Domenica, in Cina, si riunirà l’Assemblea Nazionale del Popolo per fissare l’obiettivo di crescita del 2023. La previsione di crescita dovrebbe aggirarsi in torno al 5%, se non al 5,5%, livello superiore al modesto 3% realizzato nel 2022.

La crescita cinese avrà indubbie conseguenze positive per l’economia mondiale.

Calcola infatti Goldman Sachs che l’effetto sul PIL europeo sarà pari allo 0,2%: percentuale in assoluto modesta, ma che assume particolare valore nel momento in cui è costante la discussione sul rischio o meno di recessione.

Circoscrivendo l’analisi ai listini europei, si scopre che, secondo un’altra delle più importanti Banche d’Affari al mondo (Morgan Stanley) l’8% dei ricavi delle aziende quotate arriva dalla Cina e circa il 20% dall’Asia più in generale. Si tenga conto che l’impatto dell’economia cinese su quella asiatica equivale a ben l’1,5%, con un effetto traino molto evidente. Il che rende quel 20% ancora più importante e potenzialmente rilevante.

Che l’economia cinese stia ripartendo ce dicono diversi indicatori.

Al di là dell’indice PMI a cui si faceva riferimento ieri, l’import di materie prime, misurato dal Baltic Dry index, ha fatto segnare il rialzo mese su mese più alto dal giugno 2020. Ma non è solo il consumo di acciaio, ferro e carbone ad aumentare. Anche il grano, dopo lo shock legato alla guerra ucraina, ha ripreso volumi che non si vedevano da tempo.

Peraltro, permangono ancora zone d’ombra. Una di queste è relativa all’export, gran parte del quale avviene via mare.

Nel 2021 il costo dei noli marittimi aveva raggiunto livelli record, a causa soprattutto dei colli di bottiglia sulle forniture, raggiungendo livelli quasi insostenibili ($ 20.000 per la spedizione di 1 container). Oggi siamo, invece, in una situazione opposta: con il prezzo sceso a $ 800, molte Compagnie marittime preferiscono tenere le navi ferme piuttosto che affrontare trasporti che potrebbero rivelarsi in perdita.

Sullo sfondo rimangono i rapporti con la Russia. E’ noto come la Cina sia tra i Paesi che non hanno prese le distanze da Mosca, aiutando non poco l’economia russa a non precipitare in una crisi ben più grave e, di fatto, contribuendo al quasi annullamento delle sanzioni. L’interscambio cinese con la Russia vale circa $ 190 MD (per fare un confronto, quello con gli Usa $ 690, quello con l’Eurozona $ 696 MD). Senza contare alti 2 elementi che potrebbe ulteriormente rafforzare i legami tra i 2 Paesi. In primis le forniture energetiche: dopo il blocco dell’export imposto dal blocco occidentale (l’Europa, nel 2021, aveva acquistato dalla Russia qualcosa come 154 MD di m3 di gas), oggi la Cina è il maggior importatore, peraltro con volumi pari ad 1/3 (circa 48 MD di m3), con l’obiettivo di arrivare a circa 88 MD di m3 entro il 2030.

E poi il tema valutario: oramai Mosca è quasi obbligata, per le sue transazioni, ad usare, oltre al rublo, lo yuan cinese. Non a caso società statali, come Rosneft, hanno promosso emissioni obbligazionarie denominate nella valuta cinese. E, sempre non a caso, oggi è rimasta l’unica valuta “amica” utilizzate nelle riserve della Banca Centrale russa, dopo il blocco dell’equivalente di $ 300 MD da parte della comunità internazionale.

Insomma, ancora una volta geo-politica ed economia viaggiano quasi a braccetto. Trattandosi della Cina un motivo in più per muoversi con cautela e non lasciarsi andare a facili entusiasmi.

Come hanno capito (così parrebbe) i mercati, che, nella giornata di ieri, hanno conosciuto 2 momenti: il primo, in mattinata, sulle notizie provenienti dal Far East, a seguito dei dati cinesi, con andamenti più che positivi. Il secondo, nel pomeriggio e nella serata, negativamente indirizzato dai dati sull’inflazione in Germania (che si è fermata all’8,7%) e dalle preoccupazioni di nuovi e più pesanti rialzi dei tassi.

Questa mattina indici asiatici intorno alla parità: a Tokyo il Nikkei è sostanzialmente piatto, mentre Shanghai arretra di un modesto 0,10%. Più marcata la debolezza di Hong Kong (reduce, peraltro, dal + 4,2% di ieri), dove l’Hang Seng fa segnare – 0,79%.

Futures al momento deboli (con ribassi comunque marginali) su tutte le piazze.

Poco mosse anche le materie prime.

Petrolio (WTI) a $ 77,60, – 0,24%.

Gas naturale Usa a $ 2,786, -0,89%.

Oro a $ 1.838 (- 0,5%).

In salita lo spread, che arriva a toccare i 187 bp.

Il nuovo rialzo del rendimento del bund tedesco (al 2,70%) porta il nostro BTP a toccare il 4,57%.

Nuovo picco anche per il treasury Usa, arrivato a superare la soglia psicologica del 4% (4,01).

ancora in recupero, con €/$ a 1,0636.

Bitcoin a $ 23.385, – 1%.

Ps: due dei più grandi interpreti e cantautori della musica italiana in questi giorni avrebbero compiuto 80 anni. Lucio Dalla e Lucio Battisti, infatti, sono nati a poche ore di distanza, il primo il 4 marzo 1943 (non a caso una delle sue canzoni più note), il secondo il 5 marzo. Loro si che hanno fatto la “storia” (e forse ad essere un po’ quello che siamo).

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Riproduzione riservata © 2023 - EFO

ultimo aggiornamento: 02-03-2023


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