Il comportamento dei mercati europei nella giornata di ieri ha rappresentato più di un segnale.
Tutto ruota, ovviamente, intorno alle elezioni francesi, con gli osservatori politici che, pur mettendo in risalto il poderoso salto in avanti di Marine Le Pen e del suo Rassemblement Nationale, con il modesto ma decisivo, per il momento, apporto di quel che rimane di Les Republicans dopo la “scissione” voluta dal suo presidente (espulso dal partito), evidenziano il fatto che il risultato è stato inferiore a quanto i sondaggi facevano prevedere, aprendo, quindi, “la porta” a più scenari possibili. Decisiva potrebbe essere la desistenza a cui stanno lavorando i partiti che si oppongono alla destra: il sistema elettorale francese prevede che al secondo turno si possano presentare i partiti che hanno raccolto più del 12,5% dei suffragi al 1° turno. Pertanto tendenzialmente 3 (in qualche circoscrizione 4): l’idea è quella che il partito terzo classificato in ogni circoscrizione (nella stragrande maggioranza al 1° posto troviamo il Rassemblement di destra)ritiri il proprio candidato, convogliando le preferenze sul secondo.
Gli investitori sono tornati, quindi, a scommettere su un quadro meno difficile rispetto ai giorni immediatamente successivi alla decisione di Macron di indire nuove elezioni.
Innanzitutto si allontana, e non di poco, la paura del “contagio” europeo. Sempre di più la turbolenza assume i caratteri di una “crisi locale”, senza l’allargamento agli altri Paesi della UE. Se ne è avuta evidenza ieri, con il rendimento del Bund tedesco tornato a salire. Segno che gli operatori hanno preferito tornare sui loro passi, rimettendo sul mercato i titoli più sicuri per eccellenza e tornando ad acquistare quelli che garantiscono rendimenti maggiori (l’opposto di quel che si definisce “fly to quality”, ulteriore conferma del ritorno al rischio). Va peraltro detto che i rendimenti dei bond governativi “periferici”, nella giornata di ieri, è comunque salito: l’innalzamento del rendimento del bund, infatti, ha più che annullato il restringimento degli spread.
Certamente l’incertezza, in Francia, rimane elevata.
Da una parte provoca un certo sollievo (dal punto di vista dei mercati) il fatto che quasi certamente non vedrà luce un governo di estrema sinistra, la cui politica economica molto “permissiva” costerebbe alla Francia in 3 anni qualcosa come € 160 MD, un “prezzo” che il Paese (e l’Europa) non può permettersi (per inciso, il programma di destra costerebbe, nello stesso periodo, € 14,5 MD, mentre quello di Ensemble, il partito del presidente Macron, avrebbe un saldo positivo di € 4 MD). Ricordiamo che la Francia, in questo periodo, è sotto la procedura di infrazione per deficit eccessivo, e che deve assolutamente ridurre il proprio disavanzo.
Non per questo, peraltro, si “dormono sonni tranquilli”, non fidandosi (i mercati) neanche di chi promette minori tasse (per esempio il taglio dell’IVA) in un momento in cui il deficit è al 5,5%.
Paradossalmente, infrangendo, sotto certi aspetti, la legge non scritta secondo cui è da preferire un esecutivo in grado di prendere decisioni e indirizzare le proprie scelte, in questo caso sembra cominciare a farsi largo che, tutto sommato, piuttosto che “lasciare il comando” a forze populiste, forse convieneuna certa paralisi dell’azione di governo, almeno in grado di preservare i conti. Una cosa quasi normale per noi italiani, abituati a governi tecnici, per non dire, come in voga qualche anno fa, “balneari” (l’esempio più “tragico-comico” di governi nominati solo per arrivare ad elezioni in momenti più favorevoli banalmente da un punto di vista climatico o meno vacanziero, fermo restando che il “controllo dei conti” non era certo la loro “mission”), ma che non rientra nella cultura politica francese (che, non per niente, non sanno cosa siano i governi “tecnici”, avendo sempre avuto governi a “matrice politica”).
Sta di fatto che anche per la Francia la strada si fa stretta, non potendo prescindere dall’Europa. Come l’Europa non può prescindere dalla Francia.
Probabile quindi, che, a meno di clamorose sorprese (la maggioranza assoluta per la Le Pen), anche Oltralpe si arrivi ad un compromesso (anche perché il sistema elettorale francese impedisce che vi siano nuove elezioni anticipate nei prossimi 12 mesi). A quel punto rimane da definire quale potrebbe essere il rapporto con la Presidenza Macron, il cui mandato scadrà nel 2027 (pensare a 3 anni di convivenza difficile non è la cosa migliore).
Facile prevedere che, da qui a venerdì, vedremo un’alternanza di cielo sereno e di nuvole, a seconda di quelli che saranno anche gli umori degli operatori: difficile che si possa assistere a prese di posizioni chiare ed evidente, mentre a prevalere dovrebbe essere l’attesa.
Dopo le chiusure positive in Europa, anche a Wall Street ieri sera hanno prevalso i segni +: il Nasdaq ha chiuso a + 80%, il Dow Jones a + 0,10% e lo S&P 500 a + 0,20%.
Più contrastati, questa mattina, gli indici asiatici: a primeggiare, ancora una volta, il Nikkei, che si appresta a chiudere a + 1,12%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng, che ha riaperto dopo la chiusura di ieri, viaggia intorno alla parità (ma ad un certo punto era ad oltre + 2%). Appena negativa Shanghai, a – 0,13%.
In prevalenza negativi gli altri indici asiatici, comunque con ribassi contenuti.
Futures in ribasso (– 0,20, – 0.35%) su tutte le piazze.
Ancora segnali di forza del petrolio, con il WTI che si porta a $ 83,56 (+ 0,11% questa mattina).
Segnali di debolezza, invece, per il gas naturale Usa, a $ 2,372 (- 0,40%).
Oro stabile a $ 2.340.
Spread a 150 bp, con il BTP al 4,09%, ai massimi da inizio anno.
Bund 2,60%.
Oat francesi al 3,33%, con spread a 74 bp.
Treasury al 4,44%.
Resiste l’€/$, a 1,0734.
Leggera flessione per il Bitcoin, a $ 62.774.
Ps: la tappa “torinese” del Tour de France è destinata a rimanere nella storia. Infatti, è stata la prima volta per un corridore di colore. A vincere è stato lo sprinter eritreo Biniam Girmay, non nuovo, peraltro, a situazioni del genere. Un paio di anni fa (2022) aveva trionfato (prima volta anche quella) in una tappa del Giro d’Italia. In quell’occasione aveva però festeggiato in maniera per lo meno maldestra: stappando, come di rito, una bottiglia di spumante (eravamo al Giro, probabile che ieri abbia stappato champagne), era stato colpito all’occhio dal tappo e fu costretto al ritiro. Probabile che ieri sia stato un po’ più cauto (o un po’ più abituato).