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L’Unione Europea, a distanza di 22 anni dalla sua nascita (l’è diventato la valuta di riferimento il 1 gennaio 2002), comprende oggi oltre 20 Paesi, con una popolazione pari a circa 450 ML di abitanti, un numero ben superiore a quella che è la prima economia al mondo (gli Usa, infatti, si fermano a 330 ML di persone).

In questi 22 anni, la UE ha, di fatto, confermato una cosa: che una confederazione che si basa pressochè esclusivamente sull’utilizzo di una moneta unica non potrà mai essere un’unica entità. Certo qualche progresso è stato fatto (vedi il piano Next Generation EU-PNRR), ma tantissima è la strada da fare: dalla politica fiscale a quella economica, dalla difesa alla lotta per il clima (forse quello su cui maggiormente qualcosa comincia a muoversi).

L’elenco potrebbe essere molto più lungo. Ma potrebbe sintetizzarsi in un’unica locuzione: debito comune. Sino a quando, cioè, non si arriva ad accettare il fatto che altri Paesi possono (devono) compartecipare alle “spese comuni”, parlare di “condivisione” rimane pura filosofia. In altre parole, significa che i singoli Paesi devono rinunciare alla loro “sovranità”: questo il vero scoglio da superare.

In realtà, almeno per quel che riguarda la politica economica, in buona parte, per quanto il “parlamento sia sovrano”, già oggi la stessa è demandata alla Commissione Europea, a cui i singoli governi devono trasmettere, per l’approvazione, le rispettive Leggi di bilancio. Commissione che, come noto, ha la facoltà di “rimandare al mittente” il documento, richiedendone la revisione laddove non rispondesse ai requisiti richiesti.

In un interessante articolo apparso ieri su Il Corriere della sera, Francesco Giavazzi (già consigliere economico di Mario Draghi durante il suo mandato di Capo di Governo) tocca, appunto, l’argomento del debito comune, prendendo spunto da 2 temi particolarmente “sensibili”, quali la difesa e la transizione ecologica. Lo fa partendo da una semplice constatazione: oggi l’80% degli appalti pubblici e il 90% della ricerca e delle tecnologie del settore della difesa sono gestiti a livelli nazionale.

La prima conseguenza è una duplicazione dei costi, senza alcun beneficio comune. Nel 2021 era stato creato un Fondo europeo per la difesa, della durata di 6 anni, con una dotazione complessiva di € 8 MD: il Pentagono, tanto per fare un raffronto, dispone di un bilancio annuo non inferiore a $ 700 MD (ma quest’anno ha superato gli 800, arrivando a circa $ 843 MD). Eppure, citando una ricerca di Eurobarometro, il 77% dei cittadini europei è favorevole ad una politica di difesa comune. L’80% pensa che andrebbe rafforzata la cooperazione in materia di difesa a livello UE. Oltre il 77% ritiene che l’acquisto di attrezzature militari andrebbe coordinato. E ancora, il 69% auspica che l’UE rafforzi la sua capacità di produrre materiale militare, e il 66% vorrebbe che fossero destinati più fondi per la difesa nella UE.

Analogamente, la transizione ecologica, l’altro grande tema di attualità, richiede forse investimenti ancora maggiori, che nessun Paese è in grado di finanziare in autonomia. Con il risultato che, giorno dopo giorno, prendiamo atto di mutazioni climatiche sempre più evidenti (ieri in molte località di mare si faceva il bagno….), che richiederanno investimenti sempre più grandi, con il rischio di aver superato la soglia del “non ritorno”.

Tra circa 3 mesi si voterà per l’Europa: quale occasione migliore, quindi, per confermare in quale direzione si vuole andare. Ma, senza arrivare allo spoglio delle schede elettorali, sarà sufficiente capire sin dove arriverà l’assenteismo per capirlo.

Riapre oggi, dopo la lunga chiusura per il Capodanno lunare, la borsa di Shanghai: e lo fa con un rialzo di oltre 1 punto e mezzo.

Cede invece lo 0,90% l’Hang Seng a Hong Kong, dopo 3 sedute al rialzo.

Sulla parità, a Tokyo, il Nikkei.

In rialzo Seul (circa + 1%).

Oggi il mercato americano rimarrà chiuso per festività.

Futures positivi in Europa e negli Usa (nonostante la chiusura di Wall Street sono trattati).

Apertura il ribasso per il petrolio, con il WTI che tratta a $ 77,95 (- 0,76%).

In forte ribasso il gas naturale Usa, a $ 1,563 (- 3,11%).

Oro a $ 2.034 (+ 0,42%).

Spread in deciso ribasso, a 146,8 bp, livello che non vedeva da circa 24 mesi.

BTP al 3,88%.

Bund al 2,40%.

Treasury Usa 4.28%.

In leggero rafforzamento l’€, con €/$ a 1,0789.

Riprenda la sua corsa il bitcoin, che questa mattina troviamo a $ 52.455.

Ps: fino a circa 500 anni fa si pensava che fosse il sole a girare intorno alla terra e agli altri pianeti. Poi arrivò Niccolò Copernico (nato proprio il 19 febbraio 1473) a dire (De revolutionibus orbium coelestium) che “forse” le cose non stavano proprio così. Studi che dovevano essere circostanziati in modo davvero scientifico per non farlo ritenere un eretico, con le conseguenze del caso…

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ultimo aggiornamento: 19-02-2024


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