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Direttore: Alessandro Plateroti

Previsioni economiche del 18 dicembre: iniziano le vacanze.

Bandiera americana

Con oggi, si può dire che, almeno per quel che riguarda le politiche monetarie, “si va in vacanza”.

Infatti, dopo la BCE la settimana scorsa, oggi sarà Powell ad augurare, si spera, “buon Natale”: le attese sono per un taglio (il 3°, dopo lo 0,50% che, a settembre, ha inaugurato il “nuovo corso” della Banca Centrale Usa, e lo 0,25% di ottobre) dello 0,25%, che farà “atterrare” i tassi americani nella forchetta 4,25%-4,50%.

Da qui in avanti il percorso potrebbe farsi se non più accidentato almeno non così chiaro e sicuro.

Diversi sono i motivi che portano molti osservatori a ritenere che il prossimo 29 gennaio, giorno in cui il Comitato Direttivo FED tornerà a riunirsi, la decisione potrebbe essere una “non decisione”, che lascerebbe le cose invariate.

In primo luogo, il 20 gennaio avverrà l’insediamento di Trump a “Commander in chief”: troppo breve “l’intervallo” tra le 2 date. Qualsiasi decisione potrebbe assumere, quindi, una valenza “politica” (partiamo dal presupposto che qualsiasi evento ha una natura “politica”, lasciando spazio a interpretazioni varie): quindi è presumibile che Powell preferisca, in quella fase, il “silenzio”.

Soprattutto, però, a rendere meno “disegnato” il cammino saranno le scelte che il nuovo Presidente Usa deciderà di assumere in termini di politica economica. A tenere banco, come noto, i dazi: la loro imposizione o meno, al di là delle contrapposizioni politiche che potrebbero nascere, determinerà, in un modo o nell’altro, rapporti di forza e andamento dell’economia nei Paesi coinvolti. Si tratterà di capire, come più volte ricordato, se è tutto un “bluff” da parte del tycoon, al fine di “ammorbidire” i “concorrenti” ovvero ritenga veramente che la loro applicazione sia in grado di dare ulteriore forza all’economia americana (forse più corretto sarebbe dire che in questo modo intende indebolire gli altri: ne consegue che, se l’economia Usa mantenesse la stessa traiettoria, ne uscirebbe rafforzata, e non di poco: già così, le previsioni parlano di una crescita Usa, nel 2025, tra il 2 e il 2,5%, mentre quella europea stenterà a superare l’1%. Si calcola che i dazi potrebbero causare una riduzione, in Europa, intorno all’1,5/1.6% su base annua. I conti sono presto fatti: l’Europa, che qualche “problemino” lo ha già, si ritroverebbe una recessione che complicherebbe ulteriormente le cose).

Peraltro, alcune scuole di pensiero (l’economia e la finanza sono “territori” molti opinabili) pensano che, con i dazi, anche l’economia USA non ne gioverebbe, con una riduzione dei consumi (secondo diverse stime, ogni famiglia USA si ritroverebbe un “maggior costo” quantificabile in $ 2.500 all’’anno) che porterebbe ad una diminuzione dell’occupazione, uno dei “must” di ogni amministrazione.

Secondo diverse Banche d’Affari e società di asset management (Goldman Sachs, Columbia Threadneedle, T. Rowe Price) l’anno che verrà potrebbe portare solo 3 tagli (marzo, giugno, settembre) con i tassi che dovrebbero posizionarsi tra il 3,50% e il 3,75%, un po’ sopra, quindi, alle previsioni che parlavano di un 3/3,25%.

Certamente l’atteggiamento molto “espansivo” che il nuovo corso della Casa Bianca promette di attuare per “sostenere” l’economia (riduzione della tassazione per le imprese che producono sul territorio americano, aumento del debito pubblico, dazi) potrebbe produrre effettivi positivi anche sui mercati finanziari. Motivo per cui non sono pochi coloro che si “sbilanciano”, prevedendo un 2025 ancora una volta positivo per le piazze americane, per quanto quotino a “multipli” molto più elevati rispetto ai “competitors” europei (p/e medio 22 per lo S&P, meno della metà quello dell’Eurostoxx 600, con alcuni listini, come il nostro, che “quotano” tra il 6 e l’8). Ma la “crescita”, e quindi gli utili, stanno “dall’altra parte dell’oceano”, per cui, per quanto quel mercato sia ritenuto “caro”, ha ancora spazi per crescere.

Peraltro, il concetto di “caro” assume, ancora una volta, il carattere della relatività. La domanda è semplice (o forse per niente semplice): conviene investire in un mercato ritenuto caro ma in grado, molto probabilmente, di esprimere ulteriore forza e, quindi, dare “valore” o in un altro ritenuto molto meno caro, ma su cui le “ombre” incombono minacciose, e i risultati sono un punto di domanda o appesi ad un filo…?

Da qui ai primi giorni dell’anno cercheremo di scoprirlo.

Chiusure incerte ieri sera a Wall Street: Dow Jones – 0,61%, Nasdaq – 0,43%, S&P 500 – 0,39%.

La giornata asiatica (Pacifico) che sta per chiudersi vede il Nikkei di Tokyo arretrare dello 0,54%. Fa scalpore la notizia che Honda Motor e Nissan Motor, 2 tra le maggiori aziende mondiali dell’automotive, pare abbiano iniziato a parlare di una fusione (in cui potrebbe avere un ruolo anche la Mitsubishi): il titolo Nissan ha avuto, nell’intra-day, un picco del + 24%, il più alto mai registrato

Di contro Shanghai sale dello 0,51%, mentre A Hong Kong l’Hang Seng fa segnare + 0,82%.

Kospi Seul + 1,31%-

Taiex Taiwan + 0,65%.

Futures appena positivi a New York, sulla parità quelli europei.

Petrolio in leggera contrazione (WTI $ 69,80, – 0,80%).

Gas naturale Usa nuovamente in rialzo ($ 3,377, + 4,88%).

Oro $ 2.661, – 0,40%.

Spread 115 bp.

BTp sempre al 3,39%.

Bund 2,24%

Treasury Usa al 4,38% nei primi scambi asiatici.

€/$ poco mosso (1,0509) in attesa della FED.

Bitcoin “ben saldo” a $ 106.865.

Ps: corsa contro il tempo, in Parlamento, per l’approvazione della Legge di Bilancio. “Farci stare” dentro tutto appare un compito quanto mai arduo. Un po’ di tagli di qua, qualche aumento di là, qualche artificio contabile e l’obiettivo comunque dovrebbe essere raggiunto. Quello che continua a crescere è l’investimento (meglio sarebbe dire “gli accantonamenti”) per la costruzione del Ponte sullo Stretto. Con l’aggiunta di ieri (circa € 1,5 MD), oramai siamo a circa € 12 MD. Quasi una mezza manovra di bilancio. La domanda è: va bene che il Ponte “farebbe girare l’economia” (vorrei ben vedere: 12 MD non è roba di tutti i giorni) e darebbe lustro al “sistema Italia”, ma forse non sarebbe meglio, prima, sistemare il sistema autostradale e, magari, “far arrivare i treni in orario”…?

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ultimo aggiornamento: 18 Dicembre 2024 8:11

Previsioni economiche del 17 dicembre: Houston, abbiamo un problema.