro, avremmo dovuto capire vedendo Blade Runner, l’epico e mitico film di Ridley Scott, datato 1982….). Ma il riferimento non è “scientifico”, quanto piuttosto rivolto alle vicende che riguardano OpenAI, la “madre” di ChaptGPT. Nell’arco di 5 giorni, il CEO della società, Sam Altman, è stato “fatto fuori”, cooptato da Satya Nardella, il potente CEO di Microsoft, e poi nuovamente reintegrato come CEO in OpenAi. Grazie anche alla “rivolta” dei dipendenti: su 770, ben 700 avevano minacciato le dimissioni se non fosse tornato Sam (che non è lo “zio Sam però..,.). Da notare però una cosa: Microsoft si era detta immediatamente disposta a “ricevere” i 700 eventuali dimissionari. Di fatto, quindi, con questa mossa, Nardella (Microsoft già controlla il 49% di OpenAI) si è “impadronito” dell’azienda.