“Al netto” delle (prevedibili) polemiche politiche, ieri la manovra finanziaria (Documento programmatico di bilancio) ha preso forma, giusto in tempo per essere inviata, nei tempi previsti, a Bruxelles. Il che non significa che non potrà subire dei cambiamenti sull’onda dei tanti (come normalmente succede) emendamenti che saranno presentati nel corso della discussione parlamentare che inizierà nelle prossime settimane.
Ha sorpreso il suo innalzamento a € 30 MD (le previsioni erano orientate a 24-25 MD): va detto, peraltro, che per il 2026 si prevede possa salire a € 35 MD, per poi passare a 40 MD nel 2027 (complice il venir meno, allo stato attuale, del PNRR, indispensabile in questi anni per assicurare un minimo di crescita – il rimbalzo “post-Covid” va considerato un fattore “straordinario non ripetibile”). Probabilmente, quindi, si è voluto “evitare” un “gradone” (anziché un “gradino”) difficile da far digerire tra 1 anno.
Nella sua struttura ha mantenuto, in linea di massima, quelle che erano le attese: vengono confermati gli sconti Irpef e le agevolazioni fiscali per i redditi sino a € 35k, come pure le detrazioni al 50% per la 1° casa (dopo che era girata l’ipotesi di una riduzione al 36%). Deduzioni al 120% per 3 anni per le aziende che assumono (non diminuendo il personale). Cambia forma il prelievo sugli utili delle banche: non si parla di extragettito bensì di anticipo di cassa che si basa sul rinvio di deduzioni su svalutazioni di crediti, per il quale si ipotizza un gettito, in 2 anni, di € 3,5 MD (1,75 MD per anno). In ultimo, i tagli (spending review) ministeriali varranno altri € 3 MD.
In questo modo, nell’arco dei prossimi 5 anni il deficit dovrebbe scendere ad un ben più sopportabile 1,8%, 4 volte meno il pesantissimo 7,2% dell’anno scorso, contenendo l’avanzo primario (al netto, cioè, degli interessi sul debito) di € 80 MD da qui al 2029: un risultato che, se fosse raggiunto, sarebbe di assoluto valore. Ma abbiamo imparato che spesso i programmi (qualsiasi essi siano) sono fatti per essere smentiti.
Certamente un aiuto, fermo restando che quello principale dobbiamo darcelo noi (non può non venire in mente un passaggio dei Promessi sposi, allor quando Don Abbondio, parlando con il Cardinale Borromeo, si lascia andare alla celebre frase “il coraggio se uno non ce l’ha mica se lo può dare”…), può arrivare dal contesto monetario che stiamo attraversando (in realtà una “traversata” appena iniziata, dove le incognite rimangono molteplici).
Domani la BCE, infatti, potrebbe ridurre di un altro 0,25% il costo del denaro, portandolo al 3,25%: sarebbe il terzo provvedimento dal giugno scorso, il secondo consecutivo dopo quello di settembre. Questo è quello che, almeno, pensano i mercati, che “incorporano” già nei prezzi delle obbligazioni (soprattutto quelle con scadenze più brevi) la discesa. Un ulteriore passo verso la “normalizzazione”, con un “atterraggio” del tasso nominale, alla fine dell’anno prossimo, al 2%, se non addirittura all’1,75% (definito anche tasso di indifferenza in quanto, tenendo conto dell’inflazione, prevista, in Europa, su quelle percentuali, significherebbe tassi reali intorno allo zero).
A fornire ulteriori motivazioni ai policy maker di Francoforte che questa sia la strada giusta sono alcuni numeri pervenuti ieri: l’indice Zew, che sta ad indicare la fiducia degli investitori tedeschi, sembrerebbe in miglioramento, mentre, con riferimento all’area euro, l’attività manufatturiera, ad agosto, dopo 18 mesi di ininterrotta discesa, è tornata a crescere. Nulla di trascendentale, ma quanto basta per ridare speranza che il “buio”, se non è finito, almeno stia per finire, con la Germania che potrebbe, dopo 2 anni di recessione (ormai è certo che anche quest’anno si concluderà per Berlino con davanti un segno meno), rialzare la testa (e con lei, evidentemente, l’Europa).
I più ottimisti si spingono sino a prevedere un biennio (25-26) più che positivo per l’economia europea, contraddistinta da buona crescita, mantenimento di buoni livelli occupazionali, tassi in calo, reddito in crescita, favorendo pertanto la ripresa dei consumi, livelli salariali in aumento, ma comunque in maniera contenuta, evitando, quindi, di generare spinte inflattive.
Tutti buoni motivi che potrebbero spingere la BCE a non fermarsi qui, e procedere, entro al fine dell’anno, ad un’ulteriore” sforbiciata”.
Un po’ diverso, in questo momento, potrebbe essere l’atteggiamento della FED, “schiacciata” com’è dal “peso” delle ormai vicinissime elezioni Presidenziali: meglio evitare, per Powell, decisioni che potrebbero assumere un “peso politico” molto forte, che lo accosterebbero, nel caso di un eventuale taglio, alla parte democratica, scatenando le ire di Donald Trump (che pure lo aveva insediato all’epoca della sua reggenza alla Casa Bianca).
Ma superata la “scadenza tecnica” è certo che anche dalle parti di Washington il cammino verso il ridimensionamento del costo del denaro riprenderà (non a caso si prevedono anche là non meno di 5 tagli).
Dopo la “sfilza” di record degli ultimi giorni, ieri i mercati americani hanno “rifiatato”.
A Wall Street il Dow Jones ha ritracciato dello 0,75%. Più evidente il calo del Nasdaq (- 1,37%), mentre lo S&P 500 si è fermato a – 0,76%.
Questa mattina a Tokyo il Nikkei, molto vicino, al di là della distanza geografica, a Wall Street, “lima” dell’1,6%.
Dopo un avvio piuttosto positivo, gli indici cinesi tornano sui loro passi: a Hong Kong l’Hang Seng si è adagiato intorno alla parità, mentre Shanghai è passata in territorio negativo (– 0,36% in questi minuti).
Negative anche le altre piazze del Pacifico: Kospi Seul – 0,73%, Taiex di Taiwan, più sensibile al settore tech, – 1,21%.
In ripresa, questa mattina, i futures USA, mentre quelli europei si stanno riallineando alle chiusure di ieri, e quindi sono, al momento, leggermente negativi.
Ieri altra giornata “no” per il petrolio, con le quotazioni WTI scese in area $ 70 (questa mattina 70,83, + 0,26%).
Gas naturale Usa $ 2,485 (- 0,68%).
Oro con “vista” sui $ 2.700: siamo a 2.691, + 0,39%.
Spread in ribasso, sulle attese delle decisioni BCE e, probabilmente, anche alla luce della presentazione della Legge di bilancio: questa mattina fa segnare 124 bp, minimo dallo scorso marzo.
Rendimento BTP al 3,46%.
Bund al 2,22%.
Treasury ancora sopra il 4% (4,034%).
$ sempre in ottima salute, a 1,0881 vs €.
Se il bitcoin è un “termometro” dei mercati, la sua salita a $ 67.455 fa pensare che oggi la giornata potrebbe essere “gradevole”.
Ps: succede che un apicultore (Marco Borella) espone, in un mercato, sotto il banco su cui espone i suoi prodotti, un cartello con la scritta “Stop bombing Gaza – stop genocide”. Succede che, dopo pochi minuti, arrivino i carabinieri, invitandolo a togliere il cartello (pare siano stati chiamati da qualcuno che si è sentito offeso (?) dalla scritta). E succede che l’apicultore si rifiuta, in nome della libertà di espressione. A sua volta, succede che i carabinieri, in nome di non si sa bene quale norma, gli contestano una sanzione di € 430. il tutto succede a Desio. Brianza. Italia. Mica a Kabul.