Le prime 2 settimane del nuovo anno si stanno dimostrando, per quanto riguarda l’andamento dei mercati, in tutte le sue “asset class”, un po’ più coerenti con la realtà, rispecchiando un mondo alle prese ancora con diversi problemi. “L’ubriacatura” degli ultimi 2 mesi dell’anno che si è appena chiuso è stata frutto, principalmente, del desiderio di lasciarsi alle spalle uno dei momenti più difficili che la storia recente abbia conosciuto più che la percezione di una svolta: la valenza “psicologica”, ancora una volta, si è dimostrata una leva determinante, più forte del quotidiano, fatto di un’economia globale che fatica, di situazioni geopolitiche in divenire e di non semplice soluzione, di una politica monetaria ancora stringente, che “pesa” in modo evidente, togliendo risorse alla crescita e non dando slancio ai consumi. Con, sullo sfondo, un anno che potrebbe portare a cambiamenti profondi (e “spiazzanti”) da un punto di vista politico, visto il gran numero di Paesi chiamati al voto da qui alla fine dell’anno (vedi le elezioni di sabato scorso a Taiwan).
L’apertura “rock” (ad inaugurarlo è stato Nile Rodgers, uno dei “geni musicali” degli anni 70/80 e ancora sulla breccia dell’onda) del tradizionale appuntamento annuale di Davos, il Forum che si svolge nelle Alpi svizzere e che riunisce alcuni dei “potenti della terra”, nonché una platea di economisti e osservatori finanziari, conferma il fatto che si viaggi ancora con il “freno a mano tirato”. Gran parte dei partecipanti (circa il 56% degli interpellati) prevede, infatti, che non ci discosteremo molto dall’anno precedente, con una crescita economica globale che non dovrebbe andare oltre il 2,9% (3% nel 2023). Né più né meno di quanto pensa il Fondo Monetario Internazionale, secondo cui la crescita nell’arco temporale 2020-2024 non dovrebbe discostarsi molto da quanto accaduto tra il 2008 e il 2013: non per niente 2 periodi che ricorderemo a lungo, il primo “zavorrato” da una delle più gravi crisi finanziarie che si ricordi, il secondo “affondato” dalla pandemia prima e dall’inflazione che ne è conseguita, in virtù dei poderosi aiuti monetari e fiscali, dopo.
L’Europa, sempre a detta degli esperti, dovrebbe soffrire, con il 77% che ritiene che nell’Unione Europea la frenata sia destinata a durare. Mentre dall’altra parte dell’oceano (dove, da ieri, la campagna elettorale è entrata nel vivo, con le Primarie Repubblicane nello Iowa, con Trump che ha vinto per “manifesta superiorità” – come si diceva una volta nel pugilato – con oltre il 50% dei consensi, risultato ancora più sorprendente se si pensa che nel 2016 arrivò secondo, relegando il suo avversario, Ron DeSantis, ad un misero 21%) le cose non dovrebbero andare poi così male, se è vero che quasi il 60% degli intervistati è concorde sul fatto che l’economia “stelle e strisce” dovrebbe continuare a crescere ad un ritmo soddisfacente. Un po’ diversa la situazione per la Cina: per il 69% il “dragone” dovrebbe avere una crescita moderata, mentre per il 31% potrebbe addirittura essere debole.
Per quanto riguarda l’Europa, forte è il condizionamento, ancora e sempre, della Germania. Sono note le difficoltà che la prima economia continentale sta attraversando, oramai da un paio di anni, con il 2023 che si è chiuso con un PIL negativo dello 0,3% (il periodo 2012-2022 aveva visto una crescita media annua dell’1,2%, nonostante la contrazione del 3,8% avvenuta nel 2020 per la crisi pandemica). Una crisi che rischia di ripetersi anche per l’anno in corso, come gli analisti di Commerzbank danno ad intendere (e come le proteste degli agricoltori, che in questi giorni stanno bloccando Berlino, lasciano presagire). Al punto che qualcuno comincia a mettere in discussione l’alleanza “semaforo”, che vede una maggioranza di governo formata da Spd, Verdi e Fdp, appunto in quanto partiti con idee non così simili. Una situazione di certo nuova per un Paese abituato alla “stabilità” politica, come la storia anche recente ci ha insegnato, con i 4 mandati consecutivi di Angela Merkel (anche se più d’uno fa risalire a suoi errori – vedi gli stretti legami con la Russia instaurati negli anni – la debolezza attuale).
Vista l’importanza dell’economia tedesca nell’equilibrio europeo, ovvio che la sua debolezza abbia un impatto non secondario su altri Paesi: parlando dell’Italia, per esempio, si calcola che il nostro export verso quell’area (uno dei nostri primi mercati) sia sceso, nel 2023, di circa il 4,4%, pari a circa € 2.5 MD. Di contro, quasi inspiegabilmente, visto il blocco verso quel Paese, l’avanzo commerciale verso la Russia, nell’anno che si è appena chiuso, presenta un saldo positivo pari a € 500ML. Un numero certamente modesto, ma che arriva dopo che nel 2022 si era registrato un saldo negativo pari ad oltre € 21 MD.
Ieri i mercati statunitensi erano chiusi per il Martin’s Luther King day.
Questa mattina prevale, nelle borse asiatiche il segno meno. A Tokyo il Nikkei è in calo, dopo giorni di rialzo, dello 0,79%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng scende dell’1,93%.
Si “salva”, invece, Shanghai, in risalita dello 0,27%. Da notare che, grazie alle performance degli ultimi 12 mesi, cha fanno il paio, di contro, alla debolezza della borsa cinese, il Nikkei ha superato, in termini di capitalizzazione l’indice di Shanghai, diventando l’indice asiatico più grande.
Nuovamente debole, a Seul, il Kospi, che arretra dell’1%.
Futures “in rosso” su tutti i mercati, con cali tra lo 0,30 e lo 0,50%.
Scende, questa mattina, il petrolio, con il WTI a $ 72,34 (- 0,56%).
In caduta libera il gas naturale Usa (- 8,78%), a $ 3,029.
Oro che non si nuove, a $ 2.053.
Spread a 160 bp, con il BTP al 3,79%, in salita di circa 7bp.
Bund 2,23% (+ 5 bp).
Treasury di nuovo “agganciato” al 4% (3,99).
L’esito delle primarie Repubblicane ha una prima conseguenza sul $, che si riavvicina a 1,090 (1,092) verso €.
Bitcoin senza particolari spunti, a $ 42.720.
Ps: il mondo, lo sappiamo, è sempre più competitivo. E non solo riferito allo sport: non c’è settore in cui, oramai, non si gareggi, che si tratti di Smartphone, di cucina, di followers, di audience, etc etc. Il che non equivale a rendere il mondo migliore. Fa però sorridere, nel senso positivo del termine, vedere “un’atleta” di 90 anni che si cimenta in una gara di velocità (200 mt), stabilendo il nuovo record mondiale di categoria. E’ quello che è successo a Emma Maria Mazzenga, che ha corso la distanza in 54”47. Il suo commento a fine gara? “Me l’aspettavo, mi sono allenata bene”.