La prima “trasferta” del nostro Primo Ministro è propedeutica alla manovra che il Consiglio dei Ministri potrebbe varare già nella serata di oggi. L’incontro con i leader europei, soprattutto quelli con Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, e Paolo Gentiloni, Commissario agli Affari economici, serviva per avere una sorta di via ibera (o capire fin dove il Governo può arrivare) sulla strada del deficit di bilancio. Si parla di una manovra che potrebbe spingersi sino a € 40 MD, di cui circa la metà “eredità” di Draghi (10MD di risparmi, altri 10, più o meno, frutto delle maggiori entrate grazie ad un PIL cresciuto più del previsto, come confermato dall’andamento del 3° trimestre). Il “problema”, quindi, riguarda gli “altri” 20: si possono reperire, infatti, aumentando lo scostamento di bilancio verso il 4,5%, ben oltre le previsioni del 3,6%, e molto lontano dal 3% previsto dai Trattati di Maastricht, accompagnato da misure “straordinarie”, come il taglio del superbonus edilizio (si ipotizza una sua diminuzione dal 110 al 90%), oltre che del Reddito di cittadinanza. Un ulteriore aiuto potrebbe arrivare dal calo delle tariffe del prezzo del gas: grazie alle nuove modalità di calcolo, infatti, l’Arera, l’ente che sovrintende all’energia, ha comunicato una diminuzione, rispetto al 3° trimestre, del 12,9%, con un impatto positivo per almeno 7,3 ML di utenti.
Certamente l’Italia rimane un osservato speciale, a maggior ragione dopo che, negli ultimi 18 mesi, aveva dato prova di “potercela” fare, ritrovando credibilità e considerazione sui tavoli che contano. Creando, quindi, una sorta di “precedente”: se si poteva fare “prima”, si può anche ora. Ma, come ben sappiamo, le differenze non sono poche. Fondamentale sarà la “continuità” di vedute con l’Europa, presupposto indispensabile se vogliamo ottenere un “occhio di riguardo”.
A maggior ragione se pensiamo al contesto economico globale. Dopo il rialzo dell’altro ieri da parte della FED, ieri è stato il turno della Bank of England, anche lei allineata (+ 0,75%). Con questo aumento, l’ottavo consecutivo dal dicembre 2021, i tassi inglesi arrivano al 3%, a fronte di un’inflazione del 10,1%, la più alta da 40 anni a questa parte. Peraltro, a differenza di quanto potrebbe verificarsi negli USA, in Gran Bretagna il “tetto” potrebbe essere inferiore al 4,75/5% sin qui ipotizzato, in considerazione del fatto che la Banca Centrale inglese fa previsioni piuttosto pessimistiche sui prossimi 2 anni, per cui il timore di una “mano troppo pesante” si sta insinuando in molti. Quello che, più o meno, sta capitando anche all’interno della BCE. Il prossimo intervento sarà quello del 15 dicembre, per il quale non è ancora chiaro quale sarà la misura del rialzo (0,50 oppure 0,75%?). Come confermano le parole di Fabio Panetta, membro del board della Banca Centrale Europea, secondo il quale le prossime mosse richiederanno (da parte della BCE) particolare cautela per non aumentare ulteriormente il rischio di una recessione “profonda e di lunga durata”. A “bocce ferme”, vale a dire sulla proiezione delle attuali politiche monetarie, secondo la BCE la crescita dell’Eurozona dovrebbe chiudersi, quest’anno, con + 2,8%, per diminuire al – 0,9% per il 2023 e riprendersi nel 2024 (+ 1,9%). L’inflazione quest’anno dovrebbe attestarsi (media) all’8,4%, per poi iniziare la discesa (+ 6,9% nel 2023 e 2,7% nel 2024). C’è da scommettere che da qui in avanti trovare una “sintesi” che accomuni “falchi” e “colombe” sarà di nuovo degli aspetti più complicati per la Presidente BCE Christine Lagarde.
Intanto gli indici Great China questa mattina sembrano in preda all’euforia, con Shanghai che rimbalza del 2,43% e Hong Kong addirittura del 6,13% (con il tecnologico oltre il 7,5%). Se dovesse chiudere su questi livelli, per l’ex colonia inglese il rialzo settimanale sarebbe superiore al 10% (tecnologico + 16%). Le motivazioni sono sempre le stesse, vale a dire come le autorità intendono affrontare la perdurante emergenza sanitaria: più le voci vanno nella direzione dell’allentamento delle misure, più i mercati manifestano la loro euforia.
Diverso l’andamento del Nikkei, storicamente più “legato” ai listini occidentali: questa mattina lascia sul terreno circa l’1,8%, sulla scia della nuova chiusura negativa di Wall Street di ieri sera.
Questa mattina futures positivi ovunque, con rialzi nell’ordine di mezzo punto.
Anche il petrolio si adegua, con il WTI che sale del 2,28% a $ 90,27.
Torna sopra i $ 6 il gas naturale USA (6,149, + 2,73%).
Oro finalmente “rianimato”: + 1,13%, $ 1.650,9.
Spread a 216 bp, per un BTP al 4,40% circa.
Bund a 2,25%,
Treasury al 4.12%, mentre il biennale arriva a toccare il 4,70%, con un “gap” di 58 bp tra decennale e biennale (a favore di quest’ultimo), indice di come gli operatori diano quasi per certo l’arrivo, negli USA, dell’ondata recessiva.
€/$ a 0,9777, con l’€ che cerca un faticoso recupero.
Bitcoin a $ 20.602, + 1,42%.
Ps: capita spesso che, nell’arco di pochissimo tempo, alcuni sport passino da quasi sconosciuti, con un bassissimo numero di praticanti, a “inflazionati”, per non dire “di moda”. Il caso più eclatante degli ultimi anni è il padel. Rimanendo in Italia, se nel 2019 si contavano circa 200.000 appassionati, oggi siamo a circa 1 ML di persone che lo giocano con una certa regolarità. I campi sono passati da circa un migliaio ad oltre 6.000. Letteralmente decollato il giro d’affari: dagli € 87ML del 2019, quest’anno si dovrebbero toccare i 700 ML. E i tesserati alla Fitp (dallo scorso 16 ottobre è stata modificata anche la denominazione della Federazione, che da Fit – Federazione Italiana tennis – è diventata, appunto, Federazione Italiana Tennis e Padel) sono ormai oltre 50.000 (erano 5.915 nel 2019). E non è finita qui, se è vero che, secondo Banca Ifis, il bacino di utenza conta oltre 5,5 ML di persone….