Qualcuno, un po’ di anni fa (era il 1935…), in un discorso definì gli italiani un popolo di “santi, poeti e navigatori”.
Tra le tante caratteristiche, senz’altro si può dire che almeno una fu dimenticata (era ed è attualissima): quella di essere un popolo di risparmiatori. Forse addirittura il primo al mondo (insieme al Giappone) in questa speciale classifica, che, peraltro, fa un po’ a pugni con “l’altra visione”, profondamente negativa, del nostro Paese, fatta di un debito pubblico tra i più alti al mondo in rapporto al PIL (circa il 150%, anche qui superati dal Giappone, quasi inarrivabile, con oltre il 262% – dati 2021). Due aspetti probabilmente interdipendenti uno dall’altro: la capacità di risparmio delle famiglie non è indifferente all’evoluzione del debito pubblico, dovuto, come noto, da una parte dalla forte presenza statale in molte componenti della nostra vita (una per tutte, la sanità), dall’altra da un’evasione fiscale che toglie ricchezza al pubblico lasciandola nelle “tasche” di chi aggira l’ostacolo “tasse”.
L’ennesima conferma della nostra capacità di risparmio è emersa nello studio del Centro Einaudi insieme alla Direzione Studi e Ricerche di Intesa San Paolo. La percentuale delle famiglie in grado di risparmiare è tornato quasi ai livelli pre-covid, attestandosi al 53,5% (55,1% nel 2019, era il 48,6% nel 2021), con l’11,5% del reddito prodotto (10,9% nel 2021). Predisposizione confermata dalla crescita della liquidità sui cc: in 2 anni l’aumento è stato di oltre € 135 MD, arrivando ad oltre € 1.800 MD. Una cifra enorme che, se fosse “messa in circolo”, avrebbe indubbiamente effetti positivi sulla crescita economica (oltre che, banalmente, difendere maggiormente dall’inflazione). Se si guarda a quanto normalmente gli italiani tengono sui cc per la gestione della normale attività (la gestione corrente), le giacenze sono addirittura raddoppiate, passando dal 40 all’80%. Il 53% della platea è spinto, nelle scelte di investimento, principalmente dalla ricerca di sicurezza, come si può ben intuire tornando alla liquidità in cc. Andando indietro di 20 anni, e quindi al 2000, ai primi 2 posti in termini di motivazioni di investimento c’erano la tempistica e gli strumenti scelti, con la sicurezza relegata al terzo posto. Oltre la metà degli italiani si rivolgono ad esperti di settore ed iniziano a guardare con sempre maggior interesse a forme di investimento più “evolute”, come il risparmio gestito, con un crescita del 40% rispetto all’anno precedente.
La precarietà di cui si parlava non più tardi di ieri, quindi, diventa un fattore determinante, spingendo molti, preoccupati per il futuro, proprio ma ancor di più per quello dei propri figli, a forme di accantonamento: riescono a risparmiare il 69% di chi ha un reddito netto mensile superiore a € 2.500 e il 36% di chi non arriva a € 1.600. E, ancora, il 60% di chi ha una casa di proprietà e il 34% di chi invece è in affitto.
La lotta all’inflazione assume, quindi, una valenza fondamentale anche per riuscire a preservare parte del proprio reddito (banalmente, quel 6-7-10% “eroso” dalla “tassa occulta” potrebbe costituire un ulteriore “tesoretto”).
Apprendere, come è successo ieri, che l’inflazione americana sta calando più del previsto (7,1% dal 7,7% di ottobre, contro le attese di un 7,3%, con l’inflazione “core”, al netto cioè di energia e alimentari, al 6%) non può che dare slancio ai mercati. La perdita di vigore della crescita dei prezzi rende più agevoli le scelte delle banche centrali, permettendo un allentamento della stretta monetaria: infatti le attese per oggi sono che la FED limiterà il rialzo allo 0,50%, probabilmente seguita, su questa decisione, domani dalla BCE. L’altro aspetto giudicato positivamente riguarda il momento in cui i tassi potrebbero invertire la rotta: passo non immediato (si pensa che possa arrivare tra il 3° e il 4° trimestre del 2023), ma il fatto stesso che se ne parli significa che ormai si è quasi arrivati al “pivot”, cioè il picco (che, negli USA, secondo alcuni analisti, potrebbe assestarsi anche sotto il 5%, al 4,85%, ipotesi peraltro alquanto improbabile). Oltre, infine, a permettere una maggiore “spesa” alle famiglie (quest’anno la maggior spesa per una famiglia “media” americana è stata quantificata in $ 396 al mese).
Dopo la “fiammata” in avvio di seduta (il Nasdaq aveva aperto a oltre il + 4%, il Dow Jones ben sopra il 2%), in serata Wall Street, pur confermandosi positiva, ha chiuso su livelli di “normalità”: Nasdaq a + 1,09%, mentre il Dow Jones ha fatto registrare una crescita dello 0,30% (S&P 500 + 0,73%).
Positivi gli indici del Far East: a Tokyo troviamo il Nikkei a + 0,72%, mentre a Hiong Kong l’Hang Seng è a + 0,64%. Appena positiva Shanghai.
Futures americani positivi anche questa mattina, mentre quelli europei al momento sono frazionalmente negativi.
Ieri abbiamo assistito ad un forte rialzo del petrolio, con le quotazioni del WTI tornate oltre in$ 75, livello confermato questa mattina, per quanto i prezzi siano in modesto ribasso.
Gas naturale USA a $ 6,684, – 3,76%.
Oro ben sopra i $ 1.800 (1.821).
Spread che si conferma a 187 bp, con i BTP sempre in area 3,70%.
Treasury a 3,60%.
Bund a 1,91%.
Si mantiene su livelli di forza l’€: ieri, per qualche momento, addirittura tornato ai livelli di 6 mesi verso $ (1,067), per poi ripiegare a 1,062.
Bitcoin vicino ai $ 18.000 (17.788).
Ps: credo che pochissimi conoscano Elva. Si tratta di un piccolissimo borgo (88 abitanti) sperduto in una valle del cuneese più profondo (Val Maira) che risale verso la Francia. Da oggi quegli 88 abitanti possono essere ritenuti tra i più ricchi d’Italia (se non direttamente, almeno indirettamente). Il paese, infatti, riceverà € 20 ML dalla UE all’interno del piano PNRR (progetto “Borghi”, che prevede 21 progetti, in Italia, per rilanciare piccoli borghi e paesini sperduti). Facendo 2 conti, è come se ogni abitante avesse ricevuto (o stesse per ricevere) € 230k circa. E di cose, con questi soldi e in realtà così, se ne possono fare molte.