“Il grande freddo”, il film di Lawrence Kasdan, che racconta di un gruppo di amici – uno spaccato delle contestazione giovanile del 68 – che dopo molti anni si ritrovano per il funerale di un loro amico suicida, è senza dubbio uno dei film cult degli anni 80 (con una colonna sonora a dir poco mitica).
Sotto altre sembianze, “il grande freddo” probabilmente è quello a cui dobbiamo prepararci per la stagione invernale.
Ovunque, in Europa, si stanno studiando misure per ridurre al minimo le conseguenze di un eventuale stop delle forniture da parte di Gazprom (e quindi della Russia); risparmi dettati, comunque, in primis dall’aumento record dei prezzi.
Il Ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha presentato ieri in Consiglio dei Ministri un piano che prevede la riduzione di 1 grado dei caloriferi per le utenze domestiche (sia autonome che centralizzate), che nel caso più pessimistico di uno stop russo diventerebbe di 2 gradi (è evidente l’impossibilità di controllo “casa per casa”, per cui ci si affiderebbe al nostro senso civico). A maggior ragione la riduzione coinvolgerà gli uffici pubblici, senza escludere, inoltre, una modularità a seconda delle aree geografiche, viste le profonde differenze climatiche che si registrano nel nostro Paese. A ciò si aggiunge il probabile ritardato avvio delle accensioni dei caloriferi di una settimana in autunno e l’analogo anticipo, in primavera, della loro chiusura: secondo i calcoli del Ministro in questo modo si potrebbe arrivare ad un risparmio di circa 2,7MD di metri cubi di gas. Inoltre, sono allo studio altre misure, dallo spegnimento delle insegne pubblicitarie e dell’illuminazione di vetrine e uffici negli orari notturni per arrivare anche a quello dei computer.
A beneficiare maggiormente dei provvedimenti ancora allo studio dovrebbero essere le imprese, per le quali si prevedono crediti di imposta nonché, in alcuni casi, aiuti diretti: il rischio, almeno a sentire Confindustria, è che 1/5 delle imprese si vedano costrette a chiudere, mentre intanto è cresciuta del 45%, nei primi 7 mesi dell’anno (i dati sono fermi al 31/7), la Cassa Integrazione Straordinaria, appunto per il blocco momentaneo delle attività produttive da parte di molte aziende.
Sul fronte delle entrate, si continua a parlare di tassazione degli extra-profitti per le aziende del settore, con l’ipotesi di un ulteriore aumento del livello di tassazione attualmente previsto, pari ad un + 25% rispetto all’imposizione “standard”.
A tal proposito, certamente allargando di molto il tiro, anche a livello geo-politico si stanno verificando situazioni simili. Infatti, a fronte di Paesi (la stragrande maggioranza) costretti a sopportare costi enormemente superiori che mettono a repentaglio la loro stabilità finanziaria, ne abbiamo altri (vedi la Norvegia, per rimanere in Europa) le cui entrate stanno aumentando a dismisura (per il Paese nordico si stimano entrate derivanti dall’energia pari ad € 100MD, con un incremento di € 30MD rispetto all’anno precedente: e stiamo parlando di un Paese con una popolazione di 5,4ML di abitanti….). Forse anche per questi Paesi si potrebbero studiare misure che “favoriscano” il ritorno dei maggiori incassi verso quei Paesi che, invece, stanno soffrendo la situazione opposta: la Norvegia, però, non rientra nella UE, per cui è ben difficile “imporre” provvedimenti che vadano in quella direzione (mentre, invece, fa parte della NATO, che, evidentemente, non è un’entità con valenza economica).
Ieri, dopo 4 sedute negative, segnali di ripresa sono arrivati dal mercato azionario USA, con il Nasdaq che, dopo essere arrivato a perdere oltre il 2%, ha chiuso sulla parità, mentre il Dow Jones, anch’esso a lungo negativo durante la giornata, ha fatto segnare + 0,46%. I mercati rimangono dominati dai timori che i rialzi dei tassi siano ancora maggiori di quanto sino ad oggi stimato: per quanto riguarda la BCE, qualcuno è arrivato ad azzardare che il prossimo rialzo possa essere pari addirittura all’1%, anche se l’ipotesi che più si fa strada è per un rialzo dello 0,75%. Oggi è atteso, negli USA, l’importante dato sull’occupazione: le attese sono per la creazione di 318.000 nuovi posti di lavoro, con un tasso di disoccupazione sempre al 3,5%. Se così fosse, sarebbe quasi certo il ritocco dello 0,75% nel prossimo comitato FED.
Mercati asiatici ancora una volta contrastati. A Tokyo il Nikkei “galleggia” intorno alla parità, per quanto contrassegnato da un’elevata volatilità. Appena positivi i mercati cinesi (Shanghai + 0,10%), mentre, per quanto stia cercando un recupero, rimane negativa Hong Kong (- 0,71%).
Risale il petrolio, con il WTI che questa mattina si porta a € 88,27 (+ 1,80%).
Gas naturale USA a $ 9,197 /- 0,70%).
Oro che si riporta sopra i $ 1.700 (1.705, + 0,22%).
Ieri giornata difficile per il mercato obbligazionario in genere, con spread ovunque in aumento. Da noi sono stati toccati i 241 bp, con il BTP che ad un certo punto hanno superato il 4% di rendimento, per poi tornare al 3,97%. Va un po’ meglio questa mattina, con spread a 234.
Bund a 1,57%, mentre il treasury USA è arrivato al 3,25%, sui massimi da giugno.
€/$ poco mosso, a 0,9976.
Bitcoin sul filo dei $ 20.000 (20.086, + 0,53%).
Ps: arriva dalla Cina una notizia incredibile (almeno per i nostri standard). Gli investimenti per la video sorveglianza (e quindi il controllo dei cittadini) sono arrivati, nell’ultimo anno, alla cifra “monstre” di $ 210 MD. Il 7% in più di quanto il Paese investe per la Difesa (che già non è poco). Numeri, oltre che incredibili, certamente preoccupanti. E che dimostrano come, a volte, sia sottile il confine tra il dovere di tutelare i cittadini dal loro diritto di sentirsi liberi (ma la parola libertà, in Cina, forse ha una valenza diversa rispetto a buona parte del mondo).