Negli ultimi dieci anni, le pensioni italiane hanno registrato una notevole diminuzione del loro potere d’acquisto, arrivando a perdere fino a 9.600 euro. Questa situazione è emersa da un recente studio condotto dalla Uil Pensionati (Uilp), che ha messo in evidenza una “grave perdita reale e permanente” per i pensionati, dovuta al blocco della rivalutazione. Di seguito, i dettagli emersi dalla ricerca.
Un’analisi della Uil Pensionati ha mostrato che una pensione lorda di 2.256,21 euro nel 2014 avrebbe dovuto, se rivalutata al 100% dell’inflazione, raggiungere nel 2024 un importo di 2.684,37 euro lordi. Tuttavia, a causa del blocco della rivalutazione, nel 2024 la pensione ha raggiunto solo 2.615,40 euro, comportando una differenza annuale di 888,61 euro e una perdita complessiva di 2.067,48 euro in dieci anni. Questi dati evidenziano come la mancata rivalutazione abbia avuto un impatto significativo sui redditi dei pensionati.
La medesima analisi è stata effettuata su una pensione iniziale di 3.500 euro lordi nel 2014. Anche in questo caso, la perdita è risultata più marcata, con una differenza annuale di 4.136,86 euro nel 2024 e una perdita totale di 9.619,74 euro nel decennio. Questi dati sottolineano come il blocco della rivalutazione abbia colpito in modo severo anche i pensionati con redditi più elevati.
La diminuzione del potere d’acquisto si riflette in modo tangibile nella vita quotidiana dei pensionati. Un esempio fornito dalla Uil Pensionati mostra che nel 2014, con una pensione netta di 1.738,29 euro, era possibile acquistare 1.931 caffè al bar. Nel 2024, con una pensione rivalutata a 2.002 euro netti, il numero di caffè acquistabili scende a 1.668, con una diminuzione di 262 caffè all’anno. Simili cali si registrano anche per altri beni di consumo essenziali, come quotidiani, gelati, carne rossa, patate e latte.
La perdita d’acquisto più significativa si è verificata negli anni 2023 e 2024, a causa di tagli progressivi decisi dal governo per i trattamenti pensionistici più elevati. Nel 2023, la perdita per una pensione iniziale di 2.256,21 euro è stata di 435,80 euro, mentre nel 2024 ha raggiunto 723,04 euro. Per una pensione di 3.500 euro, la perdita nel 2023 è stata di 200,33 euro e nel 2024 di 317,92 euro. Come sottolineato da Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil Pensionati, “l’inflazione era molto alta” in quel periodo, accompagnata da un “metodo di rivalutazione più severo”.
Di recente, i tagli ai trattamenti pensionistici più elevati sono stati dichiarati legittimi dalla Corte costituzionale. Barbagallo ha rimarcato che, nonostante il ricorso contro il taglio della rivalutazione del 2023, la Corte ha espresso un parere negativo su un ricorso simile. “Le istanze dei pensionati non sono state ascoltate”, ha affermato, evidenziando che la pronuncia rappresenta un’ingiustizia, frutto di un’impostazione che considera i pensionati come un peso.
Per il 2025, Barbagallo ha ricordato che “la rivalutazione non è stata piena”. È vero che è stato reintrodotto un metodo di rivalutazione più favorevole, ma solo le pensioni fino a quattro volte il minimo sono state rivalutate al 100%. Le pensioni più alte sono rivalutate per fasce, con percentuali che variano dal 100% al 75%. La Uil chiede al governo di “aprire un tavolo di confronto serio sul potere d’acquisto delle pensioni“.
La Uil Pensionati ha presentato tre richieste concrete al governo, sottolineando che le pensioni italiane sono “le più tassate d’Europa”. La prima richiesta è la piena rivalutazione di tutte le pensioni; la seconda è il taglio delle tasse anche per i pensionati; la terza è l’ampliamento della platea dei beneficiari della quattordicesima e l’incremento dell’importo per chi già la riceve. Barbagallo ha fatto notare che il governo non ha ancora convocato il sindacato per discutere queste questioni.
Barbagallo ha concluso affermando che lo studio dimostra come il taglio della rivalutazione rappresenti un danno strutturale e permanente, poiché influisce su tutti gli anni successivi in cui si riceverà la pensione. I pensionati sono stati trattati come un “bancomat”, e ora è necessario cambiare questa impostazione. Ha sottolineato che il 75% della produzione delle aziende è destinato al mercato interno, e senza il potere d’acquisto necessario, le aziende rischiano di non avere clienti.
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