Direttore: Alessandro Plateroti

Se una guerra, come facilmente immaginabile, e come stiamo drammaticamente verificando giorno dopo giorno, è già fonte di seri problemi economici (tralasciamo ogni considerazione su quelli umanitari e sulle enormi sofferenze causate alla popolazione ucraina), la contemporaneità con un’altra può assumere conseguenze difficilmente prevedibili. Si fa riferimento, ovviamente, “all’altra guerra”, quella che oramai da quasi due anni e mezzo il mondo sta combattendo e che non accenna a fermarsi.

Ciò che la rende più “subdola” è il suo “nascondersi” e poi “riapparire” qua e là: una volta in Europa, un’altra negli Stati Uniti, un’altra ancora nel far east asiatico, come se volesse prendersi gioco di noi e delle misure precauzionali che di volta in volta vengono adottato.

Certamente, come tutti possiamo verificare, le modalità per contrastare il Covid sono ben diverse tra un’area e l’altra: se già in Europa si possono notare differenze abbastanza evidenti tra un Paese e l’altro (soprattutto tra quelli dell’Area UE e la Gran Bretagna), clamorose sono quelle tra il “resto del mondo” e la Cina, là dove tutto è nato. E forse appunto per questo le autorità di quel Paese stanno nuovamente adottando la linea “Covid zero”, riassumendo con questa definizione decisioni durissime, che stanno piegando alcune tra la maggiori aree urbane. Dopo Shanghai e altri grandi centri dell’area pacifica, si sta avvicinando il turno di Pechino. A Shanghai nei giorni scorsi si sono registrati circa 19.000 casi, con 51 morti (ufficiali, ma quelli effettivi sembrerebbero ben di più). Tutta la città, oltre al lockdown, è stata sottoposta a vaccinazione, con l’apparire di una nuova variante (omicron BA).

Sanno, le autorità cinesi, che le conseguenze economiche vanno ben oltre i confini del Paese.

Ne è stata una testimonianza la giornata borsistica di ieri, contrassegnata dai diffusi crolli borsistici, che hanno colpito soprattutto le borse asiatiche: si è salvata, ancora una volta, quella americana, anche per motivazioni ben diverse come dopo avremo modo di approfondire. Shanghai ha perso oltre il 5%, Shenzen addirittura il 6,3%, Hong Kong il 3,73%, Tokyo l’1,90%, l’Europa mediamente l’1,81%, l’indice MSCI World il 2,36%.

Le motivazioni vanno ricercate nella preoccupazione di un nuovo stop alla crescita globale, già duramente colpita dalla guerra ucraina, come oramai tutti gli organismi economici, finanziari e monetari ci vanno dicendo e come l’evidente diminuzione della crescita globale ci conferma ogni giorno. La Cina, come ben sappiamo, è diventata la seconda economia mondiale e, nel giro di pochi anni, è destinata a superare gli Stati Uniti. Si sta parlando di un Paese di oltre 1,4MD di persone, per quanto anche là si stia facendo sentire la “denatalità” (nel 2021 si è toccato il minimo storico di 10.6ML di nascite, pari allo 0,75% della popolazione, vale a dire il 30% in meno rispetto all’anno pre-Covid). Popolazione che sta comunque diminuendo i consumi (già normalmente minori rispetto alle altre economie: se nei Paesi sviluppati toccano il 75/80% del PIL, là sono al 55%), e non solo a causa dei lockdwon. Vale la pena ricordare, per esempio, la grave crisi che sta attraversando il settore immobiliare (da solo vale circa il 30% del PIL) con alcune società (Evergrande ormai è assurta ad una notorietà mondiale proprio per questo) che stanno attraversando un momento di grave crisi.

I nuovi lockdown avranno indubbiamente ripercussioni ben oltre i confini cinesi e asiatici.

Shanghai è il maggior scalo portuale al mondo, con oltre 43,3 ML di TEU (l’unità di misura dei container, acronimo che sta per Twenty-foot Equivalent Unit, che indica i container di 20 piedi). Complessivamente i porti cinesi “cubano” oltre il 79% del traffico totale, con l’Europa al 12,7% e il Nord America al 6,4%. Il blocco delle attività portuali (quello che sta avvenendo a Shanghai, con oltre 451 navi ferme alla fonda, 254 in arrivo, 21 bloccate) porterà ad un impatto pesante sul commercio mondiale, che non ha ancora dimenticato quanto successo circa 13 mesi fa con il blocco del Canale di Suez da parte della nave porta container Ever Green: si calcola che i tempi medi di percorrenza da un porto cinese all’Europa sia circa di 40-50 giorni: ogni giorno in più di blocco sarà causa di ritardi ben superiori , che porterà con molta probabilità ad un ulteriore aumento dei prezzi (a partire dai noli) e, ancor di più, alla mancanza di molti prodotti, con ulteriori ricadute sulla supply-chain e sulla produzione. Né sarà sufficiente, nel breve, per ovviare al problema, spostare le attività di carico e scarico verso porti delle aree limitrofe (vedi penisola indocinese), con costi di “spostamento” delle merci comunque superiori: sotto certi aspetti, quello che sta avvenendo in Europa con le forniture di energia provenienti dalla Russia: trovare soluzioni, sulle quali tutti i Paesi sono orientati, per quanto tutti siano concordi nel diminuire la dipendenza dalla Russia, richiede prima di tutto tempo e poi, aspetto non secondario, probabilmente costi maggiori.

Come detto più sopra, la difficilissima giornata borsistica di ieri non ha interessato il mercato americano, con il Nasdaq cresciuto dell’1,20% e il Dow dello 0,70%, Un ruolo importante lo ha giocato, ancora una volta, Elon Musk, che ha ufficializzato l’offerta di acquisto su Twitter, che infatti è salita di circa il 6%, dopo che l’imprenditore probabilmente più eccentrico al mondo ha messo “sul piatto” circa $ 44 MD, gran parte dei quali a  debito

Questa mattina accenno di rimbalzo degli indici asiatici: il Nikkei chiude vicino al + 0,50%, con Hong Kong a + 0.56%. Non altrettanto Shanghai, che dopo essere stata per buona parte della seduta in territorio positivo, è tornata a soffrire e si appresta a chiudere nuovamente in territorio negativo. Positivi gran parte degli altri indici, dall’Australia all’India.

Futures contratati: bene quelli europei mentre quelli americani si muovono intorno alla parità.

Petrolio in ripresa, dopo la difficile giornata di ieri, con il WTI a $ 99,00, + 0,47%.

Gas naturale sotto i 7$, per quanto in ripresa (+ 2,46%).

Oro che “tiene” i $ 1.900 (1.904).

Spread a 174 bp, con il BTP oltre il rendimento del 2,60%.

Treasury a 2,85%, in leggero recupero dal 2,88% di ieri.

€/$ a 1,070, con il $ ai massimi da oltre 2 anni.

Bitcoin a $ 40.538, + 4,86%.

Ps: ancora a proposito di Twitter. Chissà se Musk si confermerà un Re Mida. Questa volta, peraltro, la sfida appare ardua. Il sociale USA conta “solo” 217ML di account, contro i 3 MD di Meta (ex Facebook). Solo il 20% degli adulti americani lo usano, senza contgare che “l’engagement” (il tempo trascorso quotidianamente sulla piattaforma ) è di soli 10’, contro i 48’ di Tik Tok e i 33’ di Facebook.

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ultimo aggiornamento: 26-04-2022


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