Da oltre 2 mesi il nostro Governo e la Commissione europea si stanno “fronteggiando” sull’erogazione della 3° rata del PNRR, quella da € 19 MD, la cui erogazione era prevista per le prime settimane dell’anno. Una discussione che rischia di “implodere”, facendo emergere non soltanto le differenti vedute con la UE, ma anche all’interno della stessa maggioranza. Una situazione non semplice, che, oltre al “danno finanziario” creerebbe non pochi problemi in termini di immagine per il nostro Paese.
Ma andiamo con ordine.
Come noto, il Piano prevede, per il nostro Paese, aiuti per complessivi € 192 MD circa, di cui € 123 MD di prestiti ed € 69 MD di sussidi a fondo perduto.
Ad oggi ne sono stati erogati “solo” € 67, pari ad € 24,9 come anticipo, oltre ad altri € 42 MD, relativi alle prime 2 rate per € 21 cadauna. Come detto, siamo in attesa della 3° da € 19 MD, mentre è in alto mare la 4° per € 16 MD, la cui erogazione dovrebbe essere prevista per fine giugno, al raggiunto di 27 nuovi obiettivi, oggetto di una difficile rinegoziazione. Le altre tranches sono previste con una cadenza semestrale, con l’ultima, la 10°, fissata per il 30/6/26.
Le difficoltà sono molteplici, a partire da modalità di lavoro che denotano un certo distinguo tra le parti. Per esempio, l’Italia vorrebbe presentare il nuovo documento di revisione del PNRR, che comunque non potrà essere stravolto, tra luglio e agosto, mentre la UE ci chiede di presentarlo entro giugno. Non aiuta di certo il fatto che, almeno stando alle dichiarazioni del Ministro agli Affari Europei Raffaele Fitto, il Piano andrebbe “smantellato”, parole da alcuni interpretate come la volontà di rovesciare sulla UE (e sul precedente Governo…) le responsabilità dei ritardi sin qui accumulati.
Come detto, circa € 123 MD sono dati da prestiti; di questi, però, solo 54 sono destinati a “nuovi progetti”, vale a dire per attività che, senza il PNRR, non sarebbe stato possibile attuare. I prestiti del PNRR non costituiscono, quindi, tutti un “debito aggiuntivo”, ma rappresentano un modo finanziare a tassi agevolati un debito che si sarebbe contratto ugualmente.
Il debito aggiuntivo quindi è pertanto di € 54 MD, a cui si aggiungono € 69 MD dei sussidi (non da rimborsate): in tutto circa € 123 MD, che, spalmati nei 5 anni e mezzo previsti dal Piano, significano una spesa annuale aggiuntiva di € 22MD circa. Una cifra non così enorme da gestire per un Paese con un PIL di € 1.900 MD (si parla di poco più dell’1%) e un debito di € 2.800 MD.
Eppure siamo qua a discutere di cosa fare, dove allocare le risorse, se utilizzarle in toto o in parte, se destinarle ad un’opera piuttosto che ad un’altra…
Ciò nonostante, continuano a rinnovarsi segnali di fiducia per il nostro Paese.
Dopo la “sospensione” del giudizio da parte di Moody’s, DBRS, l’agenzia di rating canadese, ha confermato il nostro “merito creditizio”, rinnovando il livello BBB e sottolineando come il nostro Paese abbia, negli anni post Covid, ottenuto tassi di crescita in molti casi superiori a quelli di altri Paesi “forti” a livello europeo, esprimendo anche un parere positivo relativamente alla possibilità di ulteriormente migliorare il rapporto debito/PIL.
Continua, intanto, la corsa contro il tempo per evitare il default degli Stati Uniti, le cui conseguenze sarebbero devastanti e si farebbero sentire per gli anni a venire. Secondo Moody’s Analytics, se anche il limite dei $ 31.400 MD già fissato non venisse rispettato anche solo per 1 settimana, verrebbero cancellati nell’arco di pochissimo tempo non meno di 1.5 ML di posti di lavoro. Se il default durasse qualche settimana, si salirebbe a 7,8ML di posti di lavoro a rischio, facendo schizzare la disoccupazione all’8% (siamo al 3,4%). Senza dimenticare cosa potrebbe succedere ai treasury, un mercato che vale qualcosa come $ 24.000 MD.
Wall Street, peraltro, vede ancora come improbabile si possa arrivare a tanto, come dimostrano le chiusure di ieri (Nasdaq + 0,34%, Dow Jones – 0,42%, S&P 500 piatto a + 0,02%).
In ripiegamento questa mattina i mercati asiatici: a Tokyo il Nikkei interrompe una serie positiva che durava da oltre 1 settimana, cedendo lo 0,32%.
In Cina, Shnaghai – 0,99%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng fa registrare – 0,76%.
Futures americani lievemente positivi, mentre l’Europa fatica a mantenere la parità.
Recupera il petrolio, con il WTI che si issa a $ 72,43 (+ 0,43%).
Gas naturale Usa a $ 2,39 (- 0,62%).
Non si ferma il calo del gas europeo, con il megawattora sotto € 29 (28,8): sono ormai 6 le settimane consecutive di ribasso, che riportano le lancette del tempo al luglio 2021 (e le previsioni sono per ulteriori cali sin verso i 20€).
Oro sempre debole, a $ 1.965 (questa mattina – 0,69%).
Spread a 185,2 bp, per un BTP al 4,31%.
Bund 2,45%.
Treasury a 3,70%, picco dallo scorso marzo.
€/$ a 1,080.
Spicca il bitcoin, che, con un rialzo di oltre il 2%, si porta a $ 27.373.
Ps: da anni la Ferrari è, almeno per quanto riguarda la F1, un po’ meno “rossa”. Tanti sono stati i cambiamenti, ma nessuno ha portato ai risultati sperati. Ecco perché, almeno stando al Daily Mail (e quindi la notizia è da prendere con le pinze…), sarebbe pronta una offerta di € 45 ML di ingaggio (all’anno per 2 anni) per Lewis Hamilton (che ne guadagna già 40 in Mercedes). Siamo lontani dai $200ML pagati dagli arabi a Cristiano Ronaldo (per non parlare degli ipotetici 460ML per Lionel Messi), ma comunque fanno sempre 3,75 ML al mese.