Tutto lascia pensare che da qui al 9 maggio, o ai giorni immediatamente precedenti, il conflitto ucraino crescerà di intensità. Quel giorno si svolgeranno, in Russia, i festeggiamenti per la vittoria sul Terzo Reich, denominati Giornata della Vittoria. E’ opinione diffusa che quel giorno Putin vorrà presentarsi con uno “scalpo”, e quindi nulla di meglio che annunciare la vittoria. Può essere interpretata in questo modo la volontà dell’autocrate russo di concentrare i propri sforzi militari nel Donbass, già da 8 anni sede di azioni militari da parte degli indipendentisti filo russi. Oltre al Donbass, non viene risparmiata la striscia di terra che collega la regione alla Crimea, l’altro territorio che la Russia, in spregio alle essenziali regole del diritto internazionale, si è di fatto “annessa”, facendo leva su un referendum di fatto mai riconosciuto dall’Ucraina.
Che questo sia l’obiettivo di Putin sembrerebbe emergere anche dall’esito dell’incontro di ieri con il Cancelliere austriaco Karl Nehammer, definito dallo stesso cancelliere “diretto, aperto e duro”, al punto che non è stata resa pubblica alcuna foto ufficiale. Viene quindi da chiedersi per quale motivo Putin abbia accettato il summit, ben sapendo che il Capo di Governo austriaco non si trovava a Mosca per una “gita di piacere” (evento peraltro impossibile dal realizzarsi in considerazione delle sanzioni): forse un modo per dare un ancor maggior risalto internazionale alla sua strategia e alzare ancora di più l’asticella del negoziato che, ci auguriamo, possa finalmente iniziare, mettendo fine ai combattimenti. Come dire, non ci sono ancora le condizioni per sedersi intorno ad un tavolo ed iniziare a discutere e, perché ci siano, altre città devono essere distrutte, civili uccisi, profughi costretti a scappare.
Ancora una volta il “binomio” inflazione-guerra, con sullo sfondo la pandemia che, a livello soprattutto asiatico, non si limita a fare da spettatrice, sembra scatenare la “tempesta perfetta”.
Il rialzo dei tassi, infatti, non solo non accenna a diminuire, ma ritocca ogni giorno i massimi di periodo. E’ così, per esempio, per i nostri BTP, che ieri hanno toccato il 2,46%, il rendimento maggiore dal marzo 2020. Non meglio va per il Bund tedesco, ieri a 0,82%, massimo dal luglio 2015 (0,18% ad inizio anno, – 0,50% ad inizio 2021), con lo spread che ieri ha chiuso a 164 bp. Ma non finisce qui: il bonos spagnolo è volato all’1,75%, l’Oat francese a 1,3%, il treasury Usa a 2,77% (massimo da dicembre 2018). Rispetto ad 1 anno fa, il rendimento del BTP è salito di oltre l’1,729, mentre per il Bund l’aumento è stato di oltre l’1,11%. Da questo piccolo numero emerge, oltre che una dinamica dei mercati monetari ormai acclarata, l’ennesima conferma di come il nostro Paese “paghi” la debolezza dei propri conti, schiacciati come siamo dai 2.700MD di debito pubblico, che impedisce qualsiasi intervento straordinario, se non quelli previsti grazie all’aiuto della UE. UE che sta pensando, tra le altre cose, ad una sorta di “scudo anti-spread” per cercare di difendere il nostro Paese (ma non solo il nostro): intervento senza dubbio utile, ma ben lontano, per esempio, dalla “potenza di fuoco” che il Governo tedesco, che ha annunciato un piano a sostegno delle imprese con prestiti garantiti da € 100MD. Il tutto mentre Goldman Sachs da per certi, in Europa, almeno 2 rialzi per quest’anno (da 25 bp cadauno) e 3 per l’anno prossimo (marzo, giugno, dicembre).
Oggi verranno pubblicati i dati sull’inflazione USA, attesa all’8,4% (dal 7,9% di febbraio). Se così fosse, la FED non potrà che confermare la politica di rialzi già avviata le settimane scorse e rafforzata dall’annuncio della riduzione del proprio bilancio a partire da maggio per € 95 MD mese. Inflazione che comincia a fare capolino anche in Cina, con i prezzi in rialzo dell’1,5%: poca “roba” se paragonato a quanto sta succedendo da noi e, più in generale, nei Paesi sviluppati, ma abbastanza per allarmare Governo e Banca Centrale. Con l’aggravante della pandemia, con città di decine di milioni di abitanti (Shanghai, Guangzhou) “sotto chiave” da settimane, con ricadute pesanti sull’economia e la produzione industriale, ma anche sulla logistica, con il porto, appunto, di Guangzhou completamente bloccato).
In un simile contesto, come prevedibile, le borse, nella giornata di ieri, hanno “pagato pegno”: si è parzialmente salvata l’Europa, mentre i mercati americani hanno segnato perdite del 2,35% (Nasdaq) e 1,19% (Dow Jones).
Questa mattina il Nikkei di Tokyo chiude in calo di quasi il 2%, mentre invertono la rotta Hong Kong, che si riporta sopra la parità, e soprattutto Shanghai, che da territorio negativo rimbalzo oltre l’1%.
Al momento i futures sono sotto la pari, con Wall Street in calo di circa 0,20/0,30% e l’Europa un po’ più pesante.
Torna a salire il petrolio, con il WTI a $ 96,73 (+ 2,59%).
Gas naturale vicino ai $ 7 (6,781, + 1,94%).
In crescita anche l’oro, con il prezzo che si porta a $ 1.960 per oncia.
Spread questa mattina a 163,9bp, sostanzialmente sui livelli di ieri, confermare un rendimento intorno a 2,45%.
€/$ poco mosso a 1,0869.
Ancora in calo il Bitcoin, tornato a $ 40.000 (- 4,91%).
Ps: con una mossa a sorpresa (strano per una persona “tranquilla” come lui) Elon Musk ha spiazzato tutti. Ha infatti annunciato che, nonostante sia il maggiore azionista, non entrerà a far parte del CdA di Twitter. Una decisione inaspettata, che potrebbe aprire nuovi scenari: per esempio, salire anche oltre il 15% del Capitale societario, limite imposto dalla SEC se facesse parte del CdA. Oltre a quelli non imposti, ma “consigliati” se fosse Consigliere in CdA.