Da tempo Intesa Sanpaolo studiava varie opzioni per ampliarsi. Dopo l’operazione svolta sulle ex-popolari venete, si pensava che l’istituto stesse valutando l’acquisizione di una banca estera. Ma la scelta è caduta in Italia, e più precisamente sulla milanese UBI banca, a cui Intesa Sanpaolo ha lanciato un’offerta pubblica di scambio del valore di € 4,9 miliardi, sorprendendo i mercati.
Intesa è ora il secondo istituto di credito in Italia (per attivi), ma il primo in termini di erogazione di prestiti a livello locale. UBI è una banca di medie dimensioni molto solida, sia in termini di bilancio sia di attività nell’economia reale e sostenibilità finanziaria, oltre ad avere un ruolo fondamentale nella gestione del risparmio italiano.
Le due banche operano all’incirca nello stesso territorio, il che permetterebbe a Intesa di trasferire 400/500 filiali a BPER (con la quale esiste già un accordo). Inoltre, il gruppo diverrebbe il primo detentore di risparmio privato italiano, ed Intesa avrebbe accesso ad oltre 3 milioni di clienti in più, rafforzando strategicamente il suo ruolo nello stivale. Si prevede un rafforzamento delle piattaforme di servizio ai clienti, facendo leva sulla grande fiducia dei consumatori di cui entrambi gli istituti godono.
Non solo: le elevante sinergie portano al pieno sfruttamento delle economie di scala. Abbassando la cost to income ratio al 51% (ampiamente al di sotto della media europea del 67%), la nuova realtà risulterebbe estremamente efficiente e quindi competitiva a livello internazionale. Ciò nonostante, vale la pena ricordare che l’appetito verso il mercato estero è sempre stato scarso in Intesa.
Tuttavia, l’aumentata efficienza permetterebbe al gruppo di detenere il controllo del mercato italiano senza il rischio di interferenze straniere. Infine, Intesa Sanpaolo e UBI banca sono affini in termini di identità, storia e cultura, oltre che nell’approccio alla sostenibilità finanziaria. Per quanto riguarda la governance, la fusione risulta relativamente semplice.
L’acquisizione creerebbe il più grande gruppo bancario italiano, che si collocherebbe al settimo posto in Europa per attivi, dietro solo alle francesi BNP Paribas, Crédit Agricole, Société Générale, Groupe BPCE, alla tedesca Deutsche Bank, e alla spagnola Santander. I ricavi stimati ammontano a €21 miliardi.
Non dovremmo essere sorpresi dalla mossa di Intesa Sanpaolo nel quadro europeo: difatti, il movimento di consolidazione bancaria europea è già avviato da tempo, e gli inviti da parte della vigilanza bancaria a creare un mercato più solido sono ben chiari. Si veda, ad esempio, il discorso del Presidente del consiglio di sorveglianza della BCE, Andrea Enria, pronunciato a Lisbona a luglio, dove la consolidazione bancaria è individuata come principale soluzione al problema dell’overbanking (troppe banche) e dunque viene suggerita. Tuttavia, l’Ad di UBI Banca, Victor Messiah, avverte che l’operazione non è concordata, né tanto meno scontata, dato che dovrà passare per un complicato e lungo iter per ottenere le autorizzazioni.
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