I “numeri” del 2023 sono noti: se guardiamo ai principali listini azionari, solo 2 sono quelli che hanno avuto un andamento negativo (ma di fatto 1, visto che parliamo di 2 mercati tra di loro strettamente connessi, non solo petr questioni geografiche): l’Hang Seng di Hong Kong, con – 13,8%, e lo Shanghai-Shenzhen CSI 300, con – 11,8%. Tutti gli altri hanno avuto andamenti positivi, a partire dal Nasdaq, che ha realizzato un + 44% (ma il più ristretto Nasdaq 100 è arrivato al + 54%, grazie al maggior apporto delle “7 sorelle”, le sette società – Apple, Amazon, Microsoft, Google-Alphabet, Tesla, Nvidia, Meta – che da sole valgono oltre il 50% del Nasdaq e che, sempre da sole, hanno avuto una performance superiore all’80%). Clamoroso, per non dire incredibile, poi, il caso del Merval di Buenos Aires: tutti conosciamo la grave crisi che sta attraversando l’Argentina, con un’inflazione che supera il 140% e il Paese nuovamente sull’orlo del default. Eppure, chi avesse investito su quell’indice avrebbe, in valuta locale, “portato a casa” il 347%. Evidentemente, non sempre le situazioni economiche sono semplici da decifrare…
Non meno bene, seppur con numeri evidentemente un po’ diversi, è andata per il comparto obbligazionario, grazie, soprattutto, al rally degli ultimi 2 mesi e mezzo: chi avesse avuto, a gennaio 2023, in portafoglio un nostro BTP decennale, a fine dicembre avrebbe realizzato una performance pari a circa il + 26%.
Risultati che, in buona parte, hanno fatto dimenticare l’anno “horribilis” 2022, quando, come ben sappiamo, ogni asset non aveva avuto scampo, sotto le “martellate” delle Banche Centrali. “Martellate” che, però, a quanto pare, un effetto positivo lo hanno avuto, con l’inflazione passata dal 10/11% dell’autunno scorso, al 2,4/2,7% attuale, con l’Italia addirittura allo 0,7%.
Ma tutto questo appartiene al passato.
Oggi ci si interroga su come sarà il nuovo anno che, con oggi, inizia le contrattazioni.
Ovviamente le previsioni si sprecano. Su una cosa tutti sembrano d’accordo, sul fatto, cioè, che i mercati abbiano giocato d’anticipo sui tagli della BCE e della FED. Le previsioni degli analisti si collocano su percentuali “bulgare” in merito alla possibilità che già a marzo le Banche Centrali diano il via ai ribassi: si va dal 70% in Europa a oltre l’87% negli Stati Uniti. Si ritiene che tra 12 mesi i tassi, dall’attuale 4% in Europa e dal 5.25/5,50% negli Usa, possano scendere di circa 1,5/2%, collocandosi quindi a livelli che renderanno più sostenibili il debito di imprese, famiglie e Stati (si calcola, per esempio, che ogni 1% di riduzione consenta un risparmio, per quanto riguarda il nostro Paese, di circa € 5 MD in termini di minori interessi sul debito). Il fatto che i mercati abbiano anticipato quel momento (la cosa non deve stupire: è normale che i mercati anticipino sempre le fasi economico-monetarie) non significa che non ci sia spazio per nuovi rialzi delle quotazioni dei titoli obbligazionari, con relativa riduzione dei rendimenti: si pensa, infatti, che i movimenti proseguiranno, ma ad un ritmo inferiore (il che va valutato positivamente: i ritmi di novembre e dicembre sarebbero, se continuassero, molto preoccupanti, e renderebbero quasi certo il “rischio bolla”).
Non da meno il mercato azionario, anche se, in questo caso, andrebbero fatti diversi distinguo, e per aree geografiche e per settore.
In merio alle prime, è probabile che i mercati “great China”, quelli che, come detto, hanno sofferto anche nel 2023, qualche segno di recupero lo diano: la Cina dovrebbe crescere del 5% e si pensa che i consumi, grandi assenti l’anno scorso, possano riprendere. A livello settoriale, si ritiene che settori come le utilities e la tecnologia, quelle più sensibili al calo dei tassi, visto l’alto indebitamento delle società che operano in quegli ambiti, dovrebbero continuare ad avere buone performances (non a casa si prevede che oltre 257 società, a livello mondiale, dovrebbe approdare in borsa, con un valore complessivo per circa $ 1.365 MD). Altri settori interessanti potrebbero risultare quello finanziario e industriale, mentre le banche, dopo la “sbornia” del 2023, dovrebbero ritornare “nei ranghi”.
Sullo sfondo rimangono, ovviamente, tanti punti, a cominciare dalla geo-politica, passando per le elezioni che coinvolgeranno circa il 50% della popolazione mondiale, la lotta all’inflazione, non ancora conclusa, alla transizione climatica, che, come sappiamo, oltre a comportare investimenti molto onerosi, costringe spesso a spese colossali, spesso impreviste, per porre rimedio ai disastri provocati dal clima.
Ma, al netto di tutto, il pensiero comune è che tra 12 mesi i valori dovrebbero essere superiori a quelli attuali.
Avvio a rilento per i mercati asiatici.
Chiuso il Nikkei di Tokyo per festività, Shanghai accusa un calo di circa lo 0,43%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng si trova a – 1,52%.
Positivi i futures americani, mentre le borse europee festeggiano il nuovo anno con buoni rialzi.
In risalita le quotazioni del petrolio, con il WTI a $ 72,99 (+ 1,77%).
In salute anche il gas naturale Usa, a $ 2,618 (+ 4%).
Oro $ 2.088 /+ 0,73%).
Spread a 165,8 bp, per un rendimento del BTP a 3,75%.
Bund a 2,08%.
Treasury a 3,93%.
€/$ a 1,102, con il $ in leggero recupero.
Infine, Bitcoin che inizia l’anno piuttosto “spumeggiante”, a $ 45.100, nuovo massimo da circa 21 mesi.
Ps: il copyright è fondamentale per assicurare alle aziende la “paternità” di un prodotto o di un servizio. Ma non è per sempre. Almeno negli Stati Uniti, dove, in base all’ordinamento attuale, può durare 95 anni. Ecco, quindi, che il primo Miky Mouse (Topolino), nato nel 1928, diventa disponibile per tutti. Attenzione però: solo quello protagonista del cortometraggio “Streamboat Willie”, non quello protagonista di tanti film che sono succeduti (che ha caratteristiche diverse, a partire dal colore: quello era in bianco e nero). Quindi il Topolino che tutti conosciamo continuerà ad essere un “asset” di Walt Disney.