Regola vuole che i mercati (intendendo per tali non solo i listini azionari, ma i mercati finanziari nella loro globalità) si muovano sulla base, soprattutto, di valutazioni macro-economiche. Valutazioni e analisi che si basano certamente sul “qui e ora” dello stato dell’economia e dalle analisi delle singole “variabili” (inflazione, consumi, occupazione/disoccupazione, tassi, debito pubblico, stabilità politica, etc); ma, come ben sappiamo, le attese e le prospettive future sono forse ancora più determinanti.
Se c’è un aspetto che “disturba” i mercati è l’incertezza. A ben vedere, tutti gli interventi (e, negli ultimi 2 anni, non sono stati pochi) degli organismi monetari e dei governi sono volti ad eliminare, o per lo meno, ad abbassare il più possibile gli elementi che “tolgono il sonno” agli investitori. Forse il momento che meglio rende l’idea fu l’ormai storico “whatever it takes” con cui Draghi, all’epoca Presidente della BCE, salvò l’€. Una frase che segnò la svolta: da quel momento i mercati presero il volo, rassicurati sul ruolo attivo della Banca Centrale nella lotta alla speculazione e nel fornire tutti gli strumenti necessari per superare uno dei momenti più drammatici per l’Europa.
In questi giorni, i mercati si muovono nuovamente all’insegna della volatilità. Volatilità che è sinonimo di incertezza. Vero è che arriviamo da 20 mesi di crescita delle quotazioni (e di tassi ai minimi) e che, quindi, molti investitori e operatori ne approfittano per “portare a casa” il risultato (tra l’altro si avvicina la fine dell’anno, fase in cui le banche d’affari e le società di asset management si apprestano a dimostrare ai propri clienti le performance ottenute), ma è fuor di dubbio che la nuova “mutazione” del virus stia “limando” le certezze di chi pensava che il Covid fosse ormai sconfitto.
Oggi, sostanzialmente, siamo di fronte ad un “doppio binario”.
Se la variante omicron fosse più invasiva e pericolosa di quanto gli esperti ritengono, potremmo trovarci ad affrontare momenti nuovamente difficili, con lockdown e chiusure che, per quanto parziali (pensiamo alle decisioni comunicate ieri dalla Cancelliera Merkel nel suo ultimo “atto politico”: lascerà definitivamente l’incarico di Capo del Governo l’8 dicembre, passando il testimone al subentrante Olaf Scholz, eppure si è sentita in dovere di comunicare che da febbraio in Germania il vaccino sarà obbligatorio. Insomma, se si è leader, lo si è fino in fondo….). Il che aprirebbe nuovi, drammatici scenari per l’economia, mettendo in discussione le prospettive di crescita a livello globale.
Se invece omicron fosse solo più velocemente trasmissibile, senza avere conseguenze da un punto di vista clinico e sanitario, ciò potrebbe diventare un vantaggio, permettendo di arrivare in tempi più rapidi “all’immunità di gregge” e, quindi, permettendo di “eliminare” naturalmente i rischi maggiori del virus. Questa è l’interessante ipotesi di alcuni analisti di JP. Morgan: se così fosse, la volatilità attuale (come testimonia l’indice Vix, quasi raddoppiato nelle ultime 2 settimane) sarebbe passeggera e costituirebbe un’opportunità di acquisto. C’è da dire, ancora una volta, che è bene distinguere tra listini USA e listini europei: i primi sono a prezzi vicini ai massini storici, livelli toccati pochi giorni fa, prima della “retromarcia” innestata dall’arrivo della variante omicron. I secondi, invece, sono, per così dire, a “sconto”, come testimonia il p/e medio (rapporto prezzo/utile), attualmente intorno a 15,7, vale a dire circa il 30% in meno rispetto all’analogo indice USA.
A metà dicembre FED e BCE torneranno a riunirsi per “deliberare” il da farsi: le 2 settimane che ci separano da quella data saranno fondamentali per capire il da farsi. Che poi il dilemma, come abbiamo imparato, sarà sempre lo stesso: perseverare nelle politiche espansive, mettendo in secondo piano il pericolo inflazione rispetto alla necessità di assicurare la crescita, ovvero cercare di mettere al sicuro il reddito dei cittadini andando incontro al rischio di una fase recessiva.
Intanto anche ieri abbiamo assistito alla “dicotomia” dei mercati, con quelli americani positivi e quelli europei invece in discesa (il giorno precedente era successo il contrario).
Nella notte mercati asiatici tendenzialmente positivi: Nikkei + 1%, Shanghai + 0.94%, Kospi Seul + 0,78%.
Fa eccezione, ancora una volta, Hong Kong, che perde lo 0,44%, penalizzata dai “soliti” titoli tech.
Futures americani poco mossi, mentre quelli europei sono tutti in territorio positivo (+ 0,4/0,5%).
Torna a crescere il petrolio, con il WTI texano a $ 67.78, + 1,8%: ieri l’Opec + ha lanciato segnali di distensione, sotterrando “l’ascia di guerra” e confermando che nei prossimi mesi continuerà ad assicurare i livelli di crescita della produzione a suo tempo concordati (cioè un aumento di 400.000 barili/giorno un mese dopo l’altro).
Rimbalza il gas naturale, il rialzo di quasi il 4% ($ 4,216).
Oro che si stabilizza intorno ai $ 1.771.
Leggero recupero per lo spread, a 132 bp, con il rendimento del BTP sempre in area 1%.
$ in nuovo apprezzamento, con €/$ che scende a 1.1285.
Bitcoin sempre “all’ancora” dei $ 57.000.
Ps: tutti ricordiamo, agli Europei di calcio, quanto capitato a Christian Eriksen, salvato dal compagno di squadra Simon Kjaer durante la partita Danimarca-Finlandia lo scorso 12 giugno. Ieri Eriksen è tornato ad allenarsi con la squadra dell’Odense, con cui aveva iniziato la sua carriera calcistica (per il regolamento della ns Federazione Calcio, non potrà più giocare nel nostro campionato). Kjaer, invece, vittima di un grave infortunio di gioco, proprio oggi si dovrà operare al ginocchio: per lui, molto probabilmente, campionato finito. Quando si parla di destino….