La politica, lo sappiamo, è l’arte del tatticismo. Siccome “tutto è politica” (anche un mare più azzurro di altri può essere strumentalizzato), a volte possono risultare utili argomentazioni che, almeno apparentemente, sembrano apparire lontane dai veri problemi ovvero possono aiutare a “comprare tempo”, valore a volte molto importante. O magari, consapevoli delle problematiche che si hanno e delle difficoltà a risolverle, cercare di far ricadere su altri le responsabilità di situazioni che non rispecchiano le attese (e quanto assicurato a suo tempo).
I dati della Commissione Europea, comunicati ieri per bocca del commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, guarda caso il “grande accusato” di questi giorni da parte del nostro Governo, stanno a confermare una fase congiunturale non facile per l’Europa. A soffrire non è solo la Germania, ancora una volta la “grande malata” (quando cade un macigno, tanto più grande è tanto più grandi sono il rumore e le eventuali conseguenze), ma anche altri Paesi, in considerazione anche dell’effetto “traino” di quella economia. L’Italia, ancora una volta, è tra coloro che pagano il prezzo maggiore, con un PIL che, almeno stando alle previsioni UE, sia per quest’anno che per il prossimo non supererà l’1%, contrariamente alle stime governative, fermandosi in entrambi i periodi allo 0,8%. Va meglio, invece, per quanto con numeri così brillanti, per quasi tutti gli altri Paesi, dalla Germania, che dopo la caduta di quest’anno (– 0,4%), si dovrebbe risollevare all’1,1% nel 2024, alla Spagna (+ 1,9%), alla Francia (+ 1,2%), ai Paesi Bassi (+ 1%).
Un po’ meglio dovrebbe andare sul fronte inflazione: quella europea dovrebbe, sempre nel 2024, stabilizzarsi al 3,2%, passando, quest’anno, al 6,5%. In Italia, invece, per l’anno prossimo dovrebbe attestarsi al 2,9%, più o meno sugli stessi livelli di Germania, Spagna e Francia, tutte tra il 2,7 e il 2,9%, mentre per quest’anno ci si dovrebbe fermare al 5,6%.
In simili condizioni, raggiungere l’obiettivo di contenimento del debito pubblico potrebbe diventare molto arduo: un andamento del PIL più negativo rispetto alle previsioni comporta minori incassi erariali, mentre, dall’altra parte, rimangono inalterate le voci di spesa, con il rischio, quindi, di vederlo crescere, ricorrendo a nuove emissioni per far fronte alle coperture.
Insomma, un motivo in più che renderebbe quanto mai opportuno “non andare alla guerra”. Attacchi “frontali” quali quelli a cui abbiamo assistito in queste ultime settimane, peraltro, nascondono probabilmente un altro obiettivo: “prendo di mira” un “bersaglio” più semplice (un esponente italiano, per di più di diverso colore politico) per mirare, in realtà, al “bersaglio grosso”, in questo caso la Commissione stessa se non addirittura la sua Presidente, Ursula von del Leyen.
Fatto sta che la ricerca di collaborazione con gli organismi europei potrebbe sortire risultati oltre modo più positivi, in considerazione dei molteplici “fronti” aperti: PNRR (a proposito del quale pare finalmente giunto il via libera al pagamento, ai primi di ottobre, della famosa 3za rata per circa € 18 MD), patto di stabilità, MES, su cui, prima o poi, ci verrà chiesto conto (siamo l’unico Paese membro che non ha ancora firmato), stesura della nuova legge di bilancio, lotta all’inflazione, emergenza climatica. Argomenti ben noti a tutti: più che lecito pensare, quindi, che certe parole, e certe azioni, siano state dette nella convinzione che quella sia la strada più giusta per “portare a casa” il risultato. In ogni caso, l’attesa non sarà molto lunga….
Ieri nuova giornata positiva pe i mercati USA. A svettare, ancora una volta, la tecnologia (Nasdaq + 1,19%), questa volta grazie ad uno studio di Morgan Stanley, secondo cui il super computer di Tesla (Dojo) potrebbe far salire le quotazioni della casa automobilistica di oltre il 60% in 12-18 mesi (ieri il titolo ha chiuso a + 10%). Bene, comunque, anche il Dow Jones, a + 0,25%, mentre lo S&P500 è cresciuto dello 0,67%.
Indici far east anche oggi a “doppia velocità”: sale di quasi 1 punto, a Tokyo, il Nikkei (+ 0.95%), mentre “arrancano” la borsa cinese (Shanghai – 0,18%) e, a Hong Kong, l’Hang Seng (- 0,11%).
In ribasso anche Seul (- 0,4%) e Sidney (- 0,1%).
In leggero rialzo Mumbai (+ 0,4%).
Positivi i futures europei, mentre al momento quelli americani sono frazionalmente negativi.
Poco mosso il petrolio, con il WTI a $ 87,68 (+ 0,34%).
Gas naturale Usa a $ 2,615.
Leggero ribasso per l’oro, a $ 1.925.
Sale lo spread, che si porta a 174,6 bp.
BTP a 4,38%.
Bund tedesco a 2,63%.
Treasury a 4,29%.
Guadagna qualcosina l’€, con €/$ a 1,0739.
Bitcoin a $ 25,745,80, in recupero di oltre il 2,6%.
Ps: e fanno 24. Tanti sono gli Slam vinti da Nole Djokovic, che ha raggiunto, in vetta a questa speciale classifica, Margaret Court, fino a domenica la tennista con il maggior numero di vittorie. Su 72 tornei Slam, Djokovic è arrivato 36 volte in finale (1 su 2), vincendone quindi ben 1/3 (24 su 72). Oltre a 39 tornei Master 1000. La classe di Federer forse è di un altro livello, la potenza di Nadal probabilmente insuperabile, ma nessuno ha vinto (e guadagnato) quanto lui.