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Pensioni INPS: analisi delle perdite e delle disparità sociali nel sistema

La recente sentenza della Corte Costituzionale ha acceso un ampio dibattito riguardo alla legittimità del taglio della perequazione delle pensioni, una questione che ha suscitato reazioni contrastanti tra i vari schieramenti politici. La decisione, comunicata il 15 gennaio 2025, ha confermato la validità delle misure adottate dal governo per il 2023 e il 2024, stabilendo che i tagli apportati alle pensioni erogate dall’INPS sono costituzionalmente legittimi. Tuttavia, il tema resta divisivo e solleva interrogativi sul suo impatto sociale.

Il dibattito politico sulla sentenza della consulta

La risposta della politica alla sentenza è stata piuttosto timida, con pochi commenti significativi da parte dei leader. Le posizioni si dividono tra chi sostiene la necessità di aiutare le fasce più deboli e chi, invece, propone di incentivare chi ha maggiori risorse affinché possa contribuire all’economia creando posti di lavoro. Questo approccio, che si riflette anche nelle politiche pensionistiche, ha portato a una rivalutazione delle pensioni che ha colpito in modo più significativo coloro che percepiscono importi elevati.

Nel 2023 e nel 2024, la rivalutazione delle pensioni è stata limitata a un massimo del 100% dell’inflazione per gli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo. Per le pensioni superiori, invece, si è registrato un forte decalage, con tagli che hanno pesato in modo considerevole sugli importi più alti. Questa situazione ha messo in evidenza le differenze tra i vari gruppi di pensionati e ha sollevato interrogativi sulla giustizia sociale delle misure adottate.

Le conseguenze dei tagli sulle pensioni elevate

Analizzando i dati, emerge che le pensioni più alte, quelle che superano le 6.000 euro al mese, hanno subito perdite significative. Secondo studi condotti dalla UIL, pensionati con assegni di 3.500 euro al mese hanno visto una riduzione del loro potere d’acquisto di circa 10.000 euro negli ultimi dieci anni. Questo scenario ha portato a un’ulteriore riflessione sulla sostenibilità delle politiche pensionistiche e sulla necessità di un approccio più equo.

Il tasso di inflazione applicato ha mostrato forti disparità: per le pensioni fino a 5 volte il minimo, il tasso di rivalutazione è stato dell’85%, mentre per quelle oltre 10 volte il minimo è sceso al 22%. Questo meccanismo ha reso evidente come le misure di contenimento del costo delle pensioni abbiano colpito in modo sproporzionato chi già percepiva importi elevati.

Le differenze nelle rivalutazioni delle pensioni

È importante considerare che le pensioni in questione non appartengono a persone che vivono in condizioni di povertà. La Corte ha tenuto conto di questo aspetto, sottolineando la necessità di contenere la perdita di potere d’acquisto, ma anche riconoscendo che per chi percepisce pensioni elevate, la perdita non incide in modo significativo. Tuttavia, questo approccio ha sollevato interrogativi sulla giustizia del sistema, in quanto chi ha accumulato pensioni elevate lo ha fatto in base a una carriera lavorativa che ha garantito retribuzioni proporzionate.

La mancanza di progressività nei tagli ha suscitato ulteriori preoccupazioni. Le pensioni fino a 4 volte il minimo hanno ricevuto una rivalutazione piena, mentre quelle oltre 10 volte il minimo hanno subito un adeguamento molto limitato, creando un divario che ha alimentato il dibattito sulla necessità di un sistema più equo.

Le nuove misure per il 2025

Nel 2025, il governo ha deciso di ripristinare un sistema di rivalutazione delle pensioni INPS, che prevede tagli meno severi. Le nuove norme stabiliscono che fino a 4 volte il trattamento minimo si riconosce il 100% dell’inflazione, mentre per le pensioni tra 4 e 5 volte il minimo si applica il 90%, e il 75% oltre 5 volte. Questo cambiamento segna un tentativo di bilanciare le esigenze di sostenibilità finanziaria con quelle di equità sociale.

La Corte Costituzionale non ha bocciato il metodo adottato, il che ha permesso al governo di evitare un significativo impatto finanziario. I tagli non sono una novità introdotta dal governo Meloni, ma sono stati una pratica comune in diversi esecutivi precedenti, contribuendo a un clima di insoddisfazione tra i pensionati, spesso definiti “pensionati bancomat” dai sindacati.

Serena Libra

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