S&P stima in oltre € 1.000 MD il maggior costo che i Paesi UE dovranno sopportare a causa dell’aumento della bolletta. Un prezzo altissimo, a cui nessuno è in grado di sfuggire. E dire che oggi le importazioni di gas proveniente dalla Russia non superano il 9% del totale, una percentuale impensabile sino a pochi mesi. Diventa, quindi, sempre più indispensabile attuare anche a livello europeo una strategia comune che porti ad una riduzione dei consumi che si accompagni al blocco del prezzo su cui si sta lavorando.
La Commissione Europea ieri ha presentato ai Paesi membri un piano di 5 punti, che sarà oggetto di discussione nell’incontro previsto per domani. L’obiettivo è arrivare ad un “taglio” dei consumi di energia elettrica pari ad almeno il 10%, di cui almeno il 5% nelle ore di punta. Piano di risparmio che sarà, con tutta probabilità, “vincolante”, a differenza del piano di risparmio del gas presentato a luglio, che prevede una riduzione del 15%, però su base volontaria.
La seconda misura si rivolge alle società che, per produrre elettricità, non utilizzano il gas, che in questo momento, essendo il prezzo della corrente elettrica “collegato” a quello dell’idrocarburo, stanno realizzando profitti assolutamente straordinari: la Commissione Europea prevede che venga fissato un “prezzo massimo” (l’ipotesi è € 200 per megawattora): in caso di prezzi superiori, la differenza andrà versata allo Stato, diventando una sorta di tassa sugli extra-profitti.
Il terzo punto prevede la creazione di un contributo di solidarietà per le società operanti nel settore oil, gas e carbone (praticamente una tassa sugli extra-profitti, di cui già il nostro Governo si è fatto anticipatore).
Quarto aspetto l’introduzione di garanzie statali per le utilities, che si vedono nella condizione di pagare prezzi salatissimi per le forniture di gas. Una cosa simile sta già succedendo in Germania, dove la Kfw (in pratica l’equivalente della nostra Cassa Depositi e Prestiti) ha dato il via a nuove linee di credito (margining) rivolte a fornire liquidità alle imprese che producono e distribuiscono energia, costrette a pagare “margini” sempre più alti (i “margini” sono le garanzie che devono essere versati dalle società per i contratti “futures” che definiscono i prezzi del gas). Le linee di credito valgono solo per le contrattazioni che si svolgono sulla borsa di Lipsia e riguardano esclusivamente aziende basate in Germania: vengono quindi escluse tutte le operazioni che si svolgono al Ttf di Amsterdam.
Ultimo provvedimento, anche se è quello che desta più clamore (e che ha dato lo spunto a Putin di bloccare completamente il flusso di gas attraverso North Stream 1), la decisione di mettere un tetto al prezzo del gas (ieri sceso a € 207,6 al megawattora), con l’Olanda isolata nella sua contrarietà (facilmente intuibile il motivo, essendo la maggior borsa per le trattazioni dell’idrocarburo basata ad Amsterdam, con conseguenti rilevanti introiti per le casse statali e per gli operatori locali).
Confermato per oggi il Consiglio dei Ministri che dovrà varare il nuovo piano di aiuti e in cui verrà definita l’entità delle risorse disponibili (€ 12-13 MD). La procedura di approvazione sarà un po’ più tortuosa del solito, vista la particolare situazione politica: dopo la discussione in CdM, il piano verrà presentato a Camera e Senato, in modo che le forze politiche esprimano il loro parere, per poi tornare in CdM probabilmente giovedì prossimo: un modo, da parte di Draghi, per costringere i partiti che lo “sostengono” (mai, probabilmente, parola fu più priva di significato….) a metterci “la faccia”.
Sempre oggi, come noto, si riunirà il Comitato Direttivo BCE che dovrà deliberare il nuovo ritocco dei tassi: appare sempre più probabile un rialzo dello 0,75%, in aggiunta allo 0,50% di luglio, che avvicina ancora di più il livello a quello che viene definito “tasso neutrale” (oggi “visto” tra l’1 e il 2%), vale a dire una soglia “indifferenziata”, quindi né un inasprimento né un allentamento delle politiche monetarie. E’ presumibile che al rialzo di oggi possano farne seguito altri 2 entro dicembre, la cui entità dipenderà dall’andamento della situazione economica e dell’inflazione.
Dopo 7 sedute consecutive con il segno meno, ieri i marcati americani hanno dato segni di ripresa: Nasdaq + 2,07%, Dow Jones + 1,40%, S&P + 1,83%.
Segnali di ripresa arrivano dalla borsa di Tokyo, anche grazie ai sorprendenti dati sull’andamento economico del Paese nipponico, con il PIL cresciuto, anno su anno, nel secondo trimestre, del 3,5% (le previsioni erano per un + 2,9%). Il Nikkei chiude a + 2,31%, mentre Shanghai al momento retrocede dello 0,34%. Peggio fa Hong Kong, in arretramento dello 0,80%.
Petrolio ai minimi da inizio anno, con il WTI a $ 82,36.
Gas americano in scia, a $ 7,885.
Si stabilizza l’oro, a $ 1.720.
Giornata positiva per il mercato obbligazionario, con gli spread in restringimento.
Il differenziale con il bund scende a 222 bp, con il BTP decennale che passa di mano al 3,84%.
Treasury al 3.22% contro il 3,35% di ieri, con il biennale che scende al 3,42%.
Si riaffaccia intorno alla parità (0,9996I l’€/$.
Cerca il recupero il bitcoin, che torna sopra i $ 19.000 (19.249, + 2,39%), dopo che ieri la capitalizzazione delle criptovalute era scesa sotto il trilione di $.
Ps: e così siamo a 14. Non sono i giorni che ci separano dalle elezioni, ma il numero delle “generazioni” di iPhone da quando (era il 2007) Steve Jobs lanciò il primo. Per dire, solo nel 2021 pare ne siano stati venduti 242 milioni di pezzi, consentendo alla Apple introiti per $ 191,9 MD su un totale di ricavi di $ 365 MD. I modelli saranno 4 (14 Pro e 14 Pro Max, più performanti, e 14 e 14 Plus, definiti “modelli base”). Si parte da $ 799, lo stesso dell’iPhone 13. Altro giro, altro primato, presumibilmnte.