Probabilmente, mancando neanche 2 settimane al voto, non ci cono i “tempi tecnici” perché la “vicenda” francese assuma i termini di una telenovela.
Ha tutte le sembianze, invece, per diventare uno “psicodramma”, coinvolgendo buona parte dell’Europa (UE).
Nei poco più di 10 giorni che ci separano dal 1° turno del 30 giugno sarà un susseguirsi di ipotesi, di numeri, di alleanze, di strategie, con i mercati che “tenderanno le orecchie” per capire quale potrebbe essere lo scenario che ci attende il 1 luglio e, ancor di più, il lunedì successivo.
Indubbiamente il clamore della vittoria della “destra-destra” francese potrebbe essere un buon alleato per Macron, che, va detto, non è particolarmente amato dai suoi connazionali (e, verrebbe da dire, guardando al G7 che si è concluso sabato a Borgo Egnazia, anche da qualche altro leader politico – vd la nostra Presidente del Consiglio), con un livello di apprezzamento tra i più bassi che si ricordino (24%) e il suo partito in forte ribasso nei sondaggi.
Nell’ultima settimana, il listino parigino ha perso il 6,23%, seguito, a poca distanza, dal nostro MIB (- 5,76%: ancora una volta rimaniamo il Paese con il maggior rischio “contagio”, in considerazione del nostro elevato debito pubblico, che, in caso di shock, anche se, come in questo caso, “estranei” alle nostri vicende politiche, provoca comunque forti preoccupazioni tra i detentori dei nostri titoli) a causa del “rischio politico” scatenato dalla decisione del Presidente francese di eleggere un nuovo Parlamento.
Peraltro, secondo Amundi, la maggior società di gestione del risparmio francese, nonché d’Europa, e 8° al mondo, la reazione avuta dai mercati e le preoccupazioni per quanto potrebbe accadere sono esagerate. A parere del team di analisti e gestori la stabilità dell’€ non è a rischio né dovrebbero essere conseguenze sui mercati europei.
A parere della Società di gestione si tratta, quindi, di una volatilità temporanea, per diverse ragioni.
In prima battuta, quelle francesi vengono considerate istituzioni “forti”, con una tenuta elevata.
In secondo luogo, Macron ha già affermato che, qualunque possa essere l’esito elettorale, non lascerà, rimanendo in carica sino alla scadenza naturale del 2027. Peraltro, la stessa Le Pen, forse nel tentativo di tranquillizzare le istituzioni europee e i mercati, si è affrettata, proprio ieri, a dichiarare che non ne chiederà le dimissioni. Va detto che il particolare sistema francese consente al Presidente della Repubblica di mantenere in suo capo tutto ciò che riguarda la politica estera, ivi comprese le relazioni europee, e la difesa.
Secondo Amundi, poi, le elezioni arrivano in un momento in cui l’economia europea è in una fase di ripresa e si è lasciata alle spalle forse il momento più difficile.
Allargando un po’ lo sguardo all’Europa non sono pochi coloro che evidenziano il fatto che in molti casi le varie forze di destra spesso abbiano punti di vista e approcci diversi su parecchi temi.
Per esempio, in termini di disciplina di bilancio, si può osservare come quelle dei Paesi nordici siano molto rigorose, improntate al rispetto dei parametri europei, mentre quelle dei Paesi del sud Europa spingano per un allentamento dei conti. Stessa cosa sulla guerra, con visioni non sempre concordi su quale sia l’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia. E anche laddove, come sui temi migratori e le politiche green si troveranno ad avere le “mani legate”, in quanto la legislazione già varata (a livello europeo) non potrà essere modificata.
Quindi “tanto rumore per nulla”? Presto per dirlo. Ma, indubbiamente, il tempo potrebbe giocare a favore della “razionalità”, costringendo in un angolo l’emotività, padrona incontrastata dell’ultima settimana,
A ben pensarci, quello che normalmente avviene: la prima reazione, in un senso o nell’altro, è sempre dettata dalle reazioni a caldo, paura o entusiasmo che siano.
Poi, più o meno lentamente, anche in considerazione della portata degli eventi, subentrano riflessioni più “pacate”, dettate dalla “realtà” delle cose e dai “pesi e contrappesi” di democrazie “costruite” per assorbire anche gli urti più violenti. Mentre, parlando di mercati, ormai a prevalere è la consapevolezza che, laddove si verificassero casi di “inadeguatezza” delle scelte politiche alla realtà, gli “anticorpi” sarebbero in grado di sconfiggere la “malattia” (vd quanto successo, non più tardi di un paio di anni fa, in Gran Bretagna a Liz Truss, il Premier con il mandato più breve della storia britannica – appena 45 giorni – travolta dalle critiche per l’assoluta incapacità di affrontare le tematiche economiche, che portò nel giro di pochi giorni la sterlina a sprofondare e lo spread sui gilt a livelli pericolosissimi).
Apertura della settimana in profondo rosso per il Nikkei giapponese, in calo, a pochi minuti dalla chiusura, di quasi il 2% (- 1,90%), peggior seduta degli ultimi 3 mesi.
In tiepido rialzo, a Hong Kong, l’Hang Seng (+ 0,17%), mentre segnali di debolezza giungono dalla Cina (Shanghai – 0,54%), dove da una parte si assiste ad una situazione manufatturiera non particolarmente brillante, mentre dall’altra qualche indicazione positiva sembra arrivare dai consumi, in leggera crescita rispetto al mese scorso (vendite al dettaglia + 3,7% verso attese del + 3%).
Oggi sono chiusi i mercati indiani.
Petrolio in leggero calo nelle prime contrattazioni di giornata, con il WTI a $ 78,51 (- 0,51%).
Più deciso il calo del gas naturale Usa, a $ 2,804 (- 2,67%).
Oro a 2.331 (- 0,75%).
I futures fanno pensare ad una giornata se non di recuperi almeno di “tenuta” da parte dei mercati europei, con rialzi intorno a 0,30-0,50%.
Più cauti i mercati USA, attualmente intorno alla parità.
Spread sempre sui massimi di periodo, ben sopra i 150 bp (156 l’apertura).
BTP appena sotto il 4%.
Forte discesa del rendimento del Bund, che venerdì è passato da 2,56% a 2,35%, conseguenza del ritorno alla “caccia” del bene rifugio.
Di contro, lo spread con l’OAT francese ha toccato i 76 bp, massimo dal 2017.
Treasury al 4,24%.
€/$ sotto 1,070 (1,0697).
Bitcoin che ritraccia a $ 66.265, in leggero calo anche questa mattina.
Ps: la Hyundai ha deciso di quotare la sua controllata indiana (Hyundai Motor India) alla borsa di Mumbai. L’obiettivo è quotare il 17,5% della società indiana, raccogliendo tea $ 2.5 e 3,0 MD, valorizzando in questo modo la società circa $ 30 MD, valore lontano circa 18 MD da quello della casa madre coreana ($ 48 MD). Oggi il gruppo coreano è al 2° posto in India, dietro Maruti Suzuki, ma davanti alle case indiane, come Tata Motors. La motivazione della scelta è piuttosto semplice: oggi il mercato indiano è considerato il 3° al mondo (dopo Cina e Usa). E l’andamento della borsa indiana, tra il 2019 e il 2023, è più che raddoppiato, arrivando ad essere il 4° mercato mondiale. Un elemento decisivo per la creazione di “valore” della controllata indiana.