Direttore: Alessandro Plateroti

La parola inflazione è, allo stato attuale, senza dubbio una delle parole più di moda: se si dovesse stilare una classifica degli idiomi più usati molto probabilmente figurerebbe al primo posto, magari insieme a reddito di cittadinanza, un altro “tormentone estivo”. Il suo utilizzo, peraltro, lo si può estendere anche ad aspetti che non riguardano soltanto l’aumento dei prezzi. Per esempio, rimanendo in ambito economico, ormai la nostra vita sembra scandita dai dati macro che un giorno sì e il giorno dopo pure vengono pubblicati e che “fotografano” ogni singola voce di cui si compone l’economia di un Paese. Ogni cosa viene analizzata: l’occupazione, i salari, i profitti delle aziende, l’utilizzo dei prestiti, gli investimenti, le scorte, ovviamente i tassi d’interesse, e con loro i titoli più sensibili alle loro variazioni, le vendite degli immobili, l’andamento dei consumi e delle esportazioni, l’attività manufatturiera, e tanto altro ancora. E si sa che, a volte, l’eccesso di informazione può portare paradossalmente alla disinformazione, nel senso che può portare alla confusione tipica di aspetti che possono essere tra loro quasi contraddittori.es

E’ il caso, per esempio, dei dati resi noti ieri sull’andamento economico della UE e dei Paesi membri.

Prendiamo il nostro Paese. Ma come? Fino all’altro giorno tutti a decantare le nostre capacità nell’affrontare le difficoltà e la velocità nel cambiare la rotta, chehanno portato l’Italia ad una crescita tra le maggiori in Europa, e oggi scopriamo che, nel secondo trimestre dell’anno, siamo praticamente il “fanalino di coda” (dopo di noi solo la Svezia)…? (per inciso, la crescita media nella UE, per il secondo trimestre, è stato dello 0,3%).

Cominciamo col dire che, rimanendo a livello UE, forse il dato non ha molto significato: molte, infatti, e di non poco conto, sono le differenze tra i vari Stati membri. Per esempio, detto di Italia e Svezia, i peggiori, di contro la Lituania è cresciuta, in soli 3 mesi, del 2,8% e l’Irlanda addirittura del 3,3%. Senza il loro contributo, l’Europa si sarebbe fermata ad un ben più modesto 0,1% (peraltro, per il Paese baltico il dato è dovuto alla riduzione delle scorte, al netto della quale avrebbe avuto un calo del 2,1%).

Conviene, quindi, forse prendere un po’ tutto con le pinze e traguardarsi a periodi di osservazione un po’ più lunghi: su base annua, il nostro Paese conferma l’ipotesi di crescita fissata dal Governo nel Documento di Economia e Finanza, vale a dire l’1%: in fondo, ad oggi siamo ad una crescita “acquisita”, per il 2023, dello 0,8% (era dello 0,9% a fine marzo), per cui l’obiettivo non è così lontano. In questa fase, molto meglio di noi stanno facendo la Francia (+ 0,9% nel 2° trimestre) e la Spagna (+ 1,8%). Ma se allunghiamo il periodo di osservazione, noteremo che noi siamo del 2,2% oltre il livello in cui ci trovavamo nella fase pre-covid, mentre la Francia è ferma all’1,7%, con la Spagna allo 0,4% e la Germania addirittura a + 0,2%.

Senza sprofondare nel pessimismo, i risultati del 2° trimestre sono comunque un campanello di allarme che non va sottovalutato.

Ancora ieri si faceva riferimento alla “centralità” dell’economia tedesca: un tema valido per tutti gli Stati membri, ma per qualcuno, come l’Italia, di più. Ecco quindi che se l’uscita dalla debolezza recessiva che ha colpito quel Paese fosse più lenta del previsto, le conseguenze si farebbe sentire non di poco.

Segue il tema dei consumi, ovunque in discesa (la discesa dei prezzi è dovuta anche a questo, ovviamente, e non solo al calo dei prezzi energetici). Nei mesi scorsi sono stati intaccate le “riserve” di liquidità che molte famiglie avevano accantonato nella fase Covid, ma con alcune voci di spesa aumentate in maniera considerevole (vedi i mutui) ovvio che molti fanno fatica ad arrivare a fine mese, per cui si taglia laddove possibile, a cominciare dal “carrello della spesa”, che continua a far registrare un preoccupante + 10,4%, seppur l’inflazione “core” sia ormai al 5,2%, esattamente la metà, a conferma di quanta fatica facciano a scendere i prezzi dei prodotti alimentari (per cui le famiglie stanno molto più attente a fare acquisti e siano sempre più alla ricerca di offerte e promozioni).

Se poi, a settembre, la BCE dovesse dar corso ad un nuovo aumento dei tassi, i temi di preoccupazione potrebbero ulteriormente aggravarsi, causando un nuovo rallentamento. Motivo in più, per la Lagarde, per valutare con ancora maggiore attenzione le mosse alla ripresa dalle vacanze estive.

Dopo un inizio di giornata positivo, le borse great China hanno virato in negativo: Shanghai scende dello 0,26%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng arretra dello 0,77%.

A tenere alto l’indice del Pacifico, ancora una volta, il Nikkei di Tokyo, che cresce anche oggi dello 0,92% (+ 28% da inizio anno).

In rialzo la Corea del Sud (Kospi + 1,2%) e l’Australia (Sidney + 0,5%) dopo che la Banca Centrale ha tenuto invariati i tassi (+ 4,10%) per la seconda volta consecutiva.

Futures che si muovono ovunque intorno alla parità.

Petrolio sempre su valori sostenuti, con il WTI a $ 81,53.

Gas naturale usa $ 2,660.

Oro $ 1.995.

Spread a 161 bp, con il BTP, con il BTP al 4,13%.

Bund 2,48%.

Treasury Usa 3.97%.

€/$ poco mosso, a 1,10.

Scende sotto i $ 29.000 il bitcoin ($ 28.953).

Ps: Venezia fa parte del Patrimonio Unesco dal lontano 1987. Già 2 anni fa era stata inserita tra i patrimoni in pericolo. A distanza di 2 anni, l’organismo delle Nazioni Unite è tornato a sottolineare la necessità di intervenire per salvare la città, oramai sommersa, non tanto dal mare (anche se il pericolo è dietro l’angolo, vista l’emergenza climatica), ma, ancor di più, dal turismo.

Riproduzione riservata © 2024 - EFO

ultimo aggiornamento: 01-08-2023


Previsioni economiche del 31 luglio: futuro prossimo.

Previsioni economiche del 2 agosto: statistiche.