Il lutto nazionale proclamato per la scomparsa di Silvio Berlusconi conferma 2 cose.
La prima, evidente, che l’ex Presidente del Consigliocontinua ad essere, anche non in vita, divisivo, con l’Italia spaccata in due tra chi è favorevole e chi contrario. Per la cronaca, mentre per i Presidenti della Repubblica, in 2 occasioni (la morte di Giovanni Leone e Carlo Azeglio Ciampi, ma non, per esempio, Sandro Pertini) l’Italia si era fermata, per i Presidenti di Consiglio l’unico precedente è quello relativo a Camillo Benso conte di Cavour, per il quale bisogna ripercorrere la storia di ben 162 anni (7 giugno 1861).
In secondo luogo, il Paese è come se fosse “anestetizzato”. Al di là del blocco dell’attività Istituzionale (fermo il Parlamento, interrotta, almeno per oggi, qualsiasi attività ministeriale), tutto sembra procedere a rilento. Da un punto di vista prettamente politico, ci si interroga sul prossimo futuro e di cosa potrà succedere ad un partito “schiacciato” da € 100 ML di debiti (garantiti da una fideiussione riconducibile al suo fondatore), con voci che si rincorrono di “Opa” e “contro-Opa”, fino ad arrivare a mettere in discussione la stessa stabilità della compagine di Governo.
Per non parlare, poi, della situazione riguardante l’impero economico da lui creato, il cui valore stimato si aggirerebbe tra € 6.5/7 MD, per almeno il 61,21% direttamente controllato, attraverso 4 holding, dall’ex Presidente (il resto in mano ai figli o in azioni proprie).
Di certo si dovrà trovare un nuovo equilibrio per colmare un “vuoto” politico senz’altro più grande di quanto non fossero i semplici “numeri” della politica. A conferma che anche alla politica si può applicare la famosa frase di Enrico Cuccia, che una volta affermò (nel pieno della crisi della Fiat, correvano gli anni 80), che “le azioni si pesano, non si contano”.
Quello che si conta (e che conta), invece, è il dato sull’inflazione.
Ieri sono uscite le rilevazioni americane che hanno confermato come i prezzi, dall’altro parte dell’oceano, continuino a scendere.
Mentre per l’inflazione CPI (quella che comprende tutte le categorie, ma che non è l’indice di riferimento su cui tiene conto la FED) le cose sono andate meglio del previsto (le attese erano per un 4,1% contro il 4,9% di aprile, ma l’indice si è fermato al 4%, con un aumento che, su base mensile, è pari ad un modesto 0,1%), non così è stato per l’inflazione core, che escludendo alimentari ed energia, le componenti ritenute più variabili, è più legata alla “domanda interna”. Infatti, contro previsioni che la collocavano al 5,2% (dal 5,5% di aprile), il dato di maggio è stato del 5,3%, pari allo 0,4% mensile. Nonostante questo, oltre il 96% degli osservatori ritiene che questa sera (intorno alle 20) la FED lascerà le cose come stanno, confermando la “forchetta” 5-5,25%, per poi, probabilmente, “forzare la mano” nel prossimo meeting di luglio, riproponendo un nuovo rialzo dello 0,25%, per poi fermare i rialzi. Voci sufficienti a far partire il “totoscommesse” su quanto tempo trascorrerà prima che Powell decida di tornare sui suoi passi, iniziando la fase dei ribassi. Le statistiche, per quanto possano valere, ci dicono che mediamente, almeno stando alle ultime 6 recessioni (ma va precisato che né gli Usa né l’Europa, almeno per il momento, non sono in questa fase del ciclo economico), trascorrono 6 mesi prima che la politica monetaria torni ad essere espansiva.
I nuovi rialzi di ieri a Wall Street, con tutti gli indici in significativo rialzo (primeggia ancora una volta il Nasdaq, che ha chiuso a + 0,79%), favorisce la mattinata asiatica.
A guidare i rialzi sempre il Nikkei di Tokyo, che si appresta a chiudere a + 1,50%, ribadendo un trend che dura ormai da settimana e che riavvicinando l’indice ai massimi di fine anni 80.
In crescita, anche se frazionale, Shanghai, favorita dal taglio dei tassi a brevissimo (repo a 7 giorni) deciso un paio di giorni fa dalla Banca Centrale.
Appena sotto la parità invece Hong Kong.
Futures per il momento appena sotto la parità un po’ su tutte le piazze.
Si stabilizza il prezzo del petrolio, senza dubbio in un momento non particolarmente positivo (complice la crisi dell’economia cinese), con il WTI a $ 69.65 (+ 0,23%).
Leggero arretramento per il gas naturale americano, a $ 2,321 (- 0,81%).
Stabile l’oro, a $ 1.960.
Continua la fase positiva per lo spread, questa mattina a 161,9 bp. BTP al 4,05%, mentre il decennale tedesco viene scambiato al 2,42%.
Treasury Usa al 3,80%, poco mosso.
Analogo l’andamento dell’€/$, più o meno sui livelli di ieri (1,0788).
Bitcoin ancora sotto i $ 26.000 (25.894).
Ps: parliamo, ancora una volta, di Intelligenza Artificiale. Questa volta applicata alla musica. Entro l’anno uscirà una nuova incisione dei Beatles, pur essendo il gruppo, sciolto da oltre 50 anni e con soli 2 componenti in vita (Paul McCartney e Ringo Starr). È stata ritrovata una vecchia incisione, risalente al 1968, di John Lennon. Solo voce e chitarra. Grazie alla IA, è stata “ripulita” dalla musica, rimanendo solo la voce. A sua volta “trasferita” su una base musicale con le sonorità che hanno reso il gruppo inglese il più famoso di sempre. Titolo della canzone Now and Then. Cosa evidentemente non nuova (altre grandi voci avevano “subito” lo stesso “trattamento”, a partire da Michael Jackson). Ma, questa volta, si parla di Beatles. E quindi la musica cambia…