Il mese di novembre si chiude in un misto di preoccupazione e fiducia: preoccupazione che la variante Omicron possa “tagliare le gambe” alla ripresa, fiducia che i vaccini confermino la loro efficacia anche sul virus modificato.
Il parziale recupero dei mercati di ieri (maggiore negli USA, con il Nasdaq che ha ottenuto la miglior seduta da maggio, grazie alle parole del Presidente Biden che ha ribadito che non ci saranno nuovi lockdown, il vero “incubo” per gli investitori) conferma che il bicchiere continua ad essere visto come “mezzo pieno” (o, per lo meno, non come “mezzo vuoto”): i ribassi, soprattutto in alcuni settori, sono considerati in molti casi come “opportunità di acquisto”, consentendo di “entrare” sul mercato a prezzi più vantaggiosi. Come dimostra il leggero rialzo dei rendimenti del treasury, con il decennale che si è riportato, seppur di poco, sopra l’1,50%, gli investitori continuano a ritenere che il mercato azionario possa remunerare meglio l’investimento rispetto a settori tradizionalmente più “difensivi”.
Certamente il “gap” rispetto alle chiusure di venerdì è ancora ampio. Alcuni settori, poi, come viaggi e turismo, sono tornati sotto pressione. Le Compagnie aeree forse sono il caso più evidente: tutte, dalle low cost alle compagnie di bandiera, venerdì hanno subito perdite ben superiori alle 2 cifre, con recuperi minimi nella giornata di ieri: nell’ultimo mese la perdita media dell’indice rappresentativo del settore ha ceduto circa il 18% e le prospettive di un altro Natale con spostamenti limitati tengono alla larga gli investitori.
L’arrivo della nuova variante ha, almeno, per il momento, spostato l’attenzione della “business comunity” da temi prettamente economico-finanziari ad altri più marcatamente sanitari e legati alla “socialità”.
Per esempio l’inflazione fa meno parlare di sé: non perché “non sia più tra noi”, quanto, piuttosto, perché, in questi giorni, non è considerata il nemico n. 1. Da più parti si pensa, infatti, che se davvero la variante Omicron fosse difficile da debellare e fosse causa di una nuova vera e grave emergenza sanitaria, le banche centrali non avrebbero problemi a rivedere, ancora una volta, le loro decisioni. L’argomento riguarda soprattutto la FED, che ha già avviato, come noto, il tapering (cioè la riduzione degli acquisti di bond). A quel punto, l’ipotesi di tassi ancora bassi troverebbe nuove conferme, seppur in presenza, con ogni probabilità, di un livello di inflazione ancora poco rassicurante.
Che i prezzi siano a livelli di allerta ce lo dicono anche i dati comunicati ieri in Germania, con l’inflazione che ha toccato il 5,2% (che in realtà, a livello armonizzato UE ha superato il 6%), rispetto al + 4,5% di ottobre. Siamo ai livelli più alti da 50 anni a questa parte, superiore al 5% del 1992, nel pieno del “boom” successivo alla riunificazione delle 2 Germanie (la media dell’area € è pari al 4,5%, andando dal 6%, appunto, della Germania, all’1,8% del Portogallo, con l’Italia al 3,2%). Il convincimento che da gennaio i prezzi scenderanno è diffuso tra le autorità politiche e monetarie del Paese, con stime che possa addirittura scendere al 2%.
Come detto, ieri giornata di parziali recuperi per i mercati, con gli USA meglio dell’Europa, dove i rialzi, superiori all’1% per buona parte della giornata, si sono limati sulle chiusure.
Questa mattina nuovi ribassi su buona parte dei listini asiatici, con il Nikkei a – 1,6% e Hong Kong a – 1,85%. Si “salva” Shanghai, che chiude intorno alla parità. In Giappone la crescita industriale di ottobre è stata inferiore alle attese, mentre in Cina, sempre nello stesso periodo, l’indice PMI sulla fiducia dei direttori degli acquisti delle aziende è stato superiore alle previsioni, arrivando a superare i 50 punti (livello oltre il quale l’economia è considerata in espansione).
Futures al momento negativi su tutte le piazze, con ribassi intorno allo 0,7% in USA e oltre l’1% in Europa.
Scivola il petrolio dopo il rimbalzo di ieri, con il WTI a $ 68 ( – 2,80%). Fa peggio il gas naturale, che lascia sul terreno il 4%, a $ 4,67.
Oro a $ 1.794, + 0,40%.
Spread sempre intorno a 130 bp, con il rendimento del BTP in area 1%.
Treasury a 1,52%, sui livelli di ieri.
Cede qualcosa il $, con €/$ che torna sopra 1,13 (1,1315).
Bitcoin che, dopo essere salito ieri sin verso i $ 58.000, questa mattina tratta a $ 56.500.
Ps: e 7. Tanti sono i palloni d’oro conquistati da Lionel Messi, forse il calciatore più forte di sempre. Al di là della sua bravura, credo che quello che stupisce sia anche la sua “onestà” intellettuale. Durante la premiazione, infatti, ha detto che il premio sarebbe dovuto andare, tenuto conto del fatto che l’anno scorso non è stato assegnato, al polacco Robert Lewandowski, attaccante del Bayern Monaco. Chapeau (anche perché la cerimonia si è tenuta, come di consueto, a Parigi).