Direttore: Alessandro Plateroti

Siamo alla svolta? Questa è la domanda che molti investitori, probabilmente, iniziano a porsi (in realtà da qualche settimana, se è vero, come è vero, che stiamo assistendo ad un recupero dei listini che, come nel caso di Hong Kong, hanno recuperato, in un solo mese, quello di novembre, circa 1/4 del loro valore, e altri, come il Dax di Francoforte o il nostro MIB, vicini, +

da inizio ottobre, al + 20%).

Domanda che, dopo la giornata di ieri, potrebbe avere un’unica risposta. Osservando l’andamento di Wall Street si può capire cosa “veda” il mercato: non appena Powell, il Presidente della FED, ha iniziato il suo intervento presso il centro di ricerca Brookings Institution, gli indici americani, piatti sino a quel momento, hanno avuto una forte accelerazione che li ha portati a chiudere ai massimi di giornata, con il Nasdaq, ancora una volta il più “sensibile” alle parole della Banca Centrale, che è volato al + 4,58%, il Dow Jones al 2,18% e lo S&P al 3,09%, di nuovo oltre la soglia psicologica dei 4.000 punti. La Federale Reserve ha infatti confermato di essere pronta a rivedere la propria politica monetaria, allentando il rigore che l’ha portata, per la prima volta nella sua storia, ad effettuare, in pochissimo tempo, 4 rialzi consecutivi dello 0,75% ognuno, portando il costo del denaro in un range tra il 3,75 e il 4%. “Consolati” dalle dichiarazioni di Powell, oramai la gran parte degli analisti (il 75%) è convinto che la prossima stretta (comunque i rialzi continuano) non sarà più dello 0,75%, bensì dello 0,50%, mentre la punta massima dovrebbe fermarsi al 5%, soglia che dovrebbe essere toccata nei primissimi mesi dell’anno prossimo.

A spingere la Banca Centrale americana ad ammorbidire la propria strategia i dati sull’inflazione USA, ma non solo. Dopo il picco del 9,1% nei mesi di fine estate, i prezzi, pur rimanendo sensibilmente oltre il “target” del 2% fissato come livello ottimale, sono scesi al 7,7%, come evidenzia il “Beige book” della FED. Ma anche l’occupazione inizia a dare segni di debolezza: nel mese di ottobre il settore privato ha generato “solo” 127.000 nuovi posti contro i 175.000 previsti, mentre anche il settore immobiliare inizia a dare segnali di perdita di velocità, con un calo del 4,6% delle transazioni. Il dato è ovviamente inficiato dall’aumento del costo del denaro, che ha fatto lievitare i tassi sui mutui, oggi mediamente ben al di sopra del 5%.

Rimane, invece, a livelli comunque sostenuti (soprattutto se paragonati alle previsioni), il dato sul PIL, cresciuto, da un trimestre sull’altro, del 2,9% (previsioni del 2,6%, poi riviste al 2,7%). Mentre, per il 4 trimestre, se la FED di Atlanta si spinge sino al 4%, S&P Global si ferma ad un ben più modesto 1%.

Tornando ai mercati, peraltro un atteggiamento di prudenza potrebbe essere il più saggio. Vero è che “il peggio” sembra passato, come gli indicatori di cui sopra starebbero dimostrando, ma le incognite non sono finite: dalla guerra in Ucraina (l’arrivo del freddo potrebbero “fermare”, o per lo meno rallentare, ogni cosa, spostando in avanti i tempi per arrivare ad un accordo per ora ben difficile) all’inflazione, in calo anche in Europa, stanno ai dati di questi giorni, comunque ancora a livelli ben superiori allo “scampato pericolo”, dall’energia, in discesa evidente (rispetto ai massimi di fine agosto di € 354 per megawattora, il gas europeo allo snodo Ttf di Amsterdam ieri quotava € 145, dopo essere sceso, nei giorni scorsi, intorno a € 100), ma ancora su livelli straordinariamente superiori a quelli di 12 mesi fa, ai timori che la recessione sia dietro l’angolo, anche se sempre di più coloro che ritengono che “morderà” meno di quanto in precedenza previsto. Detto ciò, l’evidenza dei numeri può essere una buona premonitrice. Limitando lo sguardo agli ultimi 2 mesi, vediamo che l’Eurostoxx ha fatto il + 6,92% a novembre e il + 13,63% da inizio ottobre, il nostro MIB + 8,64% a ottobre e + 19,18% in 2 mesi, Dax di Francoforte + 8,72% e + 18,94%, Cac 40 di Parigi + 7,51 e + 16,92, Ftse 100 Londra + 6,74 e + 9,85.

Allo stesso modo, anche gli spread, altra “lancetta” fondamentale per capire “dove stiamo andando”, nelle ultime settimane hanno dato segnali di “perdita di potenza” della tempesta, con i rendimenti dei titoli obbligazionari che sono tornati a livelli di maggior sopportabilità: il bund tedesco, che era arrivato sin verso il 2,40%, è tornato ben sotto il 2% (1,90). Il nostro “sgangherato” BTP in poche settimane è passato dal 4,57% al 3,70%. E il Treasury Usa ieri rendeva il 3,60%. Ulteriore conferma che gli operatori pensano che i tempi del “rigore” monetario stia per finire, per lasciare il campo ad una maggior cautela, anche se dimentichiamoci la “scorpacciata” dei tassi zero o, ancor di più, negativi.

Il rialzo di Wall Street di ieri sera questa mattina “trascina” gli indici asiatici, tutti ben impostati. Nikkei a + 0,95%, Shanghai + 0,45%, Hang Seng ad Hong Kong + 1,47%, Kospi Seul + 0,3%. In Cina si fa largo la notizia che la pandemia è in fase di contenimento, mentre si sta lavorando alla quarta dose vaccinale.

I Futures sembrano ben orientati in Europa, mentre negli USA trattano intorno alla parità.

Petrolio che continua a godere di buona salute: dopo la “marcia di avvicinamento” dei giorni scorsi, questa mattina il WTI è sopra i $ 80 (80,20), seppur in lieve calo rispetto alla chiusura di ieri.

Gas naturale Usa a $ 6,982 (+ 0,58%).

Balzo dell’oro, che, con un rialzo dell’1,85%, si porta in prossimità di quota 1.800 (1.794).

Spread a 188,7, con il BTP che torna verso il 3,80%.

Treasury, come detto, a 3,60%.

Si indebolisce il $, che “patisce” le affermazioni di Powell: questa mattina troviamo l’€/$ a 1,0443.

Bitcoin che consolida i $ 17.000: 17.123, + 1,27%.

Ps: ennesima tragedia nel mondo del ciclismo. Ieri, travolto da un TIRmentre si allenava, è morto Davide Rebellin, forse il corridore professionista più longevo di sempre. Infatti, dopo oltre 30 anni di attività ai massimi livelli, si era ritirato alla non più giovane età di 51 anni poco più di 1 mese fa. A volte la vita è veramente incredibile. 30 anni di gare e di allenamenti, con centinaia di migliaia di km percorsi, e solo qualche graffio. E poi…Un po’ quello che è capitato a Michael Schumaker: anni e anni di Gran Premi di F1 a 300 all’ora. E poi una caduta, quasi da fermo, sugli sci. Per l’aggiunta con il casco.

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ultimo aggiornamento: 01-12-2022


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