Se il petrolio fosse l’unica fonte energetica utilizzata, ne servirebbero, a livello globale, almeno 15,6 MD di tonnellate, in costante aumento (+ 5 MD) negli ultimi 20 anni.
In realtà i consumi sono coperti da fonti energetiche alternative per circa il 25%, mentre il restante 75% è coperto da energia fossile, con il 28% rappresentato dal petrolio, il 25% dal carbone (forse il dato più sorprendente, vista la “crociata” anti-inquinamento condotta sino alla fase Covid: ma da allora il mondo è cambiato, anche sotto il profilo dell’approvvigionamento energetico, con la riapertura di molte miniere, come testimonia la vicina Germania), mentre il gas raggiunge il 22%. Rimane marginale, quindi, la produzione di energia green (eolico, fotovoltaico), per quanto negli ultimi anni si assista a ritmi di crescita significativi.
A “farla da padrone”, in tutta evidenza, è sempre il petrolio.
Ormai sono molti quelli che prevedono che le quotazioni possano arrivare a circa $ 100 (Brent): ieri ha superato i $ 95, con un aumento del 30% negli ultimi 3 mesi, mentre il WTI americano si è portato a circa $ 92.
La causa va ricercata nella decisione dell’Arabia Saudita (affiancata, in realtà, dalla Russia, nonostante quest’ultima, come noto, sia “sotto sanzioni”). Il contingentamento della produzione (circa 3 milioni di barili-giorno) ha, a quanto pare, “centrato” l’obiettivo, facendo lievitare il prezzo dei carburanti (ormai da noi ovunque sopra i 2€ al lt).
Le conseguenze sono facilmente immaginabili: in un momento in cui si sta arrivando “all’ultimo miglio” nella battaglia contro l’inflazione, il rialzo dei prezzi rischio di “fare piuttosto male”, rendendo meno efficaci le misure adottate dalle Banche Centrali negli ultimi 18 mesi. Situazione appena edulcorata per il fatto che il mondo sta attraversando una fase di moderata crescita che limita i consumi.
Di questo passo, come dimostra quanto succede negli USA, con i prezzi ad agosto cresciuti del 3,7% verso il 3,2% di luglio, è facile prevedere che anche in Europa, in settembre, assisteremo ad una recrudescenza dei prezzi, che, almeno per l’inflazione “standard”, probabilmente saranno superiori a quello di agosto, mentre per quelli “core” il trend dovrebbe continuare.
Per l’Italia parlare, pertanto, di “autunno caldo” diventa sempre più attualità.
A preoccupare non è soltanto il “caro vita”, ma anche la situazione finanziaria, con i prossimi mesi che si preannunciano impegnativi.
Lo spread, forse “l’indicatore” per eccellenza, si è portato oramai a 180 bp ed è “visto” da molte Banche d’affari (Morgan Stanley, Goldman Sachs, Citi Group) oltre i 200 bp entro l’anno, a confermare una situazione non semplice per il nostro Paese, alle prese con la manovra finanziaria, ma chiamato ad affrontare anche altri temi cruciali, dai migranti, forse l’emergenza più grave, visti anche i risvolti umanitari e sociali, all’attuazione del PNRR.
Per quanto riguarda la nuova Legge di bilancio forse un “aiuto” arriverà dal ricalcolo del PIL del 2021. Pare. Infatti, che l’Istat possa rivedere al rialzo il risultato del 2021; se così fosse, si ridurrebbe il deficit, permettendo di “liberare” un “tesoretto” di circa € 3MD, opportunità che senza dubbio l’esecutivo non si farà scappare.
L’accelerazione del prezzo del petrolio sta condizionando, in questa fase, l’andamento dei mercati, preoccupati per le ricadute che potrebbe avere sull’economia.
Ieri sera Wall Street ha chiuso intorno alla parità, mentre questa mattina i mercati asiatici continuano nella loro fase di “svogliatezza”.
Ha riaperto, a Tokyo, il Nikkei, che, dopo il giorno di chiusura di ieri, perde circa lo 0,90%.
Appena sotto la parità (– 0,030) Shanghai e, a Hong Kong, l’Hang Seng.
Da segnalare le nuove difficoltà per Evergrande, le cui quotazioni sono crollare del 25% dopo l’arresto del responsabile della divisione Wealth Management del gruppo.
Deboli anche le altre borse dell’Area, tutte in calo di circa 3 decimali.
Orientamento negativo per i futures.
Come detto, non si ferma il prezzo del petrolio, con il WTI vicino ai $ 92.
Gas naturale Usa a $ 2,729.
Oro a $ 1.934, in leggerissimo calo (– 0,13%).
Spread a 179 bp, con il rendimento del BTP ormai al 4,50%.
Bund tedesco al 2,70%.
In aumento anche il Treasury, al 4,30%.
Inverte la rotta il $, con l’€ in leggero recupero: €/$ a 1,0683.
Bitcoin che prova a rialzare la testa, con le quotazioni che si avvicinano a $ 27.000 (26.804).
Ps: pare che John Lennon amasse gli orologi. Non a caso, la moglie Yoko Ono, per i suoi 40 anni, gli regalò nel 1980 un Patek Philippe costruito in soli 349 esemplari. L’orologio, negli anni, in considerazione anche della morte dell’ex Beatles, è passato di mano in mano, con il valore che negli anni è andato crescendo. Pare che nel 2022 un modello simile sia stato “battuto” in un’asta da Sotheby’s per circa $ 7,7 ML. Ma per gli estimatori potrebbe valere molto di più. Più o meno $ 17,8 ML. Che poi è il prezzo a cui, nel 2017, venne battuto, sempre in un’asta, il Rolex Daytona detenuto da Paul Newman.