E 4.
Con quello di ieri, sono 4 i tagli che la BCE, nell’anno in corso, ha fatto, portando i tassi al 3%. Anche questa volta, “esattamente come previsto”.
Peraltro, più che soffermarsi sulla decisione di ieri (forse appunto in quanto pienamente “scontata”), osservatori ed analisti già guardano alle prossime mosse.
Il fatto che, ancora una volta, si cerchino, tra le pieghe delle parole usate dalla Presidente Lagarde, le “sfumature” è sintomo evidente di come la situazione, da un punto di vista economico, in Europa sia ritenuta molto fragile e “necessaria” di ulteriori sostegni. A prevalere, in sostanza, ancora una volta è la preoccupazione: anche perché la “debolezza” europea si scontra con la “forza” dell’economia americana. Mai, forse, la distanza tra le 2 economie è stata così ampia: distanza che, quasi certamente, è destinata ad ampliarsi anche nel 2025, con le previsioni di una crescita che in Europa dovrebbe attestarsi intorno al + 1,1%, mentre negli USA dovrebbe continuare su ritmi ben più sostenuti (tra il 2 e il 2,5%).
Una forza che è ben rappresentata dalla “onnipresenza” di Trump, non a caso nominato dal Time “personaggio dell’anno”. Non c’è tema in cui il Presidente eletto non “dica la sua”, condizionando certamente i temi in discussione e magari mettendo anche in soggezione gli interlocutori: il classico esempio di “maschio alfa”, reso ancora più evidente dalla discontinuità rispetto alla precedente amministrazione a guida Biden (tutto fuorchè “maschio alfa”). Che si parli di economia (vd i dazi), che di sicurezza (sul ruolo della Nato è stato piuttosto chiaro: scordatevi che gli USA continuino a farsi carico delle spese per la difesa dell’occidente), che di crisi geopolitiche (la sua affermazione “una volta eletto in 24-48 ore porrò fine alla guerra in Ucraina ormai è parte del suo programma politico), al clima (la transizione energetica non è una priorità), ogni cosa torna a convergere verso il ruolo centrale che gli USA vogliono nuovamente esercitare a livello planetario: la perfetta trasposizione del principale slogan trumpiano, quel Make America Great Again che tanta importanza ha avuto per la sua straripante affermazione.
Tornando all’Europa e alla decisione della BCE, come detto la rappresentazione non è delle più positive.
Lo conferma il fatto che già qualcuno “butta la palla avanti”, proiettando le prossime mosse dell’organismo che sovrintende alla politica monetaria, arrivando ad ipotizzare che il prossimo taglio sarà nell’ordine dello 50 bp.
Da notare che ieri, per la prima volta, non si è parlato, a riguardo dell’inflazione, di un “ritorno al 2%”, bensì di “stabilizzazione” durevole al suo obiettivo del 2% nel medio termine. Tenendosi, in questo modo” le “mani libere” a riguardo delle decisioni future, fermo restando la conferma che oramai la strada è tracciata e che l’allentamento monetario è un fatto ineluttabile, la cui velocità di attuazione dipenderà, ancora una volta, dai dati che di volta in volta verranno resi noti.
Per intanto, le previsioni parlano, a riguardo di inflazione, di un livello, per il 2024, del 2,4%, che dovrebbe scendere al 2,1% nel 2025, per poi passare all’1,9% nel 2026 e tornare al 2,1% nel 2027.
Di contro, la crescita dovrebbe assestarsi, quest’anno, ad un modesto 0,7% (in linea con quella italiana, a dispetto delle previsioni di inizio anno, che la davano all’1,1%), per poi passare all’1,1% nel 2025, per poi salire all’1,4% nel 2026 e poi ridiscendere, nel 2027, all’1,3%. Numeri piuttosto modesti, che, in tutta probabilità, porteranno ad allargare la “forchetta” verso l’economia USA, contribuendo a rendere più marginale il ruolo della UE a livello globale (anche perché, con relativa certezza, assisteremo all’ulteriore crescita di economie già oggi “lanciatissime” – vedi l’India, che “viaggia” a ritmi intorno al + 6,5/7% – o comela Cina, che sta cercando di “recuperare” terreno, anche se oramai, anche a causa della crisi demografica, fenomeno piuttosto serio e probabilmente, almeno per i prossimi anni, irreversibile, dovrà arrendersi all’evidenza di essere sopravanzata appunto dall’India).
Numeri, quelli europei, su cui continua a pesare come un macigno la crisi dell’automotive, settore trainante per la sua economia. E per il quale potrebbero aprirsi, stando alle dichiarazioni di Stephane Séjourné, nuovo Vicepresidente della Commissione UE con delega alla strategia industriale, nuovi scenari grazie alle misure di stimolo (a suo dire “straordinarie”) che verranno messe in campo per risollevare il settore. Se così fosse, sarebbe la conferma che la politica industriale può fare di più e meglio (o almeno considerata di “pari dignità”) di quanto non possa fare la politica monetaria: una sorta di “ritorno alle origini”, dopo anni in cui quest’ultima ha fatto da padrona incontrastata.
Borse del Pacifico deboli nell’ultimo giorno di contrattazione della settimana, in scia alla debolezza (relativa) di Wall Street di ieri sera.
A Tokyo il Nikkei perde circa lo 0,9%.
Shanghai arretra del 2,01%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng cede l’1,82%.
Ancora in recupero Seul, dove il Kospi (+ 0,5%) torna sui livelli “pre-crisi”.
A Taiwan il Taiex rimane “aggrappato” alla parità, in leggerissimo arretramento (– 0,10%).
Futures ovunque ben impostati, con rialzi compresi tra lo 0,10% e lo 0,30%.
Petrolio che mantiene i livelli di ieri, con il WTI a $ 70,17 (+ 0,11%).
Gas naturale Usa – 0,35% ($ 3,448).
Oro che “tiene” quota $ 2.700 (2.705, – 0,16%).
Ieri ondata di vendite sul comparto obbligazionario, con conseguente allargamento degli spread.
Il nostro, per es, è salito sino a 115 bp, anche se questa mattina appare in recupero (111 bp).
BTp al 3,32%.
Bund 2,21%.
Treasury invariato (4,32%).
€/$ a 1,0456, con il $ in leggero rafforzamento.
Bitcoin che si appresta a chiudere la settimana sopra i $ 100.000 (100.335).
Ps: da ieri gli scacchi hanno il n. 1 al mondo più giovane di sempre. Infatti, l’indiano (ma guarda un po’…) Gukesh Dommaraju, 18 anni, ha battuto il campione in carica, il cinese (ma guarda un po’….) Ding Lien. Fino a ieri, il più giovane a riuscire nell’impresa era stato il russo (ma guarda un po’…) Garry Gasparov, che, quando vinse nel 1985, di anni ne aveva 22. Un predestinato il campione indiano: a 12 anni aveva già raggiunto lo status di Grande Maestro. Forse per capire come va il mondo bisognerebbe “sintonizzarsi” sugli scacchi….