L’incontro di ieri, a Bali, tra Joe Biden e Xi Jinping rischia di far passare in secondo piano il diciassettesimo vertice G-20, per quanto i Paesi che lo compongono rappresentino l’80% de PIL mondiale, il 60% della popolazione mondiale e il 75% del commercio globale (peraltro va detto che Usa e Cina, con il 14% circa della popolazione mondiale arrivano a detenere circa il 38% del PIL globale, il che può far comprendere, senza contare la loro forza militare e di “moral suasion”, il perché di tanta attenzione). Non a caso il bilaterale (durato oltre 3h30’, un’enormità per incontri di questo tipo, in cui i leader “volano alto”, lasciando agli “sherpa” il “lavoro sporco”, da affrontare in incontri successivi) è arrivato il giorno precedente l’inizio dei lavori, quasi a voler “tracciare la strada” (anche se i temi saranno molteplici, in primis, ancora una volta, il clima, argomento forse “declassato” invece nel meeting di ieri).
Tre le principali questioni affrontate, tutte con un forte impatto geopolitico: guerra Ucraina-Russia, rischio “guerra fredda” Usa- Russia, Taiwan.
Sul primo punto, dietro la conclamata volontà di evitare in ogni modo un’escalation nucleare, si percepisce la volontà di arrivare (o meglio, far arrivare i 2 contendenti) ad una trattativa di pace. Elemento che si intuisce anche dalle parole di Zelensky, che durante la sua visita a Kherson, la città appena liberata dall’esercito ucraino, ha detto che da lì “può iniziare il percorso che porta alla pace”.
Sulla “guerra fredda”, non si vedono all’orizzonte nubi che possano far crescere una contrapposizione che va oltre la “competizione” economica.
Rimane il tema Taiwan, apparentemente, viste le ultime tensioni sui mari intorno all’isola, quello più preoccupante. Biden, peraltro, si è chiaramente espresso per “un’unica Cina”, confermando che gli USA continueranno a riconoscere soltanto la Repubblica popolare cinese. Allo stesso tempo, però, ha ammesso l’impegno americano a sostenere la volontà di indipendenza di Taiwan, come dimostra il pacchetto di aiuti militari (valore $ 6,5 MD…) recentemente varato dal Congresso. Una formula, evidentemente, piuttosto ambigua, che rimanda al 1979, quando venne introdotto il “Taiwan Relations Act”, accordo che non vìola lo status quo.
Molti saranno comunque gli argomenti di discussione tra i leader dei 20 Paesi più influenti ed economicamente forti al mondo: temi come la trasformazione digitale, la salute globale, strettamene collegata al clima, la transizione energetica rivolta ad un’industria più sostenibile occuperanno gran parte dei 2 giorni di durata del vertice. Il tutto con sullo sfondo lo “spettro” della crisi e della recessione (non a caso il motto della riunione è “Recover together, recover stronger”, “insieme nella ripresa, più forti nella ripresa”).
Proseguono, intanto, i preparativi per la Legge di bilancio, per quanto sia il nostro Primo Ministro e il Ministro dell’Economia siano impegnati a Bali. Fondamentale, anche se difficile da attuare, sarà il contenimento della spesa pubblica, una “buco nero” che quest’anno dovrebbe “ingoiare” ben € 1.029 MD, di cui € 77 MD per interessi e € 81,7 MD in conto capitale. La spesa “aggredibile” è, quindi, di € 870 MD, numeri da capogiro, ma su cui lavorare sarà molto difficile. Mentre anche da noi iniziano ad intravedersi i segnali di fatica da parte dell’economia, come confermano i dati sul lavoro. A novembre le aziende hanno programmato di assumete circa 382.000 persone, in calo del 19,9% verso il mese di ottobre e del 17,7% rispetto allo stesso periodo di 12 mesi fa. Allo stesso tempo, diventa sempre più difficile il reperimento di personale con il profilo richiesto: quasi 1 profilo su 2 è considerato introvabile.
La notte asiatica da ancora una volta segnali positivi. Se a Tokyo il Nikkei viaggia intorno alla parità (pesa il calo fatto registrare dal PIL nel 3° trimestre, – 0,3% vso le attese di un + 0,3%), Shanghai fa registrare una crescita di oltre l’1,6%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng sale di oltre il 3,8% (Hang Seng tech di nuovo oltre il 7%, con titoli come Alibaba che superano il + 11%).
Dopo la chiusura negativa di ieri sera a Wall Street (Nasdaq – 0,98%, Dow – 0,63%), questa mattina i rialzi attraversano tutti i mercati, con crescite che in alcuni casi si avvicinano all’1%.
Petrolio stabile, con il WTI intorno a $ 85 (85,79, 0,20%).
Gas naturale Usa di nuovo oltre i $ 6 (6,136, + 3,22%).
Altro piccolo passo avanti dell’oro, a $ 1.781 (+ 0,14%).
Spread a 200,7 bp, con i BTP in leggero recupero, con il rendimento intorno al 4,15%. A proposito di BTP, nel primo giorno di collocamento il nuovo BTP Italia ha raccolto € 3,184 MD (a giugno, data del precedente collocamento, nel 1° giorno furono raccolti € 3,4 MD).
Treasury Usa al 3,87%.
€/$ a 1.0387, con l’€ ancora in rafforzamento.
Si stabilizza il bitcoin, dopo la tempesta degli ultimi giorni: questa mattina siamo a $ 16.834, + 0,14%.
Ps: il caffè, si sa, oltre che una bevanda, per noi italiani è un “rito”. Da quando venne introdotto l’€, è diventato quasi un “benchmark”: sul suo prezzo al bar, infatti, molti di noi misurano l’inflazione. Non così, molto probabilmente, dalle parti di Biella: nella cittadina piemontese, infatti, esiste un bar in cui il prezzo di una tazzina non cambia da circa 22 anni: dal 1999 (all’epoca “girava” ancora la lira) costava 1.500 lire, oggi € 0,70. L’equivalente di 1.500 lire.