Si è fatto un gran parlare, in questi giorni, dell’innalzamento dell’utilizzo del contante ad € 5.000 (oggi siamo ad € 1.000). Una misura apparsa da subito ai più con un forte significato politico e simbolico più che per le sue eventuali conseguenze in termini di “spinta” al commercio. C’è voluto un intervento del Capo dello Stato per far comprendere che i problemi dell’Italia sono altri, e ben più urgenti: con la sua autorevolezza ha fatto notare a chi di dovere che non si ravvedono caratteri di urgenza tali da richiedere il suo inserimento in un decreto legge, strumento, appunto, utilizzato per abbreviare i tempi di entrata in vigore di provvedimenti governativi. Per cui verrà il provvedimento verrà “dirottato” nella Legge di Bilancio, “l’habitat” naturale per decisioni del genere.
I punti “fermi” della manovra, per ora, sono 2: il suo ammontare (circa € 30-33 MD) e l’impegno ad utilizzarne circa 2/3 per misure rivolte a contrastare il caro energia. Gli ultimi calcoli, insieme alle previsioni da qui alla fine dell’anno, portano il costo della bolletta energetica ad oltre € 100MD, con un azzardo sin quasi a € 130 MD: in percentuale, tra il 6 e il 6,5% del PIL. Nei primi 9 mesi del 2021 avevamo importato gas e petrolio per circa € 39 MD, mentre ora siamo già a € 106 MD. Se l’anno dovesse chiudersi sui valori previsionali più alti, l’aumento per il “sistema Italia” sarebbe, rispetto all’anno pre-covid, nell’ordine di quasi € 100 MD. Non va meglio, peraltro, per l’Europa: il valore dell’import energetico, sempre nei primi 9 mesi dell’anno, è stato, per la UE, di circa € 650 MD, circa 2 volte e mezzo gli acquisti nello stesso periodo del 2021. A trarne il maggior vantaggio non è stata, come si potrebbe pensare ad una prima riflessione, ma la Norvegia: nel periodo gennaio-settembre ha incassato € 120 MD, ben 70 in più rispetto all’anno precedente. Una cifra enorme. Ma che diventa ancora più enorme rispetto ad un Paese di appena 5,4ML di abitanti e con un PIL (2021) di circa $ 480 MD: non è un caso che il Fondo Sovrano della Norvegia sia, con € 1.100 MD, il più grande al mondo (peraltro nei primi 6 mesi dell’anno ha totalizzato perdite per circa € 170 MD, pari al 15% degli asset).
Tornando alla Legge di Bilancio, gli aiuti energetici saranno realizzati “a debito”: la “spending review” (per esempio, la rimodulazione del Reddito di cittadinanza) e le maggiori entrate (vd prelievo del 33% per gli extra profitti realizzati dalle società energetiche) non saranno infatti sufficienti per finanziare il provvedimento. A quelli si dovranno aggiungere nuove misure previdenziali (si parla di quota 103), l’aumento della flax tax da € 65.000 ad € 85.000 per i lavoratori autonomi, la proroga del taglio del cuneo fiscale del 2%, l’estensione della cedolare secca del 10% sugli affitti commerciali. Con sullo sfondo una nuova sanatoria sul rientro di capitali dall’estero. Mentre torna a far parlare di sé il Ponte sullo stretto di Messina: potrebbe, infatti, essere inserita nella legge di bilancio una norma che interrompe lo scioglimento della società Ponte sullo Stretto, su cui incombono penali per circa € 700 ML.
Certamente non siamo, e non saremo, gli unici ad affrontare un inverno “rigido” per quanto riguarda l’economia (e la relativa manovra finanziaria). Neanche 2 mesi fa il Governo britannico aveva varato delle misure che riducevano l’imposizione fiscale per le classi più abbienti (redditi superiori a 150.000 sterline). Sappiamo tutti come è andata a finire, con la Primo Ministro Liz Truss costretta a lasciare dopo appena 45 giorni Downing Street. Ieri il nuovo Governo, per bocca del Cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt, ha annunciato tagli e tasse per circa 55 MD di sterline, portando il peso fiscale ai massimi dal dopo guerra. Un’inversione a “U” clamorosa, che induce probabilmente tutti ad evitare “voli pindarici” spesso figli di promesse elettorali, ma insostenibili per chiunque.
Nell’ultima seduta della settimana, i mercati asiatici si trascinano stancamente appena sotto la parità: Nikkei a – 0.11%, Shanghai – 0,58%, Hong Kong – 0,48%. In Giappone sono usciti i dati sui prezzi al consumo, con un’inflazione al 3,6%: per quanto lontanissimo dai livelli europei e americani, si tratta, per quel Paese, del dato più alto dal 1982.
Futures che si muovono al momento senza una direzione precisa.
In recupero, dopo la “batosta” di ieri (quasi – 5%) il petrolio, con il WTI a 81,96 (+ 0,58%).
Gas americano a $ 6,192 (- 2,94%), mentre quello europeo rimane stabile intorno a € 120 al megawattora.
Oro a $ 1.769.
Spread “inchiodato” a 190 bp, con il BTP a 3,92% di rendimento. Si è chiuso ieri, con l’ultima giornata riservata ai clienti istituzionali, il collocamento del BTP Italia: la raccolta totale è stata appena inferiore a € 12 MD (11,995ML), una delle maggiori di sempre per questa tipologia di titoli.
Treasury Usa a 3,76%.
Stabile l’€/$ a 1.0381.
In leggera ripresa il Bitcoin, in una che sarà ricordata tra le settimane più difficili di sempre per le criptovalute: siamo a $ 16.763, + 0,99%.
Ps: fino a ieri Tom Brady, quarterback per i Tampa Bay Buccaneers era noto per essere forse il più grande campione di tutti i tempi nel Football americano (NFL), oltre che ex marito della super modella brasiliana Gisele Bundchen. Ma ora rischia per essere ricordato per un’altra cosa, di certo meno entusiasmante. E’ infatti emerso che nel fallimento di FTX, la piattaforma di scambio dei tochen, avrebbe perso (insieme all’ex moglie) qualcosa come $ 650 ML. Più di lui solo 2 società risulterebbero esposte: Solana Foundation, per circa $ 1 MD, e Multicoin Capital, per $ 863 ML. Peraltro in buona compagnia di altre star dello sport Usa: pare infatti che anche Stephen Curry, campione di basket, un altro n. 1 assoluto, leader dei Golden State Warriors, oltre che Shaquille O’neal, siano usciti con le “ossa rotte” dall’esperienza nel mondo delle criptovalute.