Dunque almeno una sorpresa sotto l’albero ci sarà.
Grazie all’accelerazione imposta da Francia e Germania è stato trovato l’accordo sul nuovo Patto di stabilità. Ovviamente, per la sua entrata in vigore sarà necessario attendere l’ok da parte del Parlamento Europeo, che dovrà approvare il nuovo testo prima del termine della legislatura (la prossima primavera), ma, vista l’unanimità di tutti i Paesi (requisito indispensabile per il via libera), difficile ci possano essere sorprese.
L’accordo riprende, in gran parte, il testo promosso dalla Spagna, Paese Presidente di turno della UE. Cinque i punti determinanti:
- Il risanamento dei conti pubblici (deficit e PIL) prevederà un primo periodo, compreso tra i 4 e i 7 anni, entro i quali gli Stati membri devono impegnarsi a realizzare dei piani di riforme e investimenti per promuovere la crescita;
- Durante questo periodo, in cui verranno stesi dei Piani nazionali, i Paesi si impegnano a ridurre il proprio debito: per chi si trova ad un livello superiore al 90% del rapporto debito/PIL, la riduzione dovrà essere pari all’1%, per chi si trovasse, invece, nel range 60-90% scenderà allo 0,5%;
- Il rapporto deficit/PIL rimane fissato, per il momento, al 3%, ma viene introdotto un margine di “salvaguardia”, determinato all’1,5%, a cui si dovrà tendere, con un aggiustamento annuo pari allo 0,4% del PIL, che potrà ridursi allo 0,25% in presenza di riforme strutturali;
- Fino a quando il deficit rimarrà sopra la soglia del 3% (come attualmente è per molti Paesi, vd Italia, Francia, Spagna, Polonia per citare i più grandi), la riduzione dovrà essere dello 0,5%;
- Per il triennio 2025-27, viene previsto un regime transitorio in cui è possibile limitare i Piani di aggiustamento, con qualche osservatore smaliziato che fa notare che proprio nel 2027, non a caso, scadrà il mandato di Emmanuel Macron.
Ancora presto dire che “tutto è bene quel che finisce bene”. Certamente, da un punto di vista politico, l’Europa porta a casa una vittoria che molti non davano per certa, soprattutto in tempi così rapidi, visto il “lascito” dell’ultimo vertice Ecofin. E anche sulla “strada del risanamento”, per i vari Paesi, l’accordo diventa una traccia da seguire piuttosto importante. Rimane da capire, però, cosa potrà succedere nelle situazioni più difficili, come quella che ci riguarda. Già si inizia a “far di conto” di quanto sarò il peso dei tagli a partire dalla prossima finanziaria: per quanto riguarda il deficit si ipotizzano circa € 10 MD di minori spese. Importo che sale a € 20 MD annui (l’1%) se parliamo, invece, di debito pubblico. Con una “autonomia”, con riferimento ai conti pubblici, da parte del Governo, ormai quasi nulla rispetto alla Commissione Europea.
Una decisione, quindi, quasi obbligata per il nostro Ministro dell’economia: opporre resistenza sarebbe equivalso ad una sorta di “harakiri”, isolando in maniera definitiva il nostro Paese ed esponendolo ad un “rischio mercato” che avrebbe potuto avere conseguenze piuttosto gravi. Di certo nella testa del nostro Ministro deve essere risuonato, non in maniera marginale, il tema del MES, l’altro “nervo scoperto” per la ns politica. Per il quale i tempi di non ritorno non sono così lontani e per il quale, quindi, saremo chiamati, finalmente, a dire la ns in maniera definitiva, dopo il “tormentone” che va avanti da anni.
Ieri sera i mercati americani hanno reagito in maniera piuttosto brusca alla pubblicazione di dati macroeconomici piuttosto positivi, con l’indice di fiducia dei consumatori ai massimi dal mese di luglio.
Il Dow Jones ha perso l’1,27%, mentre il Nasdaq ha limato dell’1,53%, e con lo S&P 500 a – 1,47%.
Questa mattina, come spesso succede, il listino giapponese è pronto ad adeguarsi alle chiusure americane, con il Nikkei che lascia sul terreno l’1,57%.
Non altrettanto fanno i mercati great China, con l’Hang Seng di Hong Kong che sale dello 0,15%, mentre Shanghai fa ancora meglio, a + 0,57%.
Futures ben impostati a New York, con rialzi tra lo 0,40 e lo 0,60%.
Faticano, invece, quelli europei, con l’Eurostoxx a – 0,48%.
Petrolio stabile, con il WTI che conferma i $ 74 (74.16).
Gas naturale Usa a $ 2,4360 (- 0,25%).
Oro a $ 2.048, sulla parità.
Spread a 161 bp, con il BTP al 3,58%.
Scende sotto la soglia psicologica del 2% il decennale tedesco (1,97%).
Treasury al 3,85%.
Non si muove l’€/$, a 1,095.
Bitcoin che, dopo che ieri aveva superato i $ 44.000, questa mattina si riporta a $ 43.770.
Ps: ogni anno aspettiamo Natale anche per ammirare le luci che rendono più splendenti le nostre strade e, quindi, le nostre città. Una caratteristica, peraltro, non solo italiana. Ci sono, ovviamente, città che brillano di più ed altre di meno. Quasi inaspettatamente, si apprende che Milano è quella che “brilla d più”. Infatti, a quanto è dato vedere dallo spazio, è l’area metropolitana europea con il maggior incremento (+ 70%) dell’illuminazione notturna. Almeno in questo periodo, quindi, i milanesi non potranno dire che fanno “un salto nel buio”…