Nella prima settima di conflitto, i mercati finanziari non hanno dato segni di particolare nervosismo. Vero che venerdì è stata una giornata piuttosto negativa, ma la cosa è dipesa non tanto dal fatto che le tensioni si siano amplificate, quanto piuttosto perché gli investitori, in previsione del week-end, hanno preferito alleggerire le posizioni, non esponendosi al rischio di eventi imprevisti e gravi.A prevalere, sino ad ora, è stata la convinzione che il conflitto non subisca un allargamento regionale che coinvolga altri Paesi arabi, anche se da qualche parte arriva il timore di un possibile attacco di Israele mirato a distruggere alcune centrali dell’Iran, Paese “amico” di Hamas, oltre che verso il confine libanese, da dove sono partiti, in questi giorni, da parte degli Hezbollah, diversi missili rivolti verso Gerusalemme.
Di certa, ad oggi, c’è una cosa: che il Segretario di Stato Usa, Blinken, è ancora nell’area, alle prese con un incessante “forcing” diplomatico che porti i contendenti a “controllare” i propri stati d’animo e, quindi, le proprie azioni.
Forse anche questo Israele sta ritardando il proprio attacco: dare modo ai palestinesi di lasciare il nord di Gaza, isolando, se possibile, il nucleo terroristico, evitando quello che altrimenti potrebbe assumere le sembianze di un vero e proprio genocidio, cosa che potrebbe non poco esasperare una situazione che già ora appare alquanto difficile, con i diritti umanitari che, a detta di tutti, sono calpestati da giorni (la popolazione è priva di ogni genere di prima necessità) e con i bombardamenti che hanno già causato migliaia di vittime tra i civili, tra cui molti bambini (ricordiamo che oltre il 50% della popolazione della Striscia ha un’età inferiore ai 15 anni).
E’ probabile che, oltre alle trattative diplomatiche, ve ne siano altre per riportare in patria i circa 155 cittadini israeliani ostaggi dei terroristi di Hamas: dal loro successo o meno potrebbe, almeno in parte, dipendere la violenza e la durata della reazione di Israele. Intanto si inizia a parlare del “dopo”, vale a dire di chi “governerà” a Gaza, fermo restando che difficilmente l’esercito di Israele abbandonerà il territorio dopo poco tempo.
Indubbiamente quanto sta succedendo in Medio Oriente fa passare, o rischia di farlo, in secondo piano una situazione economica che, almeno per quanto ci riguarda, non è delle più floride.
Il Governo è alle prese con la stesura di una Legge di bilancio che, come indicato nella Nadef, ha margini di manovra piuttosto ristretti. La “minaccia”, da parte del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, di una “spending review” del 5% ai Ministeri ne è la conferma: trovare le risorse è indispensabile se non si vuole subirela “scure” dei mercati, già abbastanza critici sull’impostazione del Governo.
In questi giorni, poi, si sono aggiunte le previsioni di Bankitalia. Dopo il FMI, che in settimana aveva tagliato le previsioni di crescita del 2024, abbassandole, dall’1,2% “governativo”, allo 0,7%, anche Via Nazionale ha sentenziato che l’1.2% è di improbabile realizzazione, portandolo ad un più modesto 0,8%. Numeri che potrebbero “minare” il “castello” su cui si sta costruendo la Legge finanziaria: una minor crescita, oltre a portare minori entrate, sarebbe quasi certamente causa di un ulteriore aumento del debito. Se così fosse, il guaio sarebbe serio, con il rapporto debito/PIL che andrebbe ben oltre le stime, dando voce a tutti coloro che invitano ad una maggior cautela nel rappresentare la crescita del nostro Paese. E venerdì 20, a mercati chiusi, ci sarà il giudizio di Standard & Poor’s, la prima società di rating ad esprimersi. Urge, quindi, fare in fretta e bene, per essere “credibili” e non rischiare, alla riapertura dei mercati, il 23 ottobre, in una situazione ancora più difficile di quella attuale, con lo spread che potrebbe “volare” a livelli ben superiori agli attuali (già una preoccupante “quota 200”) e i nostri BTP con rendimenti che potrebbero superare il 5%.
Piazze asiatiche all’insegna, questa mattina, delle vendite.
La performance peggiore spetta a Tokyo, dove il Nikkei arretra del 2,23%. Negli ultimi 10 anni la Bank of Japan ha comprato bond per oltre 1 milione di miliardi di yen: oggi ben il 53% del debito pubblico giapponese è in mano alla propria Banca Centrale.
Un po’ meglio vanno le cose in Cina, con Shanghai che perde lo 0,61%, e a Hong Kong, dove l’Hang Seng è in calo dello 0,87%.
Di contro, futures positivi sui mercati occidentali, con rialzi, in Europa e a Wall Street, intorno allo 0,2/0,3%.
Dopo il balzo di venerdì (oltre + 5%), questa mattina il petrolio “tira il fiato”: WTI a $ 87,49, – 0,33%.
Ancora in calo il gas naturale Usa, a $ 3,128, -3,18%.
Scende anche l’oro, che comunque si conferma sopra i $ 1.900: questa mattina staziona intorno ai $ 1.927, – 0,81%.
Spread di nuovo sopra i 200 bp (201,2), con il BTP a 4,75%.
Bund a 2,73%.
Treasury al 4,67%.
€/$ 1,0532, sui valori di venerdì.
Bitcoin in avvicinamento ai $ 28.000 (27.966, + 2,87%).
Ps: e così l’Italia, oltre a detenere il record dell’ora in bici da corsa maschile, detiene anche quello femminile. Con qualche piccola differenza, però. Al di là della velocità (km 56,792 quello stabilito da Filippo Ganna, Km 50,267 quello della neo record-woman Vittoria Bussi), il ciclista di Verbania corre per uno dei team più forti al mondo (Ineos), mentre la ciclista romana non ha una squadra. Il primo, ovviamente, oltre alla propria squadra, ha avuto il supporto della Federazione ciclistica italiana, la seconda neanche quello. Nessun problema di budget, ovviamente, per Ganna; la Bussi, invece, ha dovuto ricorrere al crowfunding (in parole povere, e più comprensibili, una colletta) per racimolare € 12.000 per poter preparare il record, allenandosi da sola e sostenuta da un gruppo di amici. Ma la cosa più incredibile è che l’atleta è la prima donna al mondo a superare i 50 km orari. Ancora una volta lo sport ci conferma una cosa: nothing impossible.