Secondo l’Enciclopedia Treccani, per negazionismo si intende (testuale) “una corrente antistorica e antiscientifica del revisionismo, la quale, l’uso spregiudicato e ideologizzato di uno scetticismo storiografico portato all’estremo, non si limita a reinterpretare determinati fenomeni della storia contemporanea, ma, specialmente ad alcuni avvenimenti connessi al fascismo e al nazismo (quali, per es, l’istituzione dei campi di sterminio della Germania nazista), si spinge sino a negarne l’esistenza”.
Peraltro, il termine ha assunto un’accezione più ampia: basti pensare al clima e alla transizione ad esso collegata, con scuole di pensiero che insistono nel ritenere che l’inquinamento atmosferico nulla centri con i disastri climatici con sui sempre più spesso abbiamo a che fare.
Non parlare di bitcoin o minimizzarne la sua esistenza sarebbe una sorta di negazionismo applicato ai mercati finanziari.
Il bitcoin, come sappiamo, è una criptovaluta, oltre che un sistema di pagamento valutario internazionale, creato nel 2009 da un anonimo inventore (secondo alcuni un gruppo di inventori), conosciuto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. E già qui ci sarebbe da discutere: abbiamo, sotto diversi aspetti, una “valuta”, ma non si sa chi la emette: un aspetto non così secondario, anzi assolutamente fondamentale se si vuole assurgere ad essere una valuta vera e propria.
Alla sua nascita (o meglio, alla sua prima “estrazione”, altrimenti nota come mining) il valore era di 1309,03 bitcoin per ogni $: in pratica, meno di 0,01$ per bitcoin…
Il suo valore raggiunse per la prima volta i $ 1.000 nel novembre 2013; il 17 dicembre 2017 raggiunse i $ 20.000, che diventarono, dopo alti e bassi, $ 40.000 nel dicembre 2020. Poco più di 2 mesi dopo, dopo l’annuncio che Tesla (ma guarda un po’….), ne acquistò per un controvalore di $ 1,5 MD, arrivò a $ 69.000. Da lì iniziò una nuova fase di volatilità intensa, che culminò nel 2022, quando le quotazioni scesero sino a $ 16.000. Da lì è iniziata una “nuova vita”, rinvigorita dalla nascita, all’inizio di quest’anno, di diversi ETF, autorizzati dalla SEC americana, che in pochi mesi hanno “raggranellato” oltre $ 30 MD, oltre che dal nuovo “halving”, il dimezzamento della sua estrazione, avvenuto ad aprile. Ma a dare la forza “esplosiva” è stata, come ben sappiamo, la vittoria di Trump dello scorso 5 novembre, con tutto quello che si porta dietro (ad iniziare dalla presenza nel suo staff, e con un ruolo che definire “dominante” non è sbagliato, di Elon Musk, cioè di chi, così per gioco, ha dato vita ad una “sua” criptovaluta, Dogecoin, cresciuta, dal 5 novembre, di circa il 164%).
Ai prezzi attuali (siamo vicinissimi ai $ 100.000) oggi la “ regina” delle criptovalute vale quasi $ 2.000 MD, piazzandosi al 7° posto tra gli asset finanziari di maggior valore (al 1° posto, inarrivabile per tutti, l’oro, a quota $ 17.900 MD: per dire, al 2° posto troviamo Nvidia, che di MD ne vale 3.600, toccati proprio ieri).
Vale la pena, visto il valore, e la diffusione, che il bitcoin ha raggiunto, forse fare qualche precisazione.
La 1° l’abbiamo fatto qualche riga sopra: non sappiamo chi sia “l’emittente”. A questo dobbiamo aggiungere il fatto che non si conosce la procedura informatica all’origine della sua creazione. Due elementi determinanti per dare autorevolezza e, soprattutto, “solidità” alla criptovaluta.
Ma non finisce qua: per assurgere allo “status” di valuta, infatti, sono necessari altri requisiti: un valore nominale di rimborso, una unità di conto, una misura di valore, una unità di conto. Ma, ancor di più, manca, non sapendo chi li emette (se non, vagamente, un potentissimo computer) quella che si può senza mezzi termini definire “fiducia” verso l’emittente, vale a dire verso una Banca Centrale, la massima autorità monetaria di un Paese o di una Federazione di Stati.
Parlare, quindi, di valuta è assolutamente fuorviante. Ne consegue che la definizione di bene rifugio è una “libera interpretazione” da parte di chi cerca, almeno in parte, di giustificarne il valore e la sua continua diffusione.
Più appropriato, molto più appropriato, sarebbe considerarlo un asset puramente speculativo, basandosi non su “fondamentali” economico-finanziari (un valore di asset sottostanti, l’essere “agganciato” a un valore “reale”, per es, un’altra valuta, questa volta “vera”) ovvero sfuggendo a qualsiasi forma di controllo e di vigilanza da parte delle autorità preposte, un altro requisito altrettanto importante (non a caso molto spesso viene usato, come peraltro ogni criptovaluta, per attività fraudolente o criminali).
Certo, l’arrivo degli ETF, lanciati da alcune tra le maggiori case di investimento la mondo, lo ha reso più “credibile”, oltre che più accessibile. Rimane il fatto che il suo “dogma” si chiama “speculazione”: non ci sarebbe da stupirsi, quindi, se dai $ 99.540 (valore a cui tratta in questo momento, venerdì 22 novembre, ore 8,14) collassasse a $ 60.000 o 45.000 o 30.000, o a qualsiasi valore lo volessimo collocare: l’unica cosa certa è che la sua “estrazione” terminerà nel 2140, quando il numero dei bitcoin raggiungerà le 21ML di unità.
Ieri sera, dopo un avvio incerto, nuova chiusura positiva per i mercati americani: Dow Jones + 1,06%, Nasdaq + 0,36%, S&P 500 + 0,53%.
Chiusura della settimana a 2 volti per i mercati del Pacifico: il Nikkei di Tokyo termina le contrattazioni in rialzo dello 0,68%, mentre le piazze cinesi appaiono in evidente difficoltà.
L’Hang Seng di Hong Kong fa registrare un calo del 2,19%, mentre a Shanghai il ribasso supera il 3% (3,06).
Positivi, invece, il Kospi a Seul (+ 0,86%) e il Taiex a Taiwan (+ 1,55%).
Bene anche l’Australia (sensex + 0,8%) e Mumbai (+ 0,7%).
Futures positivi in Europa (Eurostoxx + 0,17%), mentre negli USA stanno “virando” ora al rialzo.
Petrolio di nuovo nel mirino degli acquisti, con il WTI a $ 70,36 (+ 0,26%).
Gas naturale Usa $ 3,119 (+ 0,70%).
Oro nuovamente ad un passo dai $ 2.700 (2.996).
Spread in leggero rialzo (124 bp).
BTP 3,56%.
Bund 3,32%.
Treasury sempre in area 4,40% (4,41 questa mattina).
$ sempre più forte, a 1,0478 vso €.
Bitcoin a $ 99.920 (prezzo aggiornato).
Ps: il Senato, l’altro ieri, ha approvato una nuova legge sulla mototerapia. Cos’è la “mototerapia”: per qualcuno una “scienza” (?) in base alla quale l’utilizzo di una moto da parte di pazienti con malattie gravi può migliorare la loro situazione clinica e motivare verso la guarigione. Ovviamente, non c’è alcuna evidenza scientifica che confermi la sua efficacia e i suoi benefici. Ma tanto basta, al legislatore, per farne una legge dello Stato italiano. Ma allora anche il cubo di Rubik può fare del bene. O vogliamo parlare del fantacalcio. O, per chi non è così giovane, delle figurine Panini….ma la lista non finisce certo qui.