Nella rilevazione settimanale compiuta dalla Cgia di Mestre è stato evidenziato che nel Sud Italia attualmente ci sono più pensionati che lavoratori.
Mentre a livello nazionale il rapporto tra pensionati e lavoratori è di uno a uno (i pensionati sono 22.772.000 mentre i lavoratori 23.099.000), nelle regioni del sud Italia e nelle Isole, i pensionati ammontano a 7.209.000 rispetto ai 6.115.00 lavoratori. Tra le province più toccate dal saldo negativo, derivante la differenza tra il numero delle pensioni e gli occupati, vi sono Palermo (-74 mila), Reggio Calabria (-85 mila), Messina (-87 mila), Napoli (-92 mila) e Lecce (-97 mila).
Secondo la Cgia questo fenomeno deriverebbe da tre cause concatenate tra loro: la denatalità, l’invecchiamento della popolazione e la presenza di lavoratori irregolari. Questi fattori, legati tra loro, contribuiscono alla diminuzione dei contribuenti attivi e di conseguenza aumentano il numero dei percettori di welfare.
Ad oggi non ci sono soluzioni immediate per far arginare il fenomeno e, anche se fossero disponibili, afferma la Cgia, non susciterebbero effetti evidenti prima di venti o venticinque anni. Il trend in corso potrebbe essere invertito in tempi medio-lunghi soltanto aumentando la base occupazionale, iniziando dal far emergere i lavoratori che svolgono un’attività in nero nel territorio italiano (secondo i dati Istat sarebbero circa 3 milioni). È opportuno anche incentivare ulteriormente l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro: l’Italia si trova tra gli ultimi posti dei paesi europei per tasso di occupazione femminile. Bisogna puntare, inoltre, sulle politiche volte ad incentivare la crescita demografica (aiuti per le famiglie, i minori…). In ultimo luogo è necessario innalzare il livello di istruzione della forza lavoro, anch’esso tra i più bassi d’Europa.
Tra il 2023 e il 2027 le stime indicano che il mercato del lavoro italiano richiederà circa tre milioni di addetti per sostituire coloro che andranno in pensione. Con sempre meno giovani disponibili, per molti imprenditori potrebbe risultare sempre più difficile individuare nuovi addetti ai lavori. Negli ultimi cinque anni la popolazione italiana in età lavorativa, compresa tra i 15 e i 64 anni, è diminuita di oltre 755 mila unità (di cui 133 mila solo nel 2022).
Un paese composto da una popolazione sempre più anziana va in contro a problematiche derivanti anche dall’aumento della spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e assistenziale. I settori più a rischio, vista la propensione alla spesa più contenuta tra i giovani, sembrano essere quello dell’immobiliare, dei trasporti, della moda e ricreativo. A trarne vantaggio potrebbero essere le banche, poiché con la predisposizione al risparmio da parte dei più anziani, la dimensione economica dei depositi potrebbe giovarne.
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