Sappiamo che spesso eventi o notizie che a una prima lettura possono apparire molto negative o destare forti preoccupazioni a distanza di tempo assumono una valenza opposta. Potrebbe essere il caso dei missili caduti in territorio polacco, appena oltre il confine con l’Ucraina. Ormai è quasi certo che si sia trattato di “fuoco amico”, intendendo per tale la contraerea ucraina attivata per intercettare un attacco missilistico russo: un errore che poteva costare molto caro e che ha fatto scattare procedure eccezionali, fatte di incontri ai massimi livelli (il caso vuole che fosse in corso il G20 di Bali, il che ha agevolato non poco le “chiacchierate” tra i leader mondiali) e di riunioni convocate d’urgenza.
Lo scampato pericolo (se veramente si fosse trattato di un attacco russo premeditato, le regole Nato avrebbero imposto “l’obbligo” di un intervento militare a difesa di un Paese “allineato”, con il rischio evidente di un allargamento del conflitto ben oltre lo stadio attuale) potrebbe far accelerare il percorso verso la pace. In questo senso potrebbe anche essere visto l’intervento in video di Zelensky al G20, in cui elenca le 10 condizioni ucraine per sedersi al tavolo delle trattative. Detto che è certo che la Russia non le accetterà, almeno nella loro totalità, la dichiarazione del Presidente ucraino è evidente che manifesta la disponibilità ad iniziare per lo meno a parlarsi, cosa esclusa fino a poco tempo fa. Un ruolo importante senza dubbio lo ha il pressing di Cina e Usa, determinate ad evitare che il conflitto assuma dimensioni, da un punto di vista militare, di “non ritorno”, come l’utilizzo di ordigni nucleari (seppur “tattici”) potrebbe generare. E mentre a Bali i 2 leader, con un Biden rafforzato non poco dall’esito delle elezioni di midterm della settimana scorsa, e Xi Jinping, “fresco” reduce dal Congresso del Partito comunista cinese che, di fatto, lo ha incoronato “imperatore” a vita, si parlavano per un tempo ben più lungo di un the, gli “sherpa” hanno continuato il dialogo sottosilenzio con Mosca.
Molte sono le problematiche che in condizioni “normali” il mondo deve affrontare (crisi economica, crisi energetica, crisi climatica per citare le 3 più importanti a livello globale): di “cigni neri” in questi anni ne abbiamo visti abbastanza, da quando, a fine 2019, abbiamo scoperto di essere ancora più precari con l’arrivo del Covid. Tutti gli sforzi, quindi, devono andare alla soluzione di quei problemi, facendo in modo che il seppur fragile “equilibrio globale” non venga stravolto. Questo il vero motivo per cui la pace oggi appare, per quanto non semplice, un po’ più realistica.
Si è chiuso ieri il collocamento del nuovo BTP Italia lanciato dal Ministero dell’Economia. Dopo il record del 2020 (raccolta record di € 14MD, con oltre 383.000 contratti) si è trattato del miglior risultato, con sottoscrizioni pari ad € 7,28 MD e 255.000 adesioni, di poco superiore, quindi, a quello dello scorso giugno, quando ci si fermò a € 7,26 MD e a 211.000 contratti. Lo “scoppio” dell’inflazione ha indubbiamente aumentato l’attenzione dei risparmiatori verso questa tipologia di titoli, in grado di “coprire” il rialzo dei prezzi con l’aggiunta di uno “spread” dato dal “rendimento reale” (in questo caso l’1,6%, a cui bisogna aggiungere il premio dell’8 per mille per chi lo detenesse per tutti i 6 anni di durata). Un rendimento che, se messo a confronto con quanto offerto attualmente dal BTP a 10 anni (ieri sceso sotto il 4% a 3,93%, con lo spread che ieri ha chiuso a 193 bp), non lascia spazio a dubbi: i possessori di titoli analoghi bene lo sanno, avendo incamerato, in questi mesi, flussi cedolari superiori all’8% su base annua, con punte del 9 se non del 10%.
Mercati asiatici riflessivi in avvio di giornata, comunque in recupero dopo aperture ben più negative.
A Tokyo il Nikkei si appresta a chiudere appena sotto la parità (– 0,35%), così come Shanghai, che ha praticamente azzerato le perdite (– 0,15%). Hang Seng di Hong Kong a – 0,88% (ma sino a pochi minuti fa navigava ben oltre il – 2%).
Probabilmente a far cambiare l’umore i futures Usa, tutti in rialzo dopo l’arretramento di ieri sera di Wall Street (Nasdaq – 1,45%, Dow – 0,12%).
Petrolio in flessione, con il WTI a $ 84,73.
Progredisce invece il gas naturale Usa, a $ 6,295 (+ 1,32%).
Gas europeo a 122,75 per megawattora (- 5,54%).
Oro in lieve calo, a $ 1.769, – 0,43%.
Spread questa mattina in ulteriore arretramento, a 190 bp.
Treasury a 3,72% dal 3,80% di ieri.
€/$ sempre a 1.038.
“Tiene” il bitcoin, a $ 16.285: è rientrato l’allarme su Genesis, una piattaforma che opera nel settore dei prestiti di criptovalute, che ieri aveva sospeso la propria operatività bloccando i prelievi.
Ps: Elon Musk. Ancora lui: probabilmente, oltre ad essere l’uomo più ricco del mondo, il più chiacchierato. Questa volta a fare da “cassa di risonanza” la polemica sul suo compenso come amministratore di Tesla, la “sua” creatura. Alcuni azionisti si sono rivolti ad un Tribunale americano accusando il funambolico imprenditore di godere di un emolumento fuori luogo. In effetti, il CdA della società avrebbe concesso a Musk opzioni sui titoli Tesla per oltre $ 56 MD (cinquantaseimiliardi). A confronto Tim Cook, CEO di Apple, con i suoi $ 100 milioni di salario, è un proletario.