Direttore: Alessandro Plateroti

Lo scopriremo solo vivendo.

Questa “banale” (ma siamo proprio convinti che davvero lo sia?) regola può benissimo essere applicata alle decisioni che gli organismi monetari e/o governativi sono chiamati costantemente a prendere.

Ieri, per esempio, si è nuovamente riunito il Comitato Direttivo della BCE. Nulla di nuovo, come previsto, è emerso. Innanzitutto, viene confermata la difficile congiuntura economica, con la crescita in frenata ovunque (il FMI proprio ieri ha comunicato che ben 143 Paesi, che rappresentano l’86% del PIL mondiale, dovranno fare i conti con una crescita più bassa). Mantenendo, quindi, una flessibilità sconosciuta da altre Banche Centrali (vd la FED Americana), la BCE ha ribadito che il piano di acquisti APP dovrebbe concludersi nel 3° trimestre dell’anno, mentre nel 2° trimestre passeranno da € 40MD del mese di aprile ai 30MD di maggio per passare ai 20MD di giugno. Nulla è stato deciso (ma anche la non decisione è una decisione) per ciò che riguarda i tassi, che per ora rimangono sotto zero. Mani libere anche su eventuali nuovi strumenti che potrebbero essere varati se la situazione dovesse rapidamente e nettamente peggiorare, sulla falsariga di quanto si è trovata ad affrontare 2 anni fa con lo scoppio della pandemia.

Situazione, peraltro, ben diversa: il quel caso il cigno nero si è presentato senza essere “preannunciato”, mentre in questo caso le avvisaglie erano evidenti già da tempo. Ovvio che il conflitto ucraino stia contribuendo, e non poco, all’aggravarsi della situazione, ma sia l’inflazione che la scarsità delle materie prime erano già fenomeni noti. Da qui il dubbio che l’atteggiamento per ora piuttosto morbido, se paragonato  all’azione di altre Banche Centrali, della BCE possa nel tempo creare condizioni che solo in apparenza sostengano l’economia, spostando in avanti i problemi, che a quel punto potrebbero presentarsi con ben maggiori conseguenze (dalla recessione alla ancora più grave stagflazione, vale a dire alta inflazione accompagnata da caduta del PIL). Con un’inflazione che ormai, anche in Europa, “viaggia” al 7,5% è alquanto difficile pensare che un intervento sui tassi (per quanto la nostra, rispetto a quella statunitense, sia un’inflazione di “offerta”, mentre nell’altro caso ormai si può definire da “domanda”) sia rinviabile, seppur in molti si dicano convinti che oramai il picco è stato toccato.

Altro tema importante è quello delle sanzioni, sulle quali il dibattito si fa ogni giorno più intenso. Analogamente a quanto succede per i tassi, anche qua si scontrano 2 scuole di pensiero, tra chi è convinto che possano avere conseguenze tali da spingere “l’aggressore” a rivedere i propri piani e chi, invece, ritiene che le ricadute su chi le sanzioni le ha volute annullino, di fatto, la valenza negative su chi le subisce. Se si parte dal presupposto che possano generare danni economici a chi le subisce maggiori a chi le impone, si può dire che la considerazione sia giusta. Se, però, si pensa che possano “chiudere” la guerra, allora la narrativa ci dice una cosa diversa: in Corea del Nord e in Venezuela, forse i 2 Paesi più “sanzionati” al mondo, i regimi di Kim Jong-un e Maduro resistono da anni senza segni di cedimento. Come a dire che solo la guerra può sconfiggere un regime dittatoriale.

E ancora: se le sanzioni, invece, voleva essere un segnale sulla coesione del “fronte occidentale”, beh, allora non si può dire che non siano una vittoria (per quanto possa essere giudicata una “vittoria di Pirro”).

Al di là del blocco dell’operatività  swift, forse la sanzione più efficacia è quella applicata dal sistema bancario americano (più ancora dell’embargo che sempre gli USA hanno imposto sull’import delle materie prime) a qualsiasi transazione con controparti russe: poiché il debito estero è prevalentemente in $, si prevede che il pagamento di cedole e il rimborso del capitale debba avvenire nella valuta di riferimento. Se, quindi, dovesse avvenire in rubli non potrebbe essere accettato (non essendo contrattualmente previsto), provocando conseguentemente quello che si definisce “default selettivo”. Se il blocco dovesse continuare, la Russia sarà completamente tagliata fuori da qualsiasi accesso al mercato dei capitali, e questo varrà sia per il settore pubblico che per quello privato, con le imprese che non potranno finanziare la loro attività sui mercati internazionali. Ma perché questo avvenga ci vorrà tempo…

Oggi giornata festiva per i mercati internazionali, che riapriranno i battenti dopo Pasqua.

Ps: ieri giornata di annunci di OPA sui mercati. Elon Musk, confermando i sospetti dei giorni scorsi, ha annunciato la volontà di acquisire il 100% di Twitter, mentre da noi la cordata Benetton – BlackStone ha ufficializzato la decisione di assumere il controllo totale di Atlantia. Valore delle 2 operazioni? $ 43 MD per Twitter, € 12,7 MD per Atlantia. Piccola considerazione: la si limita a permettere “cinguettii” di 168 caratteri, la controlla migliaia di Km di autostrade, Aeroporti, il 41% di Telepass, il 20% del Tunnel della Manica…eppure pare valga circa 3,5 volte meno della 1°….

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ultimo aggiornamento: 15-04-2022


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