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La Germania si trova a un bivio cruciale, segnato da una recessione che perdura da due anni e un’industria che non riesce a tornare ai livelli pre-pandemia. La situazione economica del Paese è caratterizzata da riflessioni sul rigore dei conti pubblici, complicata da difficoltà interne e dalle conseguenze di eventi geopolitici significativi. Questo contesto si delinea in un momento delicato, a pochi mesi dalle elezioni anticipate del febbraio 2025.
Impatto della crisi energetica e calo delle esportazioni
Negli ultimi due anni, l’economia tedesca, che è la terza al mondo dopo quella americana e cinese, ha subito un brusco rallentamento. Il Prodotto Interno Lordo ha registrato un calo dello -0,3% nel 2023 e dello -0,2% nel 2024. Le previsioni per il 2025, inizialmente ottimistiche con una crescita stimata del +1,1%, sono state drasticamente riviste al ribasso, portando a una previsione di +0,3%. Berlino non è riuscita a recuperare i livelli economici del 2019, anno precedente alla pandemia di Covid-19, e il suo peso economico all’interno dell’Unione Europea continua a diminuire.
Due fattori principali hanno contribuito a questa situazione: l’aumento dei costi energetici a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e il calo delle esportazioni verso la Cina. Dopo il picco del 2022, le importazioni cinesi di beni e servizi dalla Germania sono in costante diminuzione. Giacomo Calef, Country Head di NS Partners, sottolinea che la Germania ha fatto troppo affidamento sul gas russo a basso costo, una scelta che ha avuto ripercussioni significative sull’industria. La mancanza di diversificazione delle fonti energetiche e l’insufficiente investimento nelle rinnovabili sono stati evidenziati come limiti strutturali dell’economia tedesca.
La crisi dell’industria tedesca
L’industria tedesca, storicamente un simbolo di potenza economica, sta affrontando una crisi profonda. Dopo la riunificazione nel 1990, il settore ha conosciuto un periodo di grande crescita, ma la pandemia ha segnato un punto di svolta negativo. Nel 2024, la produzione industriale ha mostrato un calo del -12% rispetto al 2019, anno di riferimento pre-Covid.
Particolarmente colpita è l’industria automobilistica, un settore che ha rappresentato per decenni l’orgoglio della Germania. Colossi come Volkswagen stanno affrontando sfide enormi, con decisioni drastiche come la chiusura di impianti e il taglio di migliaia di posti di lavoro. Anche marchi di lusso come Porsche hanno annunciato riduzioni significative del personale. Questo declino dell’industria automobilistica tedesca ha ripercussioni anche sull’Italia, che è un importante fornitore per il settore. Giuseppe Vita, esperto di economia, evidenzia come la congiuntura tedesca influenzi direttamente l’economia italiana, rendendo la situazione ancora più complessa.
Rigore fiscale e dibattito sulla spesa pubblica
Il concetto di rigore fiscale è profondamente radicato nella cultura tedesca, con una visione che ha plasmato il governo e la politica economica negli ultimi anni. Il termine Schwarze Null indica l’ideale di un bilancio statale in pareggio o in attivo, una filosofia che ha governato le scelte politiche di Berlino. Nonostante il rallentamento economico, il governo tedesco ha mantenuto un atteggiamento rigoroso, con un deficit che non ha mai superato la soglia del 3% rispetto al PIL, contrariamente a Paesi come l’Italia, che nel 2023 ha registrato un deficit del 7,4%.
Il dibattito sull’allentamento della Schuldenbremse, la regola che limita il deficit pubblico, è diventato cruciale in vista delle elezioni di febbraio 2025. La tensione politica tra socialdemocratici e liberali ha portato alla caduta del governo di Olaf Scholz, evidenziando quanto il tema della spesa pubblica sia sensibile per l’elettorato. Il nuovo leader della CDU, Friedrich Merz, ha aperto alla possibilità di rivedere le rigidità della Schuldenbremse, segno di un cambiamento potenziale nel panorama politico ed economico tedesco.