Come se nulla fosse successo.
Questa, ieri, la reazione dei mercati finanziari. Se i mercati europei e quelli asiatici (dove, però, Tokyo era chiusa per festività) hanno, comunque, lasciato sul terreno qualcosa, quelli americani, teoricamente i più “sensibili” ai fatti accaduti nel fine settimana, hanno continuato, imperturbabili, il loro cammino, dando la “caccia” a nuovi record.
E’ vero che la democrazia americana (come quella di altri Paesi, peraltro: vogliamo parlare della Francia…?) è “resiliente”, con “pesi e contrappesi” che sono come una “assicurazione sulla vita”, ma, quello di sabato, rimane pur sempre un attentato piuttosto grave: oggi potremmo essere qui a commentare l’omicidio del candidato (con, al momento, elevate probabilità di successo) Presidentealle elezioni del 5 novembre.
L’attentato di Butler, la cittadinadove Trump è stato ferito, è diventato una sorta di “spot” elettorale: la coincidenza vuole che proprio in questi giorni (è iniziata ieri) a Milwaukee, non troppo lontano, si svolga la Convention Repubblicana che “consegnerà” agli USA “ufficialmente” il candidato Presidente (fino a ieri una sorta di “autoproclamazione”, anche per “manifesta superiorità” rispetto agli altri candidati di partito). Rimane paradossale il fatto che neanche un episodio così drammatico sia in grado di provocare una sorta di “coming out” tra le file repubblicane, tra coloro, cioè, ritenuti i principali sostenitori della “libertà di armamento” dei cittadini americani.
Quello che i mercati americani “vedono” è l’affermazione del tycoon (che nel suo discorso di apertura dei lavori ha sostanzialmente richiesto una “amnistia” per i propri guai giudiziari, non tutti ancora risolti), per il quale la strada verso il 2° mandato sembra piuttosto spianata (con le titubanze in casa democratica, paralizzata dal Biden sì-Biden no, che non fanno che aumentare il divario tra i 2 candidati).
Per quanto i mercati “non abbiamo colore (politico)”, non c’è dubbio che Trump, sotto certi aspetti, incarna meglio il “sogno americano”.
Gli andamenti borsistici sono condizionati da molteplici fattori, ma non c’è dubbio che, forse, appunto, per la “provenienza” dal mondo degli affari di qualche candidato (come, appunto, Trump), si sentono più confortati nel caso di una sua elezione. Ecco, quindi, che non si spaventano di fronte a nulla e continuano nella loro marcia, favorita anche da una politica economica maggiormente inflattiva. E l’inflazione, entro certi limiti, “spinge” le quotazioni dei titoli azionari, che, in fondo, rappresentano un “bene reale” (perché queste sono le aziende). Il “disegno” di Trump non è molto dissimile a quello del 1° mandato (2017-2021): una volta al potere, tornerà a premere l’acceleratore sui dazi (in primis quelli con la Cina, ma anche l’Europa non deve sentirsi troppo tranquilla), sull’immigrazione (diminuendo il numero dei lavoratori immigrati, tradizionalmente con un costo ben inferiore, è probabile che tornino ad esserci “spinte salariali” per i lavoratori “domestici”), per non parlare del debito pubblico, da sempre uno dei suoi cavalli di battaglia, con un deficit di spesa che è continuati a crescere. Di contro, per quanto riguarda il mondo obbligazionario, potrebbero esserci segnali di una qualche criticità, appunto in quanto il debito pubblico potrebbe salire oltre le previsioni. Non a caso, mentre ieri i rendimenti dei treasury si sono, seppur di poco, allargati, le quotazioni dell’oro hanno raggiunto valori vicini ai massimi storici, mentre sono rimbalzate quelle delle criptovalute, con il bitcoin che è tornato a superare i $ 64.000.
A tutto questo va aggiunta, aspetto non secondario, “l’apertura” di Powell ad un’eventuale riduzione dei tassi americani: infatti, ieri, il Presidente della FED, commentando la lettura di alcuni dati, ha aperto la porta al “taglio” dei tassi, alla luce dell’ulteriore conferma della discesa dei prezzi. Probabile, per non dire quasi certo, che a settembre, finalmente, qualcosa si muova anche dalle parti di Washington.
Dopo le nuove chiusure positive di ieri a Wall Street (da segnalare il nuovo scatto dell’indice Russell 2000, che raggruppa le medium-small cap USA, salito di oltre l’1.8% dopo il + 5,8% di giovedì scorso), questa mattina i mercati asiatici sono leggermente contrastati. Alla sua riapertura dopo la festività di ieri, il Nikkei di Tokyo sale dello 0,20%, ancora favorito dalla debolezza dello yen vso $.
Appena negativa Shanghai, che perde lo 0,11%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng perde oltre l’1,45%: non giovano, infatti, le previsioni di una vittoria “trumpiana”, che darebbe il “via libera” ai nuovi dazi, che colpirebbe non poco le attività cinesi, già alle prese con un PIL che, al momento, procede più lentamente rispetto alle previsioni governative (siamo al 4,7%, ben sotto il “livello di guardia”del 5%).
Salgono le borse di Taiwan e Seul, mentre è sulla parità (ma siamo nella fase di inizio contrattazioni) Mumbai.
Futures che anche oggi lasciano intravedere una giornata, almeno in avvio, positiva per i mercati USA (tutti in rialzo), mentre quelli europei sono ancora intonati al ribasso (forse anche per la “coda” di vendite alla giornata di ieri).
Petrolio che fa un passo indietro, con il WTI a $ 81,34 (- 0,81%).
Gas naturale Usa a $ 2,169 (+ 0,32%).
Oro a $ 2.435, + 0,19%, ormai vicinissimo al record storico.
Spread a 126 bp.
BTP al 3,74%.
Oat francesi a 3,11%.
Bund a 2,47%.
Treasury a 4,21%.
€/$ sui livelli di ieri (1,0887).
Si conferma in buona salute il bitcoin, che, dopo una “puntatina” sopra i $ 64.000, questa mattina tratta a $ 63.807.
Ps: che, dopo il “fermi tutti” del Covid, sia tornata la voglia di girare il mondo è evidente a tutti. Uno sguardo al numero di visitatori annuali di alcune capitali e/o città europee ce lo conferma: Roma 26 ML, Madrid 28, Parigi 44 (!), Londra 20, Amsterdam 38 (!!), Berlino 17,5, Praga 13, Milano 12,5. Ma quello che è successo a Creta ha quasi dell’incredibile: per “disincentivare” l’arrivo di turisti a Balos un traghetto si è fermato a distanza dalla riva, con i turisti costretti a raggiungere la “terra ferma” a piedi, “immersi” nell’acqua e con i bagagli sopra la testa. Altro che il deterrente della “tassa di ingresso” imposta in alcune località (vedi i 5€ di Venezia dall’aprile scorso).